Secondo le stime degli analisti, l'economia internazionale sta per toccare i suoi punti soglia prima di innescare un perverso meccanismo che potrebbe portare ad un conflitto o allo sconvolgimento della situazione di alcune economie più deboli. Il petrolio ha pienamente raggiunto il valore di 90 dollari al barile e ora si profila all'orizzonte il prossimo obiettivo della quota 100 dollari, sulla spinta delle tensioni in Medioriente, alimentate dalla propaganda tra Turchia e Iraq e tra Usa e Iran. Di conseguenza, altrettanti record si sfiorano sul valore dell'oro, quotato intorno agli 800 dollari per oncia, con inevitabili ripercussioni anche sulla quotazione del dollaro, la cui ulteriore svalutazione è ormai inevitabile. Ci si aspetta dunque il cedimento del sistema da un momento all'altro, ma quello che sta per arrivare in realtà è qualcosa di ben più preoccupante e di più invisibile, in quanto non vi saranno eventi eclatanti ma solo la percezione che la situazione diviene di giorno in giorno sempre più insostenibile. Stiamo parlando della stagflazione, che provoca il blocco del sistema produttivo partendo dagli anelli più deboli, come i lavoratori e le piccole imprese, che si trovano proprio alla base della piramide usuraia del sistema in cui viviamo.
La stagflazione si ha quando l'aumento dei prezzi viene accompagnato da una crescita della disoccupazione e da un ristagno della produzione; infatti l'inflazione se in un primo momento crea una sorta di "illusione monetaria" che spinge le imprese a rincarare i prezzi per recuperare i costi, successivamente induce a ridurre sempre più i salari sino a licenziare i lavoratori, innescando così disoccupazione, rallentamento della produzione e recessione. In tale situazione è quasi impossibile agire per le autorità, soprattutto perché in Europa la politica monetaria è congelata, per non parlare di quella sociale visti i patti di stabilità. L'aumento dei costi, dovuti in questo caso al rincaro delle risorse energetiche e alle crisi finanziarie, dovrebbe essere contrastato con delle politiche monetarie restrittive, come la Banca Centrale Europea e la Federal Reserve stanno facendo aumentando i tassi di interesse, ma questo poi va ad accelerare la recessione dovuta al crollo dei consumi. Una situazione molto simile a quella che stiamo vivendo oggi si è avuta nel 1973, quando la crisi energetica creò una iperinflazione in tutta l'Europa, e allora le Istituzioni decisero per politiche economiche espansive in quanto "lo status del lavoratore" e la "sostenibilità della società" erano considerati dei fattori intoccabili.
Molte cose sono cambiate da allora, perché oggi lo status da preservare non è quello del lavoratore, in quanto entità portante del catena produttiva, ma è quello del "tasso di interesse" e del credito, che sta divenendo la nostra unità di conto e il peso del nostro valore. Oggi i processi di stagflazione sono già presenti nell'economia americana perché è una società che vive ormai da anni con un'inflazione patologica, con la crisi dei consumi e una sussistenza garantita dai prestiti e dal credito. Di questo passo, la caduta del corso del dollaro e la progressiva riduzione della produttività americana non faranno certo ridurre l'inflazione, mentre la Federal Reserve condurrà lo Stato nella recessione per presentare al Congresso l'unica soluzione possibile: il controllo o un conflitto da qualche parte nel mondo. L'economia americana, in questi ultimi anni, si è specializzata essenzialmente nella produzione di " debiti", e questo vale per le case, per le imprese e le istituzioni pubbliche, per un indebitamento collettivo che supera i 400% del loro PIL. Per molto tempo hanno tentato anche di nascondere l'insolvenza crescente degli operatori economici facendo rivendere attraverso le banche di Wall Street, degli attivi finanziari " virtuali", i cd. collaterali che sono finiti nel bilancio di Banche di tutto il mondo, nei portafogli degli " hedge funds", nelle tesorerie delle imprese, negli investimenti dei risparmiatori. Hanno così prosciugato ancor di più la liquidità dal mercato destinata invece allo sviluppo della produzione.
