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10 aprile 2009

Caucaso e Balcani: i limiti dell'accordo USA-Russia


Come per i Balcani, anche nel Caucaso e nell'Europea orientale si cerca di fomentare una crisi per interessi politici, e dunque legati all'equilibrio della regione, oppure economici. In entrambi i casi, possiamo affermare che la situazione, con l'accentuarsi della recessione globale, è mutata e sono cambiati anche i ruoli di protagonisti o antagonisti. E' in queste terre di confine che emergono i grandi limiti dell'accordo tra Russia e America. Ma bisogna stare attenti a questi nuovi "sfollati atlantici" , in quanto i tempi sono cambiati e non si può certo attaccare a viso aperto una regione che sta per entrare nell'Unione Europea, o un territorio di influenza russa.

In quello che sta accadendo nel Caucaso c'è qualcosa di inquietante, che ricorda molto le rivoluzioni "colorate" volte a far arretrare l'influenza russa nelle ex repubbliche sovietiche. Tuttavia oggi, quei mezzi di manipolazione delle masse volte a destabilizzare i Governi, in nome della democrazia, non sembrano avere una deriva completamente occidentale. In primo luogo vi è la Georgia, Stato antagonista della Federazione russa, con contrasti che si sono spinti persino alla guerra e all'intervento armato. Dopo pochi mesi da quell'improvviso bombardamento, la posizione di incondizionata condanna nei confronti della Russia presso la Comunità Internazionale, gradualmente cambia, sino a constatare che Tbilisi ha attaccato per prima le truppe di pace russe. La figura di Saakashvili è stata gradualmente screditata, persino da quell'Occidente che lo aveva difeso ed armato, per poi lasciarlo solo al suo destino di rispondere dinanzi al proprio popolo.

Così, ciò che non è riuscito a fare la guerra, potrebbe farlo ora questo sollevamento di massa contro la guerra, protestando in migliaia dinanzi al palazzo del parlamento georgiano di Tbilisi per consegnare un semplice messaggio al Presidente georgiano Mikhail Saakashvili: "24 ore per lasciare il potere". "La società chiede che Mikhail Saakashvili rispetti la volontà del popolo. Questa è l'ultima possibilità per l'autorità, al di là delle sue ambizioni personali e di lavoro, di prendersi le proprie responsabilità e di lasciare il paese che si trova in una crisi estremamente grave - afferma il documento - Saakashvili dovrebbe consentire al popolo di sostituire il potere con mezzi costituzionali, per dimostrare al mondo di essere una nazione civile e dignitosa". L'opposizione ha così rinunciato al dialogo con il governo e ha promesso di andare fino in fondo. Chi difende questa protesta afferma che si tratta di una reazione "spontanea" per chiudere con i poteri che hanno legami con il comunismo, per dare origine ad un governo democratico. Tuttavia, non facciamoci ingannare da queste parole che richiamano la Guerra Fredda - che dovrebbe essere finita - e riflettiamo su chi veramente guadagnerebbe da un nuovo Governo. Potrebbero essere gli Stati Uniti, che scaricano così un vecchio alleato, come ha fatto con la Polonia ma anche con Iraq o Afghanistan. Tuttavia, potrebbe essere anche la Russia che, usando un linguaggio di controinformazione, parla di comunismo e si fa fautore di movimenti di liberazione per poter imporre nel Caucaso una influenza più forte. In questo modo metterebbe fine al conflitto in Ossezia del Sud e Abkhazia, e stabilizzerebbe la regione come proprio canale di transito per le proprie strade dell'energia.

Entrambe le ipotesi sono realistiche e anche contemporanee, come riflesso dell'accordo di non belligeranza firmato da Medvedev e Obama, oppure come prova dell'inesistenza di tale accordo, e l'inizio di un'altra rivoluzione colorata in Caucaso. Se applichiamo lo stesso ragionamento alle recenti proteste di Chisinau, che ha visto scontrarsi ancora il partito comunista e quello democratico, potremmo dare un senso anche ad un'altra possibile destabilizzazione nella regione ex sovietica. Tutti, al momento, hanno un interesse ad attribuire le agitazioni al cosiddetto "collegamento romeno", denunciato dallo stesso Presidente moldavo Vladimir Voronin, in quanto il nocciolo della questione ricadrebbe sulla questione bilaterale tra la Repubblica Moldova e la Romania. Secondo alcuni esperti, l'assalto al Parlamento ha messo fine ai negoziati tra Chisinau e la Transnistria, e così potrà portare al riconoscimento dell'indipendenza della Transnistria, come chiede da tempo la Russia. Mosca sta cercando di svolgere il ruolo di mediatore, ma ritiene che la striscia di terra al di là del fiume Dnestr sia uno Stato indipendente. Molto probabilmente, Bucarest non è direttamene coinvolta in questa rivolta "spontanea", come pure l'uso come scudo del partito comunista è solo un inganno, per sviare i reali fomentatori. Infatti, come fu allora per i Balcani, anche nel Caucaso e nell'Europea orientale si cerca di fomentare una crisi per interessi politici - e dunque legati all'equilibrio della regione - oppure economici. In entrambi i casi, possiamo affermare che la situazione, con l'accentuarsi della recessione globale, è mutata e sono cambiati anche i ruoli di protagonisti o antagonisti.

