Vladimir Putin fa il suo bilancio e denuncia la corsa agli armamenti dei Paesi Occidentali, nel timore che possa minacciare la stabilità futura della Russia. Nelle sue parole una forte enfasi sulle nuove conquiste della Russia e sulle minacce "militari" che incombono sulla Russia, lanciando di risposta un monito alle forze occidentali che cercano di influire in maniera invisibile sulla politica interna russa con subdole interferenze allo scopo di controllare le risorse energetiche del Paese.
L'ultimo discorso di Vladimir Putin presso il Consiglio di Stato come Presidente, prendendo la parola nella veste solenne del Cremlino davanti ai più alti funzionari politici russi, ministri e governatori, ha presentato la strategia della Russia e le sfide che occorrerà cogliere alle soglie del 2020, aprendo così la campagna elettorale per il suo erede Dmitri Medvedev. Una cornice strategica all'interno della quale la "nuova spirale degli armamenti" in cui gli Stati si preparavano ad entrare, rappresenta una vera metafora dell'attuale situazione politica ed economica degli Stati. Infatti mentre la Nato e l'Unione Europea si spingono sempre più oltre i confini dell'Europa Orientale e del Vicino Oriente, con nuove installazioni missilistiche e basi militari, la Russia deve prepararsi ad introdurre delle nuove armi, più sofisticate di quelle possedute dagli altri Stati per rendere lo Stato autosufficiente e sempre meno dipendente dalle importazioni esterne di tecnologie. Una corsa agli armamenti "indotta" da forze esterne, per spingere così la Russia a rispondere in ugual misura, cominciando proprio dalla mancata ratifica del Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa (CFE).
Il reciproco desiderio di prevalere ha creato quello che Putin definisce un circolo vizioso, molto pericoloso che potrebbe portare caos e conflitti tra l'Occidente e la Russia, fino a risvegliare i rancori di una Guerra Fredda che non è mai finita. A sciogliere tale enigma, è lo stesso Putin ricordando che ciò che preoccupa più di ogni altra cosa gli Stati è "l'odore di gas e petrolio", che detta le regole e le leggi dei conflitti internazionali. Questa potrebbe essere la vera nuova arma che Mosca sarà pronta a sfoderare per piegare la volontà politica degli Stati che minacciano direttamente e indirettamente gli interessi della Russia. E così, in calce al suo monologo percepito da Washington come una chiara minaccia alla Nato e ai Paesi che vi partecipano, avverte l'Ucraina dicendo che sarà esposta a contromisure drastiche se non pagherà i suoi debiti nei confronti di Gazprom. Un monito che è rivolto anche all'Europa, considerando che l'Ucraina rappresenta un passaggio obbligato dei gasdotti che servono il mercato europeo: l'interruzione della fornitura di gas nei confronti dello Stato ucraino si traduce automaticamente in un parziale blocco dell'erogazione di carburante anche nei confronti dell'Europa.
È la Gazprom, dunque, l'arma non convenzionale della Russia, essendo riuscita a riportare a risollevare l'economia di un'intera nazione, sin dall'inizio del suo crollo. Infatti, all'alba della fine del comunismo in Russia, Viktor Chernomyrdin decise di creare la Gazprom all'oscuro del Ministro del Gas, Egor Gaidar, ben sapendo che il vecchio sistema di Governo della Russia stava cadendo a pezzi, e che con il crollo del potere centrale vi sarebbe stato lo sgretolamento di ogni struttura che faceva ad esso capo. È stata così fondata una società petrolifera con una organizzazione più complessa e una struttura colossale che aveva l'ENI come modello, ma che tuttavia non era una società del Tesoro Russo e che dipendesse direttamente dalle sorti del Governo e della Nazione stessa. Quando la URSS cessò di esistere, la Gazprom rimase in piedi come società compartecipata dallo Stato Russo e da entità private, nelle cui mani fu rimesso il potere di creare una nuova classe dirigente che avrebbe guidato lo Stato. Da allora fu guerra aperta tra il Cremlino e la Gazprom, che, dopo essere stata creata all'interno dello Stato russo come società per azioni, doveva ridiventare statale per servire gli interessi della nazione. La dirigenza di Putin ha completato le ultime fasi del programma concepito negli anni '80 da Chernomyrdin, e ha consacrato nelle mani del Cremlino una delle più grandi società petrolifere a controllo dello Stato che sia mai esistita. Alla sua influenza e al suo potere Putin rimette il futuro di quella nazione che ha contribuito a far rinascere, con tutte le sue contraddizioni e i suoi problemi, ma con un bilancio finale che dipinge un'economia che ha pagato i propri debiti e resta ferma dinanzi al terremoto degli altri Stati.
