Crisi energetica e inflazione richiedono una rapida e immediata soluzione, ma soprattutto una risposta efficace per garantire l’indipendenza e il futuro economico. E così il nuovo Governo italiano ripropone il nucleare civile come fonte energetica in grado di abbattere il costante rincaro dei prezzi e successiva autonomia del paese. La propaganda in realtà è già partita, dopo che è stato definito inutile e populista questo lungo ventennio del blocco delle centrali nucleari sul suolo italiano. Il piano governativo del Ministro dello Sviluppo Scajola parla di un ritorno al nucleare entro cinque anni ipotizzando l’utilizzo di una tecnologia di terza generazione, anziché di quarta, ossia quella usata per le centrali EPR che verranno costruite in Francia, a cui partecipa anche Enel, con l’idea di recuperare gli anni spesi in maniera vana optando per una soluzione di cui già si conoscono le applicazioni, i costi di gestione e di smaltimento delle scorie. L’Enea dal canto suo propone la realizzazione di una vera e propria filiera per garantire l’intero ciclo produttivo e così anche il problema dei rifiuti radioattivi. Secondo Fulvio Conti, Presidente del gruppo energetico Enel, ha dichiarato che "tecnicamente, l'Enel era pronta" per partecipare al progetto che consentirebbe l’abbattimento di costi del 30%, ma forse dimentica di dire che occorrono dai sette a dieci anni prima che una nuova centrale nucleare entri in funzione in Italia.
Un triste epilogo che non coinvolge solo l’Italia, ma anche l’Europa e l’emisfero orientale. Il Presidente della Commissione Europea si fa predicatore della causa dell'atomo, con la fede dei nuovi convertiti, e afferma durante il Forum europeo dell'energia nucleare che "l'energia nucleare può portare certamente un contributo maggiore nella battaglia contro il cambiamento climatico", anche perché secondo Barroso, "il nucleare è diventato una delle sorgenti di energia meno cara", e può "proteggere dunque l'economia europea dalla volatilità dei prezzi del petrolio". Così dopo l’Italia è il Regno Unito ad annunciare la sua intenzione di costruire dei nuovi reattori, di qui al 2020, mentre la Finlandia è stata la prima ad optare per il reattore EPR di terza generazione, sviluppato per il gruppo francese Areva, e la Francia che annuncia di finiere il suo nel 2012 a Flamanville. Germania e Austria, sebbene non neghino il diritto al nucleare civile, si impegnano a non rimettere in questione la chiusura delle centrali tedesche come deciso all’epoca. Ma sono soprattutto i nuovi membri dell’Unione Europea, come Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, a premere per il nucleare al fine di essere sempre più autonomi nei confronti di Mosca, chiedendo la possibilità di sfruttare per più tempo le centrali di modello sovietico che la Slovacchia e la Lituania devono chiudere l'anno prossimo, come deciso nel quadro dei patti per l'adesione all’Unione, per evitare ogni incidente. Secondo il Premier lituano Gedeminas Kirkilas, l'arresto della centrale di Ignalina, in cui sono stati investiti 150 milioni di euro e che produce il 80% dell'elettricità, "potrebbe costare quattro punti di crescita". Un problema già sorto anche nei Paesi dei Balcani come l'Albania, che potrebbero purtroppo divenire la riserva energetica dell’Europa, in particolar modo dell’Italia, se continua il ricatto energetico nei loro confronti, dopo le continue crisi che rischiano di mettere in ginocchio la loro economica.
La Russia, al contrario, sembra non essere particolarmente turbata da tale decisione né vede minimamente messa in discussione la sua posizione di leader. Un lieve calo della domanda del gas non farà certo crollare un gigante che è in grado di far fronte ad accordi energetici bilaterali di miliardi di dollari, come quello concluso con la Cina. Il gruppo pubblico russo Rosatom Russia costruirà un impianto di arricchimento di uranio, oltre a garantire consegne di uranio arricchito russo, per un totale di 1,5 miliardi di dollari, come annunciato al presidente Sergui Kirienko. Si apre in ogni caso un nuovo mercato per la Russia, che è in grado di fornire ai suoi partner non solo tecnologie, ma anche materie prime e personale tecnico al fine di sviluppare a pieno il nucleare. L’Europa, da questo punto di vista, resta pur sempre un’entità fortemente dipendente dai paesi fornitori di materie prime, tale che l’indipendenza energetica non sarà mai raggiunta con fonti di energia agganciati a determinati sistemi di potere. Ritornare al nucleare, sarà senz’altro una valida risposta di breve termine ad un problema così grave, ma costituirà l’inizio di una nuova schiavitù.