Sia il vertice Russia-UE di Khabarovsk che il G8 dell'Energia di Roma non sono riusciti ad elaborare un piano congiunto per lo sviluppo dei progetti dell'energia, rilevando così la grande divisione su temi che in sostanza vanno ad incidere anche sulla sicurezza nazionale. Allo stesso modo, anche il grande problema delle forniture di gas tra Mosca e Bruxelles si è tradotto in un vicolo cieco, in quanto restano fortemente divergenti le posizioni delle due parti.
I recenti vertici tra gli alti rappresentanti delle otto potenze del mondo hanno evidenziato la profonda divisione degli Stati nella pianificazione di una strategia energetica. Sia il vertice Russia-UE di Khabarovsk che il G8 dell'Energia di Roma non sono riusciti ad elaborare un piano congiunto per lo sviluppo dei progetti dell'energia, rilevando così la grande divisione su temi che in sostanza vanno ad incidere anche sulla sicurezza nazionale. La Conferenza di Roma, dal tema "Oltre la crisi. Verso un nuovo mondo di energia", non ha aiutato a definire come affrontare i nuovi progetti al fine di garantire la sicurezza energetica e uno sviluppo stabile di post-crisi, rimandando tutto al vertice del G8 che si terrà in Italia dall'8 al 10 giugno. In particolare, la relazione presentata durante l'incontro con l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) ha rilevato come il consumo globale di energia elettrica nel 2009 si ridurrà del 3,5% (dato risalente alla Seconda Guerra Mondiale), ipotizzando un aumento degli investimenti nel settore energetico dopo la crisi, ossia quando l'industria ad alto consumo di energia ripartirà (come il settore siderurgico).
Un aumento che potrebbe sorprendere gli Stati impreparati ad affrontare il fabbisogno della ripresa economica, tanto che l'AIE si aspetta un disavanzo di petrolio nel 2012, in considerazione del fatto che la capacità globale di estrazione del petrolio si è già ridotta di 2 milioni di barili al giorno, e, se questa tendenza continua, l'economia mondiale perderà 4,2 milioni di barili di petrolio al giorno nel corso dei prossimi diciotto mesi. Il vertice si è concluso con la firma di una dichiarazione congiunta da parte dei ministri dell'energia dei paesi del G8 e dei rappresentanti di 23 paesi emergenti, di cui quattro membri della OPEC con l'Arabia Saudita; una dichiarazione che chiama i partecipanti della riunione di Roma ad effettuare investimenti nel petrolio senza attendere l'inizio della ripresa economica. Per far questo, ritengono che sia ipotizzabile aumentare il prezzo del petrolio, passando dagli attuali 60 dollari al barile a circa 75 dollari, trovando qui ampi sostenitori ma anche forti oppositori, i quali non vogliono mettere a rischio la stabilità della propria economia in un momento così delicato. Pertanto, il problema su come garantire gli investimenti nel settore energetico in tempi di crisi non ha avuto ancora una risposta concreta.