Intorno al potere della Gazprom oggi ruotano le vecchie e le nuove alleanze. In tale ottica va letto infatti l'incontro tra il Primo Ministro polacco Donald Tusk, in visita a Mosca, e il Presidente Putin. Un incontro per discutere delle sorti dello scudo antimissilistico in Polonia ma anche del progetto russo-tedesco del gasdotto Nord Stream. Partecipato da Gazprom per il 51%, e dai gruppi tedeschi Eon e BASF, e dall'olandese Gasunie, il consorzio del Nord Stream è coordinato dall'ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder ed è destinato ad instradare il gas del Mar Baltico che, aggirando la Polonia, andrebbe a servire direttamente il mercato europeo. Tusk così chiede di ridiscutere il tracciato del Nord Stream e di sposare un progetto battezzato "Amber" che dovrebbe attraverso l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Polonia e la Germania. Putin si dichiara, tuttavia molto sfavorevole ad un progetto ritenuto inaccettabile per la Russia, mentre Tusk deve ammettere di aver fallito nel suo tentativo di dissuadere la Russia . Il Cremlino così impone la sua volontà a Varsavia, riconoscendole senza alcun problema il diritto ad ospitare le installazioni missilistiche statunitensi, ma negandole la possibilità di avere uno sbocco diretto sulle pipeline del gas russo.
È questa dunque l'arma a doppio taglio nelle mani della Russia, che ironizza "sulla corsa agli armamenti" per poi rilanciare una carta vincente che ribalta la situazione e rivela lo scopo di tanta propaganda militare. Non dimentichiamo che l'economia russa è tra le poche che non è stata colpita dalla cosiddetta crisi finanziaria dei subprimes, né dalla crisi dei derivati e dei collaterali, e la stabilità della sua moneta è garantita sempre più dalle sue riserve energetiche. Una superiorità che traspare con molta evidenza dai mercati internazionali e che inevitabilmente ha un impatto anche sul piano politico. Come ha ricordato il Vice Primo Ministro russo Serghei Ivanov, intervenendo a Monaco di Baviera alla Conferenza internazionale sulla Sicurezza, "la Russia non cerca un confronto aperto con gli Stati Uniti" , "né sarà una minaccia alla sicurezza degli altri paesi", ma "la sua influenza continua ad aumentare". "Non abbiamo come obiettivo quello di ricomprare tutta la Vecchia Europa coi nostri petrodollari", sottolinea il Ministro russo, "i paesi europei continuano a parlare di liberalizzazione dei propri mercati" nei confronti degli investimenti russi, che tuttavia sono stimati ancora su un rapporto di 1 a 10. Allo stesso tempo, Serghei Ivanov ribadisce l'opposizione di Mosca nei confronti della secessione del Kosovo e della missione della Ue, ritenute delle decisioni che scavalcano il volere degli Stati Uniti e vanno al di là del diritto internazionale. Facendo ricorso al suo diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, il Cremlino minaccia di fermare ogni operazione che costituisce un pericolo per gli equilibri internazionali. La Russia si prepara così a divenire la vera antagonista degli Stati Uniti, e così della cd. Comunità Internazionale, fatta dalla Nato e dal Fondo Monetario Internazionale, per imporre un equilibrio sulla scena Internazionale. D'altro canto, è evidente che il processo in corso, che porta alla dipendenza dell'Europa rispetto alla Russia, è inarrestabile e il suo esito è inevitabile: le dichiarazioni suicide dei nostri politici in questo momento sono solo aria al vento e non oltre 15 giorni Paesi come l'Italia annunceranno i rincari di benzina ed energia, per continuare a spingere al rialzo fino a quando saremo disposti ad accettare le condizioni imposte.