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22 ottobre 2007

Un trattato semplificato sul fallimento del sogno europeo


Sulle ceneri della Costituzione Europea, i 27 Paesi membri dell'Unione Europea hanno deciso di costruire il nuovo Trattato dell'Unione Europea, che sarà formalmente firmato il 12 dicembre prossimo all'Europarlamento di Strasburgo. È un testo complesso e pieno di clausole di esenzione quello del nuovo Trattato UE, che ha la pretesa di rilanciare il "sogno europeo" lasciando la situazione sostanzialmente immutata. Viene definitivamente sepolto il progetto della Costituzione Europea, i cui lavori, dopo la bocciatura da parte di Francia e Olanda, non sono mai ripresi a tutti gli effetti e oggi si sono arrestati, per dare al popolo europeo un Trattato semplificato.Un percorso di riforma e revisione del vecchio testo costituzionale, che verrà probabilmente ratificato nel 2008 dai Paesi membri per divenire poi definitivo.Ci si aspetta, in ogni caso, che, salvo qualche rettifica all'ultimo minuto, il trattato venga approvato in quanto rappresenta l'ultima chance che ha l'Europa di sopravvivere come entità sovranazionale "legittimata" da una convenzione accettata dagli Stati aderenti.
Molte le modifiche apportate, soprattutto nel testo letterale, ma nei fatti non è stato redatto un trattato rivoluzionario, che rimette al popolo europeo la sovranità della nazione-Europa, ma la racchiude sempre in un sistema piramidale e accentrato che decide i principi guida delle politiche nazionali da attuare.
Il progetto rivisto, un documento di 250 pagine, è quasi inavvicinabile considerando le tante dichiarazioni e i protocolli annessi, molto tecnico e di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, nella deliberata intenzione di lasciare l'opinione pubblica al di fuori e impedirle di capire quale sarà il volto futuro dell'Europa. Occorre innanzitutto sottolineare che stiamo parlando di un "Trattato" e non di una "Costituzione", e dunque è stato studiato in modo tale da essere immediatamente applicabile senza essere recepito mediante un referendum popolare. Infatti, mentre la Costituzione sostituiva tutti i trattati con un testo unico, il nuovo trattato deroga i due trattati "fondatori", il trattato di Roma del 1957 sulla Comunità europea, il trattato sull'UE di Maastricht nel 1992, i trattati di Amsterdam (1996) o di Nizza (2000). Sono stati così eliminati quei termini che volevano assimilare l'UE ad un Stato federale,e dunque parole come "Costituzione" o i simboli (bandiera, inno, motto), anche se nei fatti resteranno sempre. In tal modo si è riusciti ad aggirare definitivamente il problema della consultazione popolare, che avrebbe senz'ombra di dubbio decretato il fallimento dell'ennesimo progetto europeo. Il "Trattato semplificato" era già stato in un certo senso anticipato da Tony Blair e Nikolas Sarkozy mesi fa, in occasione della riunione del G8, durante il quale si parlò di una Nuova Europa, che deve assumere innanzitutto una forza istituzionale per presentarsi sullo senario politico internazionale. La soluzione franco-inglese è infatti un compromesso ideale per ingannare l'opinione pubblica e la stessa controinformazione che non vuole la Costituzione Europea, in quanto si tratterebbe di perpetuare un sistema "dei trattati" che già funziona e che evolve con l'instaurazione di un regime decisionale accentrato nelle mani della Commissione. Si verrebbe ad instaurare sempre un sistema burocratico nelle mani di organismi e di entità invisibili, senza tuttavia sollevare le polemiche dell'opinione pubblica che non concepisce di vedersi cancellare la Costituzione.
In particolare, con riferimento all'apparato istituzionale, al posto di una Presidenza ad alternanza semestrale, sarà eletto un Presidente del Consiglio europeo che riunisce i dirigenti europei, con una carica di due anni e mezzo con i poteri di un "Alto rappresentante". La rotazione resterà invece per la Presidenza dei Consigli dei Ministri, che coordinerà i vertici e rappresenterà l'UE sulla scena mondiale, insieme con l' "Alto rappresentante dell'UE per la politica estera e la sicurezza" che diventa Vice-Presidente della Commissione europea e coordina tutta l'azione esterna dell'UE.
Alla Commissione Europa resta il potere esecutivo e legislativo - ossia i passaggi essenziali per promulgare le direttive e i regolamenti - che saranno accentrati nelle mani di un minor numero di persone: a partire da 2014 la Commissione sarà composta da un numero di commissari pari ai due-terzi degli Stati membri, mentre attualmente ogni Stato ha il "suo" commissario. Di fatti, dunque, l'allargamento dell'Unione Europea non porterà alla co-partecipazione di tutti gli Stati al potere all'interno delle Istituzioni europee, tale che, quei Paesi meno influenti potrebbero vedersi totalmente esclusi da ogni tipo di decisione. Si pensi ai Paesi dell'est europeo, agli Stati dei Balcani che, per quanto siano stati a lungo corteggiati dai burocrati europei, resteranno sempre ai margini della piramide del potere. Il Parlamento europeo vedrà ampliare il suo potere di co-decisione legislativa con gli Stati membri sui progetti di legge riguardanti le riforme della giustizia, di sicurezza e di immigrazione legale. Inoltre, i Parlamenti nazionali potranno chiedere alla Commissione di rivedere una proposta se riterranno che questa sconfini sulle loro competenze.
È da notare che, nonostante tale norma possa sembrare democratica, essa pone il potere degli Stati nazionali sempre in secondo piano rispetto ad una Commissione composta da burocrati e tecnici nelle cui mani sono racchiusi enormi poteri.

