Torna a far discutere il controverso caso Ferrayé che ha svelato il vero volto del Kuwait Gate, e dello scandalo Oil For Food, direttamente legato a quello definito come caso Clearstream. Marc-Etienne Burdet, uno dei protagonisti dell'Affaire Ferrayé, è stato rilasciato dal Tribunale Federale svizzero, lo scorso 2 novembre dopo 56 giorni di sciopero della fame, per protestare della sua ingiusta detenzione. L'accusa a capo di Burdet è di "calunnia qualificata" avendo accusato i giudici svizzeri chiamati a seguire il processo di Joseph Ferrayé, di "massoneria e mafia" per rispondere alle pressioni e ai reiterati abusi di potere per nascondere i propri crimini di corruzione e favoreggiamento.
Marc-Etienne Burdet, stretto collega di Joseph Ferrayé con il quale ha condiviso la tragica avventura del Kuwait Gate, deve rispondere delle accuse di attentato all'onore depositate dal notaio ginevrino Pierre Mottu, dinanzi ad un tribunale che è in grave conflitto di interesse, essendo esso stesso implicato nel processo Ferrayé. Senza un ragionevole motivo è stato arrestato con un atto arbitrario e con un palese abuso di potere, privandolo della propria libertà per oltre 22 mesi, una pena che terminerà solo l'11 maggio del 2009. Il giudizio che ha portato all'arresto è stato condotto in maniera illegale, poiché effettuato in tempi brevissimi, "di chiamata al Popolo", attraverso la semplice nomina del difensore di Burdet , senza dare la possibilità di preparare la difesa, in violazione della Convenzione europea dei Diritti dell'uomo e delle Costituzioni Federali e Cantonali. Al momento si tratta di uno stato di libertà provvisoria, in attesa che il Tribunale Federale esamini il ricorso presentato da Marc-Etienne Burdet contro una detenzione in palese violazione della Convenzione europea dei Diritti dell'uomo (CEDH) .
Ci si chiede ora perché un tribunale ha reagito così, proprio durante il processo di Ferrayé che aveva denunciato la truffa di cui è stato vittima. Perché questo "tribunale" ha mentito? Per rispondere a tale domanda occorre fare un breve passo indietro e ricordare qual è stato il ruolo della giustizia svizzera all'interno del Caso Ferrayé.
Dopo l’incendio dei pozzi del Kuwait, nel 1991 Joseph FERRAYE progetta due sistemi rivoluzionari di estinzione per asfissia del fuoco e di blocco del petrolio: questi due sistemi erano la chiave di un piano premeditato, elaborato mesi prima dell'invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam, al fine di estinguere gli incendi e recuperare senza sprechi l'oro nero. Tuttavia, le lobbies petrolifere, in collusione con i governi degli Stati direttamente coinvolti nelle operazioni militari, si appropriano dei brevetti, estromettendo Ferrayé, nonché dei fondi stanziati dal Governo del Kuwait per il recupero del petrolio. Parliamo di oltre 34 miliardi di dollari, che i principi del Kuwait hanno pagato mediante il petrolio irakeno, che sono stati deviati e occultati attraverso un sistema piramidale costituito da Banche, stanza di clearing e paradisi fiscale, che porterà così alla completa scomparsa dei fondi dal circuito bancario. In tale contesto si innesta non a caso il progetto dell'ONU “Petrolio Contro Cibo” come mezzo di riciclaggio dei petrodollari. L’operazione viene portata a termine grazie a due avvocati di Ginevra, Marc Bonnat e Warluzel, e un notaio, Sirven che per il gran servigio prestato allo Stato gli è valso la nomina da parte di Chirac di cavaliere della Legione di onore in qualità di dirigente della ELF, mediante la quale, infatti, una grande parte dei fondi è stata occultata. Joseph Ferrayè e i suoi colleghi si trovano dunque costretti ad attaccare i propri truffatori per difendersi dalle pressioni provenienti da diverse entità, denunciando apertamente la truffa di cui sono stati vittima
Marc-Etienne Burdet, stretto collega di Joseph Ferrayé con il quale ha condiviso la tragica avventura del Kuwait Gate, deve rispondere delle accuse di attentato all'onore depositate dal notaio ginevrino Pierre Mottu, dinanzi ad un tribunale che è in grave conflitto di interesse, essendo esso stesso implicato nel processo Ferrayé. Senza un ragionevole motivo è stato arrestato con un atto arbitrario e con un palese abuso di potere, privandolo della propria libertà per oltre 22 mesi, una pena che terminerà solo l'11 maggio del 2009. Il giudizio che ha portato all'arresto è stato condotto in maniera illegale, poiché effettuato in tempi brevissimi, "di chiamata al Popolo", attraverso la semplice nomina del difensore di Burdet , senza dare la possibilità di preparare la difesa, in violazione della Convenzione europea dei Diritti dell'uomo e delle Costituzioni Federali e Cantonali. Al momento si tratta di uno stato di libertà provvisoria, in attesa che il Tribunale Federale esamini il ricorso presentato da Marc-Etienne Burdet contro una detenzione in palese violazione della Convenzione europea dei Diritti dell'uomo (CEDH) .
Ci si chiede ora perché un tribunale ha reagito così, proprio durante il processo di Ferrayé che aveva denunciato la truffa di cui è stato vittima. Perché questo "tribunale" ha mentito? Per rispondere a tale domanda occorre fare un breve passo indietro e ricordare qual è stato il ruolo della giustizia svizzera all'interno del Caso Ferrayé.
