Dopo tanta attesa è stata avviata dal Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, la procedura di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze “WiMax”. Procedura che sostanzialmente recepisce la delibera dell'Autorità Garante della Comunicazioni (AGCOM) prevedendo il rilascio dei diritti d'uso delle frequenze del Broadband Wireless Access, suddivisi in tre blocchi sulla base della ripartizione amministrativa del territorio italiano. Due blocchi dei diritti d'uso sono rilasciabili per aree di estensione geografica macroregionale ( 2 licenze per 7 macroregioni), mentre uno è rilasciabile a livello regionale con suddivisione provinciale nel caso delle Province Autonome di Trento e Bolzano ( 21 regionali ). I diritti d’uso delle frequenze di gara hanno una durata di 15 anni a partire dalla data di rilascio, sono rinnovabili e non possono essere ceduti a terzi senza la preventiva autorizzazione del Ministero.
I soggetti che possono partecipare all'acquisizione dei diritti d'uso a livello macroregionale, stando alla delibera del Ministero, devono prevedere nel proprio oggetto sociale le attività connesse all’utilizzo dei diritti d’uso, essere o impegnarsi a costituire una società di capitali, ma soprattutto "essere titolare di autorizzazioni generali per le reti e/o i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico o dimostrare la propria idoneità tecnica e commerciale nel settore" . Tali elementi, di fatto delimitano già molto i possibili destinatari del bando, gli operatori privati che già offrono un servizio pubblico di accesso alla rete e che comunque presentano una struttura in grado di far fronte alla richiesta dell'utenza. In altre parole, si tratta degli stessi operatori che gestiscono la rete UMTS e ADSL , dunque società di telecomunicazione, di telefonia mobile e fissa. Per quanto riguarda invece le licenze regionali, appartenenti al blocco C, il diritto d’uso "è riservato prioritariamente per l’assegnazione ai soggetti che non dispongano direttamente di diritti d’uso di risorse spettrali per l’offerta di servizi di comunicazione mobile di terza generazione", lasciando dunque un margine di possibilità ai nuovi operatori, che possono essere in questo caso sia le Regioni stesse attraverso le "multiutilities" a controllo pubblico, o mediante degli enti economici trasformati in società per azioni create ad hoc, oppure dei nuovi operatori, magari appartenenti a differenti settori, come quello bancario, finanziario, di investimento immobiliare.
Questi primi elementi, gettano già le prime ombre su quello che si attendeva fosse un sistema rivoluzionario, in grado di garantire l'accesso alla rete, e in particolar modo alla banda larga, in quanto il sistema è stato studiato in modo da perpetuare, di fatto, un monopolio nel controllo della rete nelle mani dei privati. La procedura del bando, infatti, pretende di spezzare questa catena stabilendo che "ad uno stesso soggetto può essere assegnato un solo diritto d’uso per macroregione" e che a livello regionale sia lasciata una "prelazione" agli operatori che non sono già assegnatari di licenze. Ma questo, non vuol dire che è garantito "il diritto all'accesso alla rete" in maniera orizzontale e diffusa, come invece ci si aspettava - molti la definivano la grande rivoluzione della banda larga. La rete resterà sempre una prerogativa di società private, essendo le uniche che, attualmente detengono l'esperienza e la capacità tecnica per gestire questo tipo di servizio, a meno che vi siano delle Amministrazioni locali intraprendenti che riescano a sostenere sia il costo della licenza, che quello della costruzione dell'infrastruttura e della gestione dell'utenza. In quest'ultimo caso, le Regioni potrebbero contrarre un debito con dei consorzi di Banche, per poi cedere a loro volta a terzi la licenza per poter rientrare dell'investimento - possibilità che non è stata esclusa dal bando, avendo imposto solo l'obbligo di comunicazione al Ministero. È naturale che, considerando gli attuali bilanci dell'Amministrazioni locali, è difficile effettuare questi investimenti senza la cooperazione delle Banche. Constatato ciò, emerge la grande contraddizione di questo bando di gara, ossia non si capisce perché le Regioni (Stato) debbano pagare i diritti d'uso allo Stato stesso, che bandisce la gara, senza che vi sia alcuna clausola che avvantaggi i soggetti pubblici. Per cui, un comune che voglia garantire l'accesso incondizionato alla rete come forma di sviluppo o di incentivo per le attività economiche, deve indebitarsi con le banche oppure deve imporre una tassa: è tutto un po' assurdo, ma normale per un Paese come l'Italia.
Questo è solo uno dei rovesci della medaglia, in quanto, sebbene molti abbiano sollevato dei ragionevoli dubbi su questo bando, non è stato sottolineato a sufficienza, quanto questa rivoluzione della comunicazione costerà ai cittadini. Infatti, il costo dell'accesso alla rete si tradurrà nei prossimi anni - man mano che la virtualizzazione prenderà piede anche nel sistema economico Italia - in una nuova usura, una nuova tassa, un nuovo signoraggio perché diventeremo i "cittadini della rete". Per attraversarla occorre pagare un pedaggio, e lo Stato, anche in questo caso, sarà assente mentre dovrebbe essere presente più che mai al fine di evitare che Banche e privati si riapproprino di "un patrimonio pubblico". Sappiamo benissimo infatti che il libero accesso alle infrastrutture rappresenta uno dei principali motori di sviluppo per il sistema economico, com'è accaduto infatti per le autostrade. Perché, dunque, oggi lo Stato non considera la rete un'infrastruttura pubblica, che, in quanto tale deve restare nelle mani dei cittadini, destinatari e veri proprietari della rete. Un domani, per quanto assurdo possa sembrare, pagheremo una tassa sull'aria anche se questa ci appartiene di diritto. L'economia sarà sempre più virtuale, le distanze verranno diminuite, come gli spostamenti e i trasporti, perché molti servizi potranno essere erogati on-line: pubblica amministrazione, consulenza, fornitura di prodotti immateriali, servizi finanziari. Chi avrà il controllo della rete, avrà di fatto il controllo sulle attività economiche di uno Stato, senza però divenire un nemico, perché le persone saranno sempre impegnate nella ricerca di qualcosa di materiale da combattere. Il WiMax può essere senz'altro il veicolo per la trasformazione della società, da materiale a virtuale, ma lo diventerà al costo della trasformazione di noi tutti in utenti invisibili.