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18 maggio 2009

South Stream: prima vittoria nel conflitto Russia-UE-Ucraina


La realizzazione del gasdotto del South Stream è sempre più vicina. La russa Gazprom e il gigante italiano Eni hanno firmato venerdì a Sochi il secondo allegato del memorandum d'intesa per il progetto South Stream. Tra i Paesi firmatari figurano anche la Serbia, la Bulgaria e la Grecia, come controparti "investitori" nel progetto. A suggello di tale patto multilaterale, vi era la presenza dei Premier italiano e russo Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, che hanno così garantito per il buon esito del progetto.

La residenza di Sochi ha visto la ratifica di uno dei primi protocolli decisivi per la realizzazione del gasdotto del South Stream tra i due soggetti promotori del consorzio che curerà il progetto. La russa Gazprom e il gigante italiano Eni hanno firmato il secondo allegato del memorandum d'intesa in merito al proseguimento della realizzazione del progetto South Stream. Il direttore esecutivo di Gazprom Alexei Miller e il Presidente di Eni, Paolo Scaroni, in presenza dei Primi Ministri italiano e russo, Vladimir Putin e Silvio Berlusconi, hanno così confermato l'accordo stilato lo scorso 23 giugno 2007. Il documento delinea le aree di cooperazione delle due società per la progettazione, il finanziamento, l'installazione e la gestione del futuro oleodotto, che avrà una capacità di 63 miliardi di metri cubi di gas all'anno, per collegare la Russia all'Europa meridionale attraverso il Mar Nero e il Mar Adriatico, aggirando l'Ucraina . La conduttura, che passa ad oltre 2 km di profondità sotto il Mar Nero, partirà dal porto russo di Novorossiysk e giungerà a Varna, in Bulgaria, per una lunghezza di circa 900 km, e avrà un costo di 8,6 miliardi di euro, come ha annunciato ai giornalisti Alexei Miller. Per raggiungere il mercato europeo, sono stati ratificati poi degli accordi speciali per il transito con la Bulgaria, la Serbia, l'Ungheria e la Grecia, i quali metteranno a disposizione il loro territorio al passaggio della conduttura e beneficeranno delle royalties dalla fornitura di gas. Di fatti, da Varna partiranno due rami, uno diretto a sud-ovest attraverso la Bulgaria e la Grecia e poi nel Mare Adriatico in Italia, un altro a nord-ovest attraverso la Bulgaria, la Serbia, l'Ungheria e l'Austria.

In tal senso, Gazprom ha ratificato una serie di documenti con le società del settore energetico di Bulgaria (Bulgarian Energia Holding), Grecia (Desf) e Serbia (Srbijagas), che definiscono la cooperazione delle parti in fase di pre-progettazione, di investimento e disciplina le procedure per la costituzione e il funzionamento delle imprese comuni che saranno create per lo studio del progetto del gasdotto, la costruzione della rete e la gestione della stessa. In particolare, Miller firma l'accordo con il Presidente del Gestore nazionale del sistema gas naturale (Desf), Nicolas Mavromatis, e il direttore generale Panagiotis Canellopoulos, alla presenza del Ministro per lo sviluppo della Grecia, Costis Hadzidakis, con il quale vengono definiti i termini per la costituzione del consorzio che metterà a punto uno studio di fattibilità per la sezione greca del gasdotto, ed includerà un riesame di tutte le caratteristiche e gli indici di carattere tecnico, giuridico, finanziario, ambientale e della struttura economica. Allo stesso modo, Gazprom stila il protocollo di intesa con il direttore generale del Srbijagas, Dusan Bajatovic, che descrive i primi dettagli della costruzione del gasdotto, e pone le basi per la creazione di una joint-venture con sede in Svizzera, partecipata per il 51% da Gazprom e il 49% dalla società serba. Da evidenziare la controversia nata con la Bulgaria, la quale ha proposto di utilizzare il gasdotto per il trasporto del gas di altre compagnie ed ottenere royalties da tale servizio, divergenze che probabilmente sono state appianate con la visita del premier bulgaro Sergej Stanisev a Mosca.

