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14 novembre 2007

Lontana la rivoluzione energetica degli Stati


Presentato al World Energy Council l'analisi del "Deciding the future: energy policy scenario to 2050", dal quale emerge che la domanda mondiale di energia raddoppierà prima del 2050 e per affrontare questa massiccia richiesta, proveniente soprattutto dalle aree del mondo emergenti, occorrerà pianificare una vera e propria strategia. Tre sono le forme teorizzate dal prospetto, contemplando cooperazione bilaterali tra i governi, sotto forma di trattati e accordi internazionali, partnership pubblico-privato sui singoli progetti e una rete di accordi a livello di singola impresa. In relazione alle soluzione prospettate, sono state delineate diversi scenari che vedranno in primo piano i governi e le società energetiche come principali controparti. Ciò implica che, sebbene si avvicini la crisi energetica, le proposte provenienti dagli Stati ruotano sempre intorno a schemi di potere e di collaborazione ormai vecchi, che hanno trascinato il mondo in una guerra perpetua, sotto il gioco dei ricatti delle grandi multinazionali padroni delle fonti di energia e degli Stati che impongono il loro dictat armato. L'orientamento di base imposto a livello mondiale, si riflette anche sulla politica energetica della Comunità Europea che si ripercuoterà sulle strategie di approvvigionamento dei singoli Stati Europei . L'Europa infatti ribadisce i cinque pilastri sulla quale si baseranno le direttive alle quali occorre far riferimento, tra i quali il raggiungimento dell'efficienza energetica per un risparmio intorno al 20% dell'attuale utilizzo, l'aumento dell'energia rinnovabile e l'utilizzo di biofuel, la progettazione degli idrocarburi puliti, rafforzare il mercato del carbone dell'EU, stabilire un mercato energetico aperto e competitivo. Tale ultimo obiettivo passa senz'altro attraverso lo scorporo della rete di approvvigionamento e di produzione da quella della distribuzione, stabilendo delle regole volte a "deregolamentare" il mercato dell'energia, tale che sia sempre più accessibile agli operatori esterni, oltre ad aumentare gli investimenti nella rete e nelle infrastrutture. La creazione di un mercato interno deregolamento facilita così anche i rapporti di collaborazione e investimento transnazionale, soprattutto con i Paesi fornitori di energia.



Ancora una volta, il piano energetico dell'Unione Europea non si smentisce e sottolinea come acquisisca un'importanza primaria il "mercato energetico" e non la "politica energetica" fatta anche di scelte risolutive che possono cambiare un sistema che non porta all'autosufficienza degli Stati ma alla trasformazione della loro popolazione in una massa di utenti. Su tali premesse, non è possibile instaurare dei rapporti bilaterali tra gli Stati che siano diversi dal rapporto "fornitore-utente": parole queste utilizzate dallo stesso Presidente Vladimir Putin che definisce la Russia un fornitore non insolvente nei confronti del suo bacino di utenza europeo. La creazione di questo tipo di collaborazioni trascina i governi in un circolo vizioso che ha portato sino ad oggi ad un totalitarismo invisibile a cui devono sottostare gli Stati che rappresentano delle pedine strategiche fondamentali per il benessere della comunità. Ricatto ed ostruzionismo sono i mezzi che vengono utilizzati per piegare la volontà degli Stati dissidenti o che sono un po' restii ad accettare le condizioni imposte. Conosce bene tale condizione l'Ucraina, che vede la sua sopravvivenza economica legata ad un filo diretto con la Russia, pronta a chiudere i rubinetti ogni qual volta che "occorre riformulare il prezzo degli accordi di scambio".

Nella stessa situazione si trova anche l'Albania, che subisce il continuo sabotaggio del sistema energetico, con l'erogazione di energia elettrica solo per poche ore durante la giornata: la situazione viene esasperata al punto tale che il popolo albanese non avrà la forza di opporsi alla costruzione di centrali elettriche e nucleari, di rigassificatori e di gasdotti sotterranei. Il Governo albanese è pronto a costruire il primo impianto nucleare, presso la città di Durazzo, una volta che sarà ratificato l'accordo con la società energetica della Westinghouse e l'italiana Camuzzi. Il Primo Ministro Sali Berisha , che è stato anche l'inaspettato ospite d'onore del Congresso Energetico tenutosi a Roma, ha affermato che saranno presto approvate una serie di leggi volte a regolamentare le misure di sicurezza da porre in essere per la costruzione e lo smaltimento delle scorie prodotte. Rappresenta questo per il Governo albanese, un importante investimento che dovrebbe trasformare l'Albania in un importante produttore di energia elettrica da esportare verso gli Stati vicini, in particolare verso l'Italia. Quest'ultima si riconferma quindi uno dei principali partner nel settore energetico, legati da rapporti che verranno presto suggellati dalla visita ufficiale di Romano Prodi a Tirana che avrà come scopo quello di discutere della costruzione di tale stabilimento nonché degli accordi per la fornitura di energia e di risorse tecnologiche.
Il progetto è stato già aspramente criticato dalla vicina Grecia che non sarà certo disposta ad accettare una centrale atomica nei pressi del proprio territorio, senza che il suo Stato possa beneficiare dell'energia prodotta. Occorre infatti sottolineare che l'impianto nucleare sarà destinato principalmente e fornire energia per l'esportazione, e non per garantire autosufficienza allo Stato albanese, dopo che centinaia di piccole imprese. Tuttavia il progetto è stato presentato come "una storica svolta" che consentirà di risolvere tutti i problemi dell'Albania, per poi divenire una piccola superpotenza per l'esportazione dell'energia.
Non dimentichiamo infatti che il Governo albanese ha già firmato un accordo per la realizzazione del progetto TEC nel porto di Valona, da parte del consorzio italiano Maire Engineering, composto dalle società Ansaldo e Tecnomod, per un costo totale di 110 milioni di dollari. La termocentrale sarà, tuttavia, una delle fonti principali di energia per il gasdotto AMBO che dovrebbe collegare Burgas-Valona. Nella stessa area si prevede un'area di stoccaggio del greggio, un nuovo porto specifico per le petroliere e la costruzione di una raffineria. La Banca Mondiale è il principale investitore nel progetto e da tempo ha accordato il prestito nonostante i cittadini di Valona abbiano firmato centinaia di petizioni per impedire che sia violata la laguna della zona circostante.
Quello di Berisha rappresenta un progetto in grande stile, che drogato dai finanziamenti di Istituzioni internazionali come la Bei, la Birs e la Banca Mondiale, va o a sacrificare la propria popolazione per investire in progetti destinati soprattutto a produrre energia per i Paesi circostanti, e non a colmare il deficit energetico interno. E' da notare inoltre che l'Albania, ancor prima di entrare in Europa, faccia parte del programma della Commissione Mondiale Nucleare e già da tanto tempo ha in custodia le scorie “nucleari” degli altri paesi europei, trasformandosi in un "campo di immondizia nucleare” dei Balcani.

L'Energia nucleare è divenuta, dunque, nelle mani dei burocrati europei uno strumento per raggiungere l'indipendenza energetica, mentre dinanzi al Consiglio di Sicurezza dell'ONU è ancora all'esame la questione iraniana, per negare il diritto all'utilizzo di un'energia che porta "distruzione e terrorismo" e può provocare la destabilizzazione degli equilibri di potere. “In un mondo che affronta una crescente sete di energia, abbiamo tra le mani l’energia nucleare: una risorsa formidabile per costruire un futuro sostenibile per l’energia", è quanto ha affermato Anne Lauvergeon, presidente e CEO di Areva, compagnia francese per l’energia nucleare. Il nucleare viene dunque riproposto come soluzione di lungo termine alla crisi energetica , essendo "un' energia a bassa produzione di carbone, che consente di standardizzare il costo della produzione di elettricità perché è basato sull’uranio che è disponibile dovunque nel mondo, ed è facile da produrre all’interno di spazi limitati". Si evidenzia dunque una grande contraddizione di fondo, che lancia su tale Congresso Mondiale dell'Energia dei terribili dubbi. L'energia rappresenta ancora un'arma di ricatto per assicurare un controllo geopolitico, non è più un bene sovrano degli Stati, così come ha smesso di essere uno strumento per garantire sicurezza e libertà alla popolazione. Oggi si ragiona sempre con un'ottica di controllo, di governance, di contratti e di utenza, mentre si continua a combattere una guerra invisibile che vuole condurre i popoli alla schiavitù.