Scoperto un traffico di banconote e monete fuori corso tra Torino e Zurigo, per un valore di circa trenta milioni di euro. Si tratta di milioni di banconote emesse da Banche Svizzere su commissione del Governo irakeno nel 2002, rimaste nelle securities della Svizzera anche dopo l’invasione degli Stati Uniti e del crollo di Saddam Hussein, definite "Swiss dinar". Dal traffico di monete partono canali di finanziamento verso organizzazioni terroristiche provenienti da Banche Svizzere e italiane, e ancora riciclaggio di denaro e ricapitalizzazioni di società o banche.
Gli agenti del distretto antimafia di Torino, sulla scia dell’indagine già in atto in Svizzera, hanno scoperto un traffico di monete non valide per circa trenta milioni di euro. Si tratta di milioni di banconote emesse da Banche Svizzere su commissione del Governo irakeno nel 2002, rimaste nelle securities della Svizzera anche dopo l’invasione degli Stati Uniti e del crollo di Saddam Hussein. Dopo la scomparsa del dittatore irakeno, le banconote denominate "Swiss dinar" diventano un tesoro nelle mani di brokers e dei fiduciari svizzeri, che creano nelle piazze internazionali un traffico di dinari irakeni vecchi quanto pregiati. Nelle pieghe dell’inchiesta "White Horse", viene individuata l’esistenza dei canali di finanziamento verso organizzazioni terroristiche provenienti da Banche Svizzere e italiane, che accettano i dinari e garantiscono aperture di credito, finanziamenti e ricapitalizzazioni di società o banche.Nella rete di traffico di monete vengono coinvolti personaggi illustri, alti dirigenti e funzionari di Banche, tra cui la Credem di Parma, ma anche l’ex presidente di un ente pubblico di Torino.
Oggetto delle vendite non erano solo i dinari irakeni, ma anche pesos argentini, dinari croati, marchi ex Ddr, e lire italiane fuori corso. Circa 32 milioni di banconote, dal valore nominale di 800 milioni di dinari sono stati scambiati per 6 volte il loro valore, per un traffico di oltre 30 milioni di euro che si trasformano in miliardi attraverso il circuito bancario, vista la velocità di circolazione di titoli e capitali. Il lavoro più sporco viene fatto proprio dalle banche che, secondo gli atti d’accusa, "compivano attività dirette al trasferimento di denaro che per le modalità dell’offerta (quantitativi esorbitanti, anche in giacenza estera) è di origine non documentata ovvero artefatta attraverso una documentazione appositamente predisposta al fine di attestarne l’origine lecita e della riservatezza delle trattative, non potevano che provenire da un delitto". In altre parole, si tratta proprio di certificati valutari accompagnati da perizie e documentazione sottoscritta da studi legali e notarili che comprovano la validità e il valore delle monete e vanno ad accreditare la truffa ed irretire investitori e risparmiatori sprovveduti. L’imbroglio è sempre ben congeniato, e a cadere nella ragnatela sono sempre privati o imprenditori che si affidano a broker o alle loro stesse banche, nella speranza di chiudere con poche operazioni un affare milionario, senza sapere che in questo modo alimentano un circolo vizioso di istituti di credito ormai nel più totale fallimento. Inchiesta ha portato alla luce ancora una volta un traffico illecito di prodotti finanziari, confermando che il mercato italiano è il centro distributivo per eccellenza delle piazze svizzere.
Ormai l’Italia è invasa come un cancro da questo tipo di truffe, sconosciute alla massa e alla maggioranza, ma ben nota ai banchieri che in mala fede consigliano ai propri clienti queste "soluzioni di investimento". Si continua ad indagare, per esempio, sullo scandalo dei derivati, che ha truffato lo Stato stesso e le amministrazioni locali, dopo che hanno investito i soldi dei contribuenti e i fondi statali in pacchetti finanziari poi crollati a picco. Un cattivo investimento che tuttavia ha messo in pericolo anche la stabilità finanziaria di aziende e multiutilities che gestiscono importantissimi servizi pubblici: le conseguenze infatti sono state disastrose, mettendo addirittura in discussione la possibile privatizzazione delle società. Ora invece scoppia il caso delle valute "inesistenti" - perché solo così possiamo definirle - e chissà quant’altri strumenti della "finanza creativa si inventeranno", per salvare dal fallimento banche e società. Secondo le nostre fonti, in questo momento il mercato svizzero è in possesso anche di un’incredibile quantità di banconote denominate in valuta coreana Won, offerta per un valore del 10% rispetto al prezzo reale: una grande speculazione che si prepara ad avere un forte contraccolpo sugli stessi mercati asiatici. Un’operazione che è pronta a deflagrare non appena i mercati europei continueranno a vacillare, e sorgerà la necessità di reperire nuovi capitali e nuove risorse per prolungare l’agonia finale.