
Vista la mole dell’opera, che probabilmente occuperà circa 2400 kmq di territorio, ha sollevato le proteste di Estonia, Polonia, Svezia e Finlandia, che hanno espresso tutte le loro riserve ipotizzando che la costruzione e lo sfruttamento del gasdotto erano suscettibili di arrecare dei gravi danni all'ambiente naturale. Riserve che sono state poi riportate dal progetto di legge dall’euro-parlamentare polacco Marcin Lipicki, esprimendo la più totale contrarietà nei confronti di un progetto che rendeva l’Europa completamente dipendente dalla Russia. Secondo gli esperti, tuttavia, la forte opposizione polacca derivava dal suo timore di perdere il ruolo centrale di crocevia per il trasporto nell’Europa Centrale, essendo essa stessa promotrice di un progetto volto ad aggirare le fonti russe. Il progetto, da una parte è stato valutato come sistema di ampia dimensione strategica e politica, sia per l'UE che per la Russia, e dall’altra viene temuto perché potrebbe alterare l’equilibrio del mercato interno. Sottolineando che l'area del Baltico è patrimonio comune dei paesi che vi si affacciano e "non una questione attinente alle relazioni bilaterali tra gli Stati", l’Europarlamento dunque si oppone all'attuazione del progetto nella versione proposta "senza che si disponga preliminarmente di una valutazione dell'impatto ambientale positiva" ed invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a garantire che la costruzione del gasdotto Nord Stream sia conforme alla legislazione dell'UE. Chiede inoltre che il consorzio Nord Stream, esamini "dei tracciati alternativi a quello che è stato scelto".
Tuttavia la problematica ambientale non è la sola opposizione sollevata. Al centro della risoluzione vi è anche il principio di reciprocità tra i due Stati, che deve essere rispettato "qualora l'interdipendenza tra l'UE e la Russia si sviluppi in un partenariato". Precisando infatti che mentre i paesi terzi hanno libero accesso al mercato europeo, gli investitori europei non godono di simili vantaggi in Russia, rimanda alla Commissione ogni decisione per preservare la concorrenza sul mercato, ma soprattutto per "evitare che Gazprom assuma un ruolo dominante sui mercati del gas europei qualora non siano accordati alle società europee pari diritti di ingresso sul mercato energetico russo". Viene inoltre chiesto che la Russia, da parte sua, "dia prova di disponibilità per quanto concerne la cooperazione nel quadro della politica energetica europea", e dunque mostri la sua propensione alla ratifica della Carta Energetica Europea e il relativo protocollo sul transito. Aggiunge infatti che "tale ratifica ridurrà il potenziale di conflitto riguardo a progetti come Nord Stream". Questo perchè, si cerca di tenere in considerazione "gli aspetti geopolitici della dipendenza dalle importazioni e le relative possibili conseguenze delle interruzioni legate a motivi politici".
Per cui, se da una parte il Parlamento Europeo decide di bloccare il progetto russo perché ritenuto un pericolo per l’ambiente circostante, dall'altra impone di assoggettare ogni decisione al benestare della Commissione Europea e al dettato delle direttive. E così viene posta l’ennesima condizione, che subordina la realizzazione del gasdotto alla ratifica della Carta Energica, o comunque alla trasformazione dell’Europa in un attore principale, ossia non da consumatore, ma da entità decisionale dello stesso progetto. L’Europa ha infatti creato un mercato liberalizzato ma non per questo alieno da regole, se non quelle decise dal cervellone centrale.