Dopo l’incendio dei pozzi del Kuwait, nel 1991 Joseph FERRAYE progetta due sistemi rivoluzionari di estinzione per asfissia del fuoco e di blocco del petrolio: questi due sistemi erano la chiave di un piano premeditato, elaborato mesi prima dell'invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam, al fine di estinguere gli incendi e recuperare senza sprechi l'oro nero. Tuttavia, le lobbies petrolifere, in collusione con i governi degli Stati direttamente coinvolti nelle operazioni militari, si appropriano dei brevetti, estromettendo Ferrayé, nonché dei fondi stanziati dal Governo del Kuwait per il recupero del petrolio. Parliamo di oltre 34 miliardi di dollari, che i principi del Kuwait hanno pagato mediante il petrolio irakeno, che sono stati deviati e occultati attraverso un sistema piramidale costituito da Banche, stanza di clearing e paradisi fiscale, che porterà così alla completa scomparsa dei fondi dal circuito bancario. In tale contesto si innesta non a caso il progetto dell'ONU “Petrolio Contro Cibo” come mezzo di riciclaggio dei petrodollari. L’operazione viene portata a termine grazie a due avvocati di Ginevra, Marc Bonnat e Warluzel, e un notaio, Sirven che per il gran servigio prestato allo Stato gli è valso la nomina da parte di Chirac di cavaliere della Legione di onore in qualità di dirigente della ELF, mediante la quale, infatti, una grande parte dei fondi è stata occultata. Joseph Ferrayè e i suoi colleghi si trovano dunque costretti ad attaccare i propri truffatori per difendersi dalle pressioni provenienti da diverse entità, denunciando apertamente la truffa di cui sono stati vittima
Marc-Etienne Burdet così ha denunciato alcuni giudici del Cantone di Vaud per truffa e complicità di truffa con i personaggi indicati direttamente dalle prove presentante. Per mettere così a tacere le accuse contro il notaio ginevrino Pierre Mottu, autore di atti notarili falsi e dissimulati al fine di commettere il furto ddi royalties e di brevetti, il Tribunale di Montnemon à Losanna ha deciso di arrestarlo "per impedire l'imputato di nuocere all'interesse pubblico" . Questa dunque la risposta di un tribunale dello Stato della Svizzera, nei confronti di un cittadino che denuncia la corruzione di giudici e di notai che commettono gravi crimini finanziari e giudiziari.
Ai danni di Ferrayé sono state poste in essere una serie di operazioni volte a prendere il controllo dei brevetti utilizzati per l'estinzione dei pozzi del Kuwait, e deviare così le royalties sui Brevetti. Pierre Mottu ha redatto delle decine di convenzioni e ha contribuito a mettere in piedi 5 società per deviare i miliardi che ritornavano a Joseph Ferrayé, ma i giudici svizzeri affermano che "il notaio Mottu non era responsabile degli atti commessi, in quanto eseguiva semplicemente le direttive dei suoi soci". Marc-Etienne Budet tuttavia sottolinea la grave complicità dei giudici con il notaio Mottu, e probabilmente con gli atti e le operazioni che aveva portato a termine, ricordando che l'ultima seduta del processo in seguito al quale è stato tratto in arresto, era giunta una testimonianza del socio di Pierre Mottu, il Notaio parigino Eric de l'Aja St-Hilaire, il quale dichiara che "era stato deciso di ricorrere ad un notaio in Svizzera, per il semplice motivo per cui si era scoperto che importanti somme destinate a Ferrayé erano stati versati su dei conti bancari in Europa e particolarmente in Svizzera". Stranamente lo stesso notaio ha elaborato "su ordine dei soci" uno stratagemma così complicato di convenzioni e atti che sono così a sottrarre i fondi di Ferrayé.
Ai danni di Ferrayé sono state poste in essere una serie di operazioni volte a prendere il controllo dei brevetti utilizzati per l'estinzione dei pozzi del Kuwait, e deviare così le royalties sui Brevetti. Pierre Mottu ha redatto delle decine di convenzioni e ha contribuito a mettere in piedi 5 società per deviare i miliardi che ritornavano a Joseph Ferrayé, ma i giudici svizzeri affermano che "il notaio Mottu non era responsabile degli atti commessi, in quanto eseguiva semplicemente le direttive dei suoi soci". Marc-Etienne Budet tuttavia sottolinea la grave complicità dei giudici con il notaio Mottu, e probabilmente con gli atti e le operazioni che aveva portato a termine, ricordando che l'ultima seduta del processo in seguito al quale è stato tratto in arresto, era giunta una testimonianza del socio di Pierre Mottu, il Notaio parigino Eric de l'Aja St-Hilaire, il quale dichiara che "era stato deciso di ricorrere ad un notaio in Svizzera, per il semplice motivo per cui si era scoperto che importanti somme destinate a Ferrayé erano stati versati su dei conti bancari in Europa e particolarmente in Svizzera". Stranamente lo stesso notaio ha elaborato "su ordine dei soci" uno stratagemma così complicato di convenzioni e atti che sono così a sottrarre i fondi di Ferrayé.
La truffa del Kuwait Gate, come confermato dallo stesso Marc-Etienne Burdet, ha messo in evidenza come circa 13'000 società registrate, nonché la nostra economia, sono oggi sotto il controllo di un'organizzazione criminale che rappresenta una vera macchina di riciclaggio e occultamento di denaro. Possiamo chiamarla "globalizzazione", "frode" o "corruzione", ma in realtà è il crimine invisibile costruito con le armi stesse delle leggi, con gli strumenti della democrazia e i rappresentanti del popolo. L'approvvigionamento energetico della nostra economia, le materie prime, la grande distribuzione, l'industria e la scienza, sono sotto il controllo di un'entità criminale invisibile, che ha incatenato il sistema giudiziario, la politica e i media.