Per quanto riguarda invece il sistema dei diritti di voto, l'unanimità rimane la regola per la politica estera, la fiscalità, la politica sociale o la revisione dei trattati, per cui nei fatti si tratta pur sempre di un testo rigido, che difficilmente potrà essere modificato. È stata invece estesa la maggioranza qualificata - l'espressione dei voti del 55% degli Stati che rappresentano il 65% della popolazione dell'UE - ad una quarantina di nuovi campi, che coinvolgono soprattutto la cooperazione giuridica e di ordine pubblico. Su tali materie, la Gran Bretagna e l'Irlanda hanno ottenuto la facoltà di potere non applicare le decisioni in questi campi se lo riterranno opportuno, ma non potranno impedire che altri lo facciano. Bisognerebbe ora capire perché questi due Paesi riescono a spuntare una tale esenzione,senza che vi sia un apparente motivo, oltre alla grande influenza dell'Inghilterra in Europa, nonostante non abbia aderito all'unione monetaria.
Il trattato introduce inoltre nuovi obiettivi come una politica comune dell'energia e la lotta contro il riscaldamento, riconosce l'importanza dei servizi pubblici ed introduce una "clausola sociale" da prendere in considerazione in ogni politica dell'unione. Rappresenta questo un tiepido compromesso "formale" degli eurocrati, considerando che le privatizzazioni e le liberalizzazioni sono condizioni essenziali e sospensive per entrare nell'Unione Europeo. Per cui, dopo che il servizio pubblico viene calpestato e deriso durante le trattative diplomatiche per l'ingresso in Europa, viene inserito come obiettivo delle politiche comunitarie. Allo stesso modo,il contrasto alla concorrenza sleale - che avevano sollevato accese polemiche proprio in Francia in occasione della votazione della Costituzione - non saranno più un obiettivo ma un mezzo necessario al buono funzionamento del mercato interno: un semplice giro di parole che tuttavia non cambierà la prassi comunitaria di incentivare liberalizzazioni e deregolamentazione per l'ingresso di nuovi operatori.

La norma che tuttavia dà il vero volto a questo Trattato semplificato, è la possibilità per uno Stato di poter lasciare l'Unione, stabilendo all'articolo 35 che "ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione", effettuando una notifica al Consiglio europeo che poi delibera a maggioranza qualificata sulla richiesta di recesso, previa approvazione del Parlamento europeo. Questa eventualità rappresenta senz'altro una delle novità più importanti, considerando che finora i trattati comunitari erano a tempo indeterminato e innescavano un processo irreversibile. Oggi, tuttavia, si ammette la possibilità di uscire dall'Unione Europea, rimettendo così in discussione tutti i principi su cui si è basato l'inattaccabilità del sogno europeo eterno. È chiaro che oggi invece di andare avanti, la Comunità europea ha fatto un passo indietro e ha rivelato la sua reale natura di "truffa colossale" che ha consentito di garantire il controllo delle risorse e del patrimonio degli Stati nelle mani delle lobbies, per poi creare una complessa ragnatela di commissioni e di consigli di esperti il cui potere non deriva da alcuna investitura da parte del popolo. Non esiste alcuna sovranità del popolo europeo, ma solo una grande illusione, tenuta in piedi dall'euro e dalla paura, che tiene gli stati uniti per scongiurare l'isolamento economico e l'aggressione da parte di entità esterne. Nella realtà, abbiamo creato con il nuovo Trattato semplificato un nuovo mostro che dà l'illusione di una libertà e sovranità relativa, ma nei fatti crea un sistema di potere accentrato in entità invisibili, come avviene oggi nei Balcani, il vero laboratorio per la creazione dell'Unione Europea.
La grande beffa non è ancora visibile agli occhi di tutti, ma quando un domani i Paesi dell'est europeo vedranno vanificati tutti i loro sforzi per conquistarsi l'ingresso in Europa, capiranno di essere stati solo manipolati e una nuova "rivoluzione arancione" si solleverà. Saranno loro i soli che capiranno la grande bugia di cui sono stati vittima, rimanendo sempre ai margini delle posizioni di potere e continuando ad essere sempre sfruttati per il benessere dell'Europa Occidentale. È questo dunque il vero significato dall'Europa fondata dai banchieri e dalle lobbies: una forma di dittatura per spremere come vacche da mungere i cittadini europei, drogati dalla propaganda del grande sogno europeo.