Si è conclusa con una sentenza del tutto inaspettata e ambigua la causa Telefonica-Promusicae rinviata dal giudice nazionale dinanzi alla Corte di Giustizia Europea. Ancora un caso di legato alle banche dati e alle società di telecomunicazione, che si snoda sempre sugli stessi punti di discussione, al momento ancora irrisolti. La questione di merito vede la Promusicae, associazione rappresentativa di artisti e cantanti in difesa del loro diritto d'autore, scontrarsi con la società di telefonia spagnola, Telefonica, per ottenere i dati personali degli utenti che illegalmente scaricano dati dalla rete. Viene così chiesto alla Corte Europa di pronunciarsi sulla questione se il diