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18 gennaio 2007

Il trucco di Kyoto che creerà un business per i petrolieri


Il grande business del gas pare non abbia fine, e dopo il balzo in rialzo dei prezzi per l'esportazione grazie alla guerra delle negoziazioni, Gazprom entra nel mercato dei certificati verdi di Kyoto.
Il gruppo energetico Gazprom, attraverso la sua associata Gazprombank, ha concluso un importante joint venture con la banca Dresdner per investire nei progetti che generano crediti di emissione nella cornice dei meccanismi previsti dal protocollo di Kyoto e del mercato europeo delle Emission Trading (ETS).

Il mercato dell'energia così come è stato impostato sarà esso stesso un mercato finanziario che attira capitali, speculazioni e guadagni in virtù di meccanismi tecnici, come quello che può essere il mercato delle emission trading. Infatti, come stabilito dalla direttiva per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra, che recepisce a sua volta il protocollo di Kyoto, un Paese industrializzato ha la possibilità di vendere ad un altro i diritti di emissione in eccesso che derivano da una riduzione dell'inquinamento oltre la soglia che si è impegnato a rispettare. Le quote che eccederanno la percentuale di inquinamento consentita potranno essere negoziate all'interno di un vero e proprio mercato, e potranno essere acquistati da coloro che hanno un deficit di inquinamento. Questi meccanismi flessibili previsti dal Trattato di Kyoto, e ammessi dalla Carta Europea dell'Energia e dalla programmazione europea per l'energia, si basano sulla teoria secondo la quale l'inquinamento si compensa nel suo globale con una riduzione delle emissioni in un'altra regione del mondo, un principio che riflette la teoria dell'entropia. E così grazie alle cdd. Joint implementation, che prevedono la concessione di un credito per la realizzazione di un progetto da parte di un paese "inquinante" in un altro paese, la costruzione di una centrale nucleare o di una centrale a gas, si potrebbero guadagnare ulteriori diritti ad inquinare.

Allo stato attuale la Russia che ha ratificato il testo internazionale nel 2005, è in grado di "vendere" ai gruppi occidentali dei diritti di emissione che corrispondono agli investimenti realizzati sul suo proprio territorio per limitare la produzione di gas ad effetto serra (globali), come ad esempio impianti di sfruttamento del gas. La Russia ha migliorato la sua efficienza energetica dell'11% per un guadagno di oltre 10 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi sarebbero attribuibili alla Gazprom grazie al miglioramento dell'efficienza produttiva dei suoi impianti.
Il programma di investimento della Gazprom è già partito, mediante l'acquisizione di una molteplicità di aziende russe per l'estrazione di metano, per poi partire con un piano di espansione degli impianti e degli oleodotti da 70 miliardi di dollari. Parte di tale budget è stato destinato alla Royal Ducht/Shell per l'acquisizione del 50% di Sakhalin.2, il più grande progetto al mondo per la produzione di gas liquefatto; un'altra parte alla costruzione di un gasdotto che collega direttamente Russia e Germania nonché allo sfruttamento industriale del giacimento dello Shtokman. Sarà una vera macchina da guerra quella che Gazprom sta costruendo, attirando su di sé capitali provenienti da ogni parte del mondo e mobilitando le più importanti Banche d'affari. Basti pensare che oltre il 18% del mercato russo delle attività di finanziamento delle fusioni è in mano alla Jp Morgan, e altri saranno pronti ad investire.
Il trucco che si nasconde dietro Tokyo è stato subito colto da Gazprom che ha saputo subito introdursi nel meccanismo e domarlo a proprio piacere, per produrre altro business: speculazioni su speculazioni. L'esempio di Gazprom calza perfettamente, e con un grande paradosso, spiega come questo quadro normativo dell'efficienza energetica è stato studiato proprio per favorire, ancora una volta, le lobbies del petrolio. Kyoto, come la Carta Europa dell'Energia, non porteranno alla risoluzione del problema dei gas serra né allo sperato sviluppo delle energie alternative, perché non hanno margini di utili paragonabili a quelli che si potrebbero ottenere con gli impianti nucleari o a gas. Questi ultimi, oltre a rappresentare la fonte di energia più redditizia al momento, consentono di ammortizzare parte dei costi proprio in virtù di questi meccanismi di compensazione dell'inquinamento.
L'impostazione di fondo che è stata data al sistema energetico è senz'altro profondamente sbagliata, perché non ha alla base un'impostazione ambientalista o scientifica, ma prettamente economica e speculativa, perché segue gli stessi principi che regolano un mercato di transazioni mobiliari. Apre infatti un mercato di investimento per le stesse grandi società del petrolio, che saranno ulteriormente incentivate a migliorare e ad estendere i loro impianti produttivi, o a sviluppare energia nucleare, ma non a sviluppare tecnologie alternative votate al cambiamento dei modelli di consumo e di risparmio energetico.