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18 luglio 2008

Il verme delle banche nel sistema produttivo


L'ondata di fallimenti si trasferisce dalle Banche alle industrie, alla produzione e alla disoccupazione. La strategia del salvataggio in extremis continuo, pianificato dalle Istituzioni nazionali creano ancora più debito a sostegno delle istituzioni finanziarie, con la conseguenza che il crollo dell'economia finanziaria distrugge l'economia produttrice.

Dinanzi alla Camera dei Deputati, in apertura delle discussioni sul decreto legge che compone la manovra economica triennale, il Ministro Giulio Tremonti annuncia una profonda crisi economica che rischia di aggravarsi ancora di più, e certo non scomparirà ignorandola. "Siamo di fronte ad una crisi economica profonda. Metà del sistema bancario americano è stato nazionalizzato. Invece da noi c’è gente che ancora non vuole capire la gravità di quello che sta avvenendo". Parole, che sembrano annunciare gli apocalittici scenari della Crisi del ’29, ma che risuonano ora come monito dopo i tremori che provengono oltreoceano dal sistema bancario americano che ancora vacilla e comincia a trasmettere cifre impressionanti. Secondo gli analisti nei prossimi 18 mesi potremmo veder fallire circa 150 banche, dinanzi al peggioramento della crisi finanziaria degli Stati Uniti, il cui profondo malessere è stato segnato proprio dal fallimento dei giganti dei prestiti ipotecari Fannie Mae e Freddie Mac, nonché della IndyMac Bank di Pasadena. In particolare, quello di IndyMac Bank è il secondo più grande fallimento bancario della storia Stati Uniti e la quinta banca che fallisce quest'anno, che costerà ai contribuenti americani per il suo rilevamento circa 8 miliardi di dollari. Nel frattempo, le bank-stock sono crollate a piombo lunedì con ribassi ai minimi storici dal 1989 su Wall Street: le quotazioni dalla Washington Mutual sono diminuite del 35%, un anno fa un'azione bancaria fu valutata a 43$ mentre sulle borse pochi giorni fa valeva solo tre dollari.

Ciò che più preoccupa, tuttavia è come l’ondata di fallimenti si trasferisce dalle Banche alle industrie, e dunque sulla produzione e sulla disoccupazione, nonché sull’erario nazionale per coprire le perdite delle banche in seguito all’intervento delle autorità internazionali. È in atto la strategia del salvataggio in extremis continuo, pianificato dalla Federal Reserve che crea ancora più debito a sostegno delle istituzioni finanziarie, con la conseguenza che il crollo dell'economia finanziaria ha cominciato a distruggere l'economia produttrice fatto dal popolo che lavoro per vivere e per ripagare debiti. Si fa infatti strada la possibilità che le Banche Centrali, per far fronte alle necessarie operazioni di nazionalizzazione delle banche, possano vendere il proprio oro al fine di creare una liquidità eccedente e rinvigorire le casse in sofferenza. Una manovra che tuttavia potrebbe indurre all’ennesima speculazione dinanzi allo sgretolamento del credito, che sicuramente potrebbe essere ancora più pericolosa.

È bene ricordare, infatti, che durante la depressione del 1930, e la stagflazione degli anni settanta, le obbligazioni e le azioni crollavano mentre il credito falliva, ma ciò che rese più drammatica la situazione fu la svalutazione dell'oro crollando sotto il valore corrente ben 17 volte, e ben 15 volte tra il 1971 ed il 1980. Al momento il rischio è altrettanto pericoloso, considerando che vi sono circa 50000 investitori pronti a rimettere il proprio oro sul mercato per un totale di 7,5 tonnellate di lingotti d'oro. È chiaro che siamo giunti ad un punto in cui si compromette la stabilità delle finanze pubbliche e dell’economia nazionale per fermare la deriva del fallimento delle Banche. In questo momento, è proprio l’instabilità del sistema economico a danneggiare la governabilità degli Stati, travolti da tangentopoli e inchieste ormai senza fine. Se da una parte finiscono alle manette i grandi dirigenti di finanziarie e Istituti di credito, dall’altra sono soprattutto i politici e i funzionari che si sono prestati alle operazioni con derivati e collaterali. La finanza dei derivati ha fatto stragi e rovine nelle alte dirigenti dell’Amministrazione pubblica e delle società che offrono servizi pubblici, ed ora si arriverà alla grande depurazione delle classi politiche per arginare l’usura delle casse pubbliche. D’altro canto, l’ondata sarà ancora più travolgente e si arriverà ad indire una nuova Bretton Woods le cui nuove regole potrebbero essere ancora più immateriali e distruttive se verrà attuata la cosiddetta economia dell’e-money, della cybernetica e della telematica.