Oggi l'America di Obama è diventata sempre più arrogante e sta perdendo colpi, da tutte le parti e in qualsiasi settore, tanto da fare irritare parecchi politici, che ora la accusano per gli errori compiuti contro la Serbia e la Georgia. Una debolezza che si è mostrata anche con la vergognosa gaffe fatta nei confronti dell'Italia, offrendo un aiuto inferiore a quello della piccola Albania (50.000 dollari a fronte dei 50.000 euro di Tirana), e dando ancora meno al Governo albanese dopo l'esplosione del deposito di munizioni di Gerdec, nelle cui indagini è stato direttamente coinvolto il Pentagono. L'ambasciatore americano di Tirana ha così offerto solo mille euro alle vittime di Gerdec. Questo è solo un piccolo dettaglio, rispetto ai tentativi di infondere il sospetto che un imminente conflitto si possa abbattere nella regione, a partire dalla Bosnia e dalla Republika Srpska. Ed è proprio in questo Stato già politicamente instabile, che stanno cercando di destabilizzare l'equilibrio locale. Dopo la dichiarazione di Trasparency International contro il Governo sulla regolarità della vendita della raffineria di Brod Bosanski ad una società russa, cominciano a circolare anche strane indiscrezioni sulla possibile destituzione del Premier Milorad Dodik da parte dell'Ufficio OHR per la violazione degli Accordi di Dayton.

Quello di Transparency è un ulteriore tentativo di far crollare il Governo della Srpska, dopo la caduta nel silenzio del dossier "incompleto e inconsistente" redatto dalla SIPA, nonostante abbia fatto tanto rumore, rivelandosi nient'altro che un bluff. Un'operazione di sabotaggio che potrebbe avere un altro obiettivo, ossia anche quello di persuadere la Republika Srpska a firmare un gravoso accordo di finanziamento con in Fondo Monetario Internazionale, che ricadrebbe su tutti i cittadini della Bosnia Erzegovina, nonostante serva solo per l'entità bosniaca (l'unica fortemente indebitata ed in recessione). Ovviamente, è necessario ricorrere a questi metodi subdoli di ricatto, considerando che le figure internazionali lì presenti non incutono poi così tanta paura; lo stesso Raffi Gregorian, piccolo feudatario del Distretto di Brcko, sembra essere stato abbandonato da Washington. L'America si sente così tanto isolata, da cercare in ogni modo di rientrare nella giostra balcanica, e persino gli inglesi vogliono un protettorato unico per i Balcani europei, consapevoli di aver perso terreno. Ma bisogna stare attenti a questi nuovi "sfollati atlantici" , in quanto i tempi sono cambiati e non si può certo attaccare a viso aperto una regione che sta per entrare nell'Unione Europea.

Per tale motivo, la Washington ufficiale gioca con diplomazia e cerca il suo riavvicinamento ai Balcani proprio dalla città che ha provocato ogni rottura, ossia Belgrado. Gli Stati Uniti sembrano mostrare una maggior apertura verso la Serbia, sostenendone l'integrazione nell'Unione Europea e cercando al più presto un incontro con la dirigenza serba. Allo stesso tempo, saluta con ottimismo il "road map" del Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, per risolvere ogni questione pendente entro l'anno, ed avviare la liberalizzazione dei visti nel 2010. Tuttavia, se da una parte spinge l'Europa a prendere una posizione di guida nei Balcani, dall'altra cerca di mantenere fermi dei punti essenziali che fanno da leva per la destabilizzazione della regione, quali il Kosovo e la Bosnia: entrambi sono territori che Washington non lascerà mai. Lo stesso impegno per l'ingresso nella NATO di Croazia ed Albania, mostrano il chiaro obiettivo di avere il favore di questi Paesi per il dislocamento di nuove basi militari strategiche e l'istallazione di strutture di difesa.
Come avete potuto notare, dunque, se da una parte sono finiti i conflitti e le guerre, dall'altra sono cominciate le rivoluzioni colorate, i sabotaggi politici, e le manovre di "integrazione euro-atlantica controllata".