La Casa Bianca ha ordinato segretamente alla Federal Reserve di stampare due bilioni di dollari e di metterli immediatamente in circolazione, per inondare il mercato statunitense e l’economia mondiale. Ecco che quanto coraggiosamente denunciato e dimostrato con valide argomentazioni da Etleboro in queste ultime tre settimane, stia davvero accadendo. Abbiamo analizzato e monitorato i mercati borsistici di questo mese di “marzo” giungendo a delle conclusioni che il tempo e la forza degli eventi stanno confermando.
La Federal Reserve lo scorso 20 marzo ha annunciato che non avrebbe più pubblicato i dati della “M3”, ossia dell'ammontare della moneta stampata dal governo e messa in circolazione. In questo modo, tuttavia, non c'è alcun modo di sapere, per il pubblico, per gli investitori e i possessori di Titoli del Tesoro, quanta valuta esiste, né alcun modo per conoscere quanto un "dollaro" veramente valga. Questo probabilmente spiega perché il Segretario del Tesoro si dimise mesi fa e fu sostituito da un collaboratore di Bush , e perché lo stesso Greenspan si è dimesso molte settimane fa dalla carica di Governatore, appunto per non affondare con la sua nave. Anche il dibattito dell'Amnistia dell'Immigrazione ha lo scopo di deviare intenzionalmente l’attenzione dal grande evento della svalutazione degli Stati Uniti. Accanto alla mancata pubblicazione degli M3, Bernanke il 28 marzo ha annunciato un aumento dei tassi di interesse sui Titoli del Tesoro, con una variazione più marcata sui titoli di breve scadenza rispetto ai titoli pluriennali, cosa di per sé anomala in un’economia sana.Una scelta questa assai discutibile in un momento in cui il rischio di recessione è molto elevato e il debito pubblico è giusto al limite sostenibile, stando al rapporto della stessa FED risalente al 23 marzo: aumentando il costo dell’indebitamento, degli investimenti e del consumo, e deprimendo il mercato azionario, non si fa altro che accelerare una crisi già in atto.
E infatti il motivo è ben altro, ossia quello di svalutare il dollaro per svalutare anche i debiti e per rivalutare invece la bilancia commerciale, che soffre l’aumento delle importazioni verso le economie emergenti, che grazie a questi surplus sono riuscite ad accumulare riserve sino ad 800 miliardi di dollari. Tale processo di svalutazione sfuggerà tuttavia al controllo della FED nel momento in cui i grandi detentori di riserve in dollari, ossia i paesi produttori di petrolio e i paesi in via di sviluppo, non decideranno di “diversificare” il portafoglio a favore di una moneta più forte.
Entra a questo punto in scena l’euro, che è nato appunto per diventare il nuovo punto di accumulazione degli investimenti. L’Iran ha infatti da tempo stabilito che scambierà il proprio petrolio solo a fronte di euro, spingendo così tutti i paesi a vendere i propri dollari. E questo è proprio ciò che sta accadendo: le banche centrali di Cina , Giappone, Qatar e Kuwait hanno dichiarato che immetteranno sul mercato gran parte dei titoli denominati in dollari. Sarà assolutamente impossibile per gli Stati Uniti far fronte ad una tale richiesta di solvibilità, in quanto la massa di dollari in circolare è almeno 60 volte superiore all’economia reale statunitense. Inoltre l’aumento dei tassi interesse da parte della BCE avrà l’effetto di richiamare gli investimenti degli ultimi euroscettici.
Questa è la vera guerra che si sta combattendo, e Bush non ha altra scelta che muovere guerra all’Iran per frenare il crollo del dollaro, ma nulla potrà fare per evitare il collasso dell’economia statunitense, e di quella di tutte le altre economie fortemente agganciate al dollaro e al petrolio. La bufera che si è abbattuta sull’amministrazione Bush in questi giorni ne è una prova: la crisi è inevitabile e delle scelte sono state prese.
La guerra all’Iran è stata infatti rimandata e posticipata solo per ragioni meramente tattiche, e questo temporeggiamento ha reso possibile il terrore mediatico e la creazione di un nuovo nemico da combattere: nemico dell’occidente e di Israele.
La crisi petrolifera che si produrrà, accanto alla caduta del dollaro come moneta di riferimento del sistema monetario internazionale, produrrà una iperinflazione che non ha nulla da invidiare a quella del secondo dopoguerra. Il timore del scoppio di questa enorme bolla finanziaria è ormai diffuso, tanto che il costo dell’oro, bene rifugio per eccellenza, ha raggiunto i massimi storici di questi ultimi 25 anni, così come è avvenuto nel mercato delle commodities.
Il capitalismo sta ormai crollando, il concetto di economia basato sulla mera speculazione senza alcuna base reale produttiva è destinato a tramontare, e un nuovo modo di fare economia è alle porte. Saranno le merci e i beni materiali ad essere il fulcro degli investimenti, e così anche il controllo dei traffici e dei porti sarà la nuova arma nelle mani delle lobbies. Noi non vedremo le bombe cadere ma ne sentiremo gli effetti devastanti: le economie più deboli crolleranno al primo soffio, e quelle avanzate dovranno affrontare gravi recessioni.