Ciò che è accaduto negli Stati Uniti si sta inevitabilmente ripetendo anche sull'economia europea e italiana, e anche in questo caso assistiamo all'immobilismo delle Istituzioni che invece di contrastare la crisi della stagflazione la assecondano: non dimentichiamo che lo status da preservare è ancora quello del credito e delle banche, che nel consiglio di amministrazione della Banca Centrale siedono dei banchieri privati e che il Parlamento risponde degli interessi delle lobbies che rappresentano. Dinanzi alla preoccupante situazione del welfare, il Governo della Banca d'Italia, Mario Draghi, parla "di salari troppo bassi", di "mancanza di imprenditorialità delle nuove generazioni", di un "disequilibrio del rapporto salario-produttività", e conclude suggerendo maggior incentivi al risparmio e alle imprese che intendono crescere. Forse, ciò che il nostro governatore ha dimenticato di dire è che la contrazione dei salari è un segnale di allarme che le aziende italiane inviano alle Istituzioni, per dire che "manca la sostenibilità della produzione", per via dell'eccessivo cuneo fiscale, dei costi delle materie prime e per giunta dei lavoratori.
Occorre prestare molta attenzione a questi campanelli d'allarme, perché annunciano la recessione: curare questi sintomi con i protocolli del welfare o altri ammortizzatori sociali non risolverà il problema che resta lì a covare. Magari questi signori aspettano che si arrivi all'esasperazione, si aspettano che l'ulteriore aumento delle derrate alimentari, del pane e della pasta spinga le persone ad "indebitarsi per mangiare". Ebbene, è proprio questo quello che stanno facendo - e che si legge chiaramente nel discorso di Draghi - ossia di far vedere alla gente uno scenario di difficoltà economica "in sicura ripresa" che può essere superato se ci si affida alle premura del sistema bancario. E oggi è in netta crescita la percentuale del credito al consumo, valutata dall'Abi intorno al 17,5% , pari a 93,8 miliardi di euro, mentre il credito fondiario è cresciuto del 10,8% raggiungendo i 289,8 miliardi; altro dato allarmante arriva dalla constatazione che il rapporto tra l'indebitamento e il reddito delle famiglie italiane è passato dal 48% al 75%, con un terribile aumento del ricorso al credito al consumo e ai mutui. Le cifre sono così preoccupanti che si parla di sovraindebitamento delle famiglie, spinto dalla povertà : un dato tragico e importante, perché è l'ulteriore prova che alcuni processi recessivi nell'economia italiana sono già cominciati.
L'avanzare inarrestabile del credito è d'altronde un effetto indotto dal sistema stesso, considerando che le Banche si ripropongono, per l'ennesima volta, come soluzione allo stesso male di cui sono l'origine. L'Abi parla della possibilità di costituire un "Fondo di solidarietà" a supporto della clientela che per eventi particolari, come la perdita del lavoro, accanto ad iniziative di alfabetizzazione finanziaria per conoscere tutti gli strumenti di debito&credito che sono a disposizione delle imprese e dei nuovi clienti, che vogliono sperimentare nuove forme di indebitamento che più soddisfano le proprie esigenze. Dai mutui eterni alle rateizzazioni del conto della spesa, è in atto in maniera ormai inarrestabile il processo di ''bancarizzazione'', che pone le banche al centro dell'economia.
D'altro canto, per coloro che non avessero abbastanza fiducia in quelli che sembrano essere dei normali Istituti di credito, stanno per arrivare le "Banche Etiche", del circuito del microcredito solidale nate dalle stesse fondazioni bancarie. Abbiamo assistito infatti alla presentazione di Banca Prossima, prima banca europea operante nel non-profit, nata da un progetto di collaborazione del gruppo Intesa Sanpaolo con le Organizzazioni del non profit laiche e religiose, e dal Laboratorio Banca e Società. Il nuovo istituto opererà attraverso le 6.200 filiali del gruppo Intesa Sanpaolo: non sarà altro che un altro sportello di raccolta del credito, che si propone come alternativa semplicemente per cogliere quella parte di clienti che si affidano ai circuiti del microcredito. In questo caso l'arma utilizzata è ancora più subdola in quanto entra in un campo che è stato ben preparato dalla disinformazione che ha demonizzato le Banche d'Affari e ha elogiato le banche etiche come probabile alternativa. Occorre, dunque, prestare molta attenzione alla nuova disinformazione, alle nuove banche, e alla nuova moneta, che si nutrirà proprio delle difficoltà finanziarie di imprese e lavoratori, vittime dei giochi di potere delle lobbies.