Allo stesso modo, anche il grande problema delle forniture di gas tra Mosca e Bruxelles si è tradotto in un vicolo cieco, in quanto restano fortemente divergenti le posizioni delle due parti, soprattutto in riferimento alla progettazione della nuova base giuridica per la cooperazione internazionale in materia di energia, per rivedere i principi del trattato per la Carta dell'Energia firmato nel 1991, e formulare il principio di prevedibilità delle forniture di materie prime energetiche. La Russia infatti chiede che la nuova Carta dell'Energia contemperi anche gli interessi dei paesi produttori, e non solo di quelli consumatori. Tuttavia, il Commissario europeo per l'Energia, Andris Piebalgs, ha respinto la proposta russa, affermando che "la Carta è stata firmata e ratificata da tempo da molti paesi, pertanto è impossibile da confutare", oltre che "la proposta russa - secondo i funzionari europei - è troppo vaga", e non va a garantire la sicurezza dei consumatori europei. Il disaccordo si è trasformato pian piano in scontro dopo che un rappresentante di Gazprom ha accusato Piebalgs d'incompetenza e la Commissione europea d'inerzia durante il conflitto del gas tra Russia e Ucraina. Quest'ultima, da parte sua, ha risposto che, prima di far progredire il dialogo sull'energia è necessario che la Russia ripristini la fiducia dei 27 paesi membri dell'Unione europea. Allo stesso tempo, ha annunciato che la nuova strategia energetica europea riguarda la riduzione del 5% di importazioni di gas entro il 2020 e l'aumento del consumo di energia atomica come "combustibile alternativo blu". Anche in questo caso, però, l'Unione Europea dovrà acquistare dalla Russia combustibile nucleare per le sue centrali nucleari, così come hanno fatto gli Stati Uniti. Da tali vincoli, nasce la nuova controversia della necessità di individuare nuovi canali da cui acquistare l'uranio, come ha deciso, infatti, la Francia.
Per quanto riguarda il consumo di gas russo, l'UE intende mantenere l'attuale livello di 300 miliardi di m3 all'anno, mentre Gazprom si prepara ad aumentare le forniture per l'Europa portando a 500 miliardi di m3 all'anno nel 2030. Con riferimento alla gestione del transito del gas, la Commissione Europea propone di istituire un meccanismo di allarme rapido in caso di insorgenza di rischi connessi al transito, come parte del prolungamento della Carta dell'Energia . Nei fatti, non si è giunti a nessun accordo e, nel corso della conferenza stampa dopo il vertice di Khabarovsk, il Presidente russo Dmitri Medvedev aveva confermato la posizione della Russia sulla necessità di sviluppare nuovi accordi in materia di sicurezza energetica per sostituire quelli che esistono oggi, aggiungendo che la Russia non aderirà alla Carta attualmente in vigore. Tuttavia, secondo la stampa russa, il fatto che la Carta ha cessato di essere il fondamento del dialogo tra la Russia e l'Europa è un fatto positivo, in quanto i leader europei sono ora costretti a riconoscere la necessità di nuovi accordi, il cui contenuto dovrebbe essere discusso con la Russia.
Resta però il problema di Kiev, in quanto Mosca ritiene che il normale consumo di gas in Ucraina, come condizione per la stabilità del regime di transito di gas, non sarà garantito a spese di Gazprom per la fornitura dello stoccaggio di gas. L'Ucraina ha infatti bisogno di un prestito pari a di 5 miliardi di dollari, a cui la Russia è pronta a partecipare, in cooperazione con l'Unione Europea, a condizione che Bruxelles riconosca che è impossibile effettuare l'ammodernamento del trasporto del gas, o anche la creazione di un consorzio che gestisce la rete, senza la partecipazione di Mosca. La Russia parteciperà al finanziamento dell'Ucraina per finanziare l'acquisto di gas, se il processo è supportato da Europa e le sue istituzioni finanziarie, ha rilevato un portavoce del Cremlino. A tal proposito Vladimir Putin ha inviato alla direzione dell'Unione europea, una lettera in cui propone di creare un pool di creditori internazionali, per occuparsi della situazione attuale che riguarda la fornitura di gas per l'Ucraina e il transito attraverso il suo territorio per l'Unione europea. L'Europa avrà sicuramente interesse a continuare la cooperazione per il mercato del gas, ma allo stesso tempo è divisa a causa delle pressioni derivanti dalle lobbies del petrolio e quelle del nucleare. Per cui se da una parte si schiera Russia, Italia e Germania, dall'altra vi sono Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Entrambi sono gruppi di interesse che agiscono ormai come società multinazionali, che individuano il proprio mercato e per esso lottano. In questa guerra pochi sono compromessi e, qualora vi siano, spesso derivano dal bilanciamento di altri affari. Caso esemplare, gas-automobili: due settori perfettamente complementari.