Identici problemi sono emersi tra Eni e Gazprom - come riportato, nei giorni precedenti all'accordo, dal quotidiano russo Kommersant, citando fonti vicine al Governo italiano - dopo che l'Eni ha chiesto di avere il controllo del mercato del gas nei paesi di transito per il Sud Stream, mentre Gazprom vuole limitare la distribuzione comune per il territorio italiano. Una fonte vicina a ENI ha confermato che la società ha chiesto di condividere i redditi derivanti dalle vendite annuali di 10 miliardi di m3 nell'Unione europea, mentre Gazprom concede la vendita sino a 6 miliardi di m3. Il braccio di ferro tra ENI e Gazprom sembra essere a favore dei russi, che sono riusciti a riprendere il controllo della distribuzione ricomprando da ENI la quota del 20% di Gazpromneft, pagando 4,1 miliardi di euro, senza battere ciglio. D'altro canto, è proprio sul business della distribuzione del gas che si decide quanto si guadagnerà dalla costruzione di questo gasdotto. I firmatari del progetto, nelle sue tratte principali (che costituiscono le arterie per la rete del gas) saranno non solo Paesi consumatori, ma anche Paesi esportatori, acquisendo anche il diritto di partecipare, come membri del consorzio, agli utili derivanti dalla vendita del gas a Paesi terzi, con la costruzione delle diverse diramazioni. In particolare, i Paesi dei Balcani e dell'Europa Centrale esterni al consorzio, saranno serviti con una rete secondaria, e difficilmente diventeranno destinatari diretti e dunque fornitori, a meno che non decidano di investire e di finanziare a loro volta la costruzione della rete nazionale.

Ad ogni modo, da questo progetto ne esce vincitrice l'Italia, ma anche e soprattutto la Russia, che va ad accentrare il mercato di produzione ( fonti di estrazione ) e della distribuzione, senza lasciare niente al caso. Nelle scorse settimane, Gazprom ha lanciato una campagna aggressiva per portare a casa contratti pluriennali per lo sfruttamento dei giacimenti di gas dei Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti, e sottrarli così all'Unione Europea. Il gigante russo e la compagnia petrolifera nazionale dell'Azerbaigian hanno firmato un memorandum per l'avvio dei negoziati per la vendita del gas azerbaigiano, proponendo un prezzo di 340 dollari per 1.000 m3 per il primo trimestre 2009, mentre il prezzo proposto dall'Europa per rifornire il Nabucco ha raggiunto 400 dollari a 1.000 m3. La Russia propone un contratto a lungo termine e un prezzo basato sulla formula europea (vale a dire relative al costo dei prodotti petroliferi), e fa forza sul fatto che le compagnie europee non saranno in grado di proporre un prezzo migliore. L'Azerbaigian è l'ultimo dei paesi esportatori di gas del CSI che non ha ancora firmato un contratto con la Russia, tuttavia i negoziati sembrano essere molto vicini alla loro conclusione, mirando ad acquistare il gas in una seconda fase del progetto Shah Deniz, la cui capacità è di quasi 16 miliardi di m3 all'anno.

Allo stesso tempo la Russia si riavvicina alla Turchia e, con il recente incontro tra il Primo Ministro russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan, è stato discusso la possibilità di proroga del contratto di transito del gas russo della conduttura del Blue Stream, che scade nel 2011 e che comprende 6 miliardi di metri cubi di gas, nonchè di gettare le basi per costruire una seconda conduttura, sotto il nome di "Blue Stream 2". Pur precisando la sua fedeltà al Nabucco, la Turchia non sembra tirarsi indietro dall'installazione di una seconda conduttura parallela al gasdotto Blue Stream attraverso il fondale del Mar Nero. Il Blue Stream, che è di proprietà su base paritetica di Gazprom e l'italiana dell'ENI, trasporta circa 10 miliardi di metri cubi di gas tramite i due rami che hanno una capacità di 8 miliardi di metri cubi ciascuno. Costruire un "Blue Stream 2" sembrerebbe molto più un accordo su base politica, essendo stato rilanciato proprio dopo che la Turchia è diventata uno dei firmatari del progetto Nabucco ed è ripresa la guerra del transito con l'Ucraina infuriata a inizio anno. Non a caso, la Turchia ha minacciato di ritirarsi dal progetto Nabucco qualora non vengano riaperti i negoziati di adesione all'Unione Europea. Per tale motivo, il Blue Stream 2, come pure il South Stream, è lo specchio del conflitto del gas tra la Russia, l'Ucraina e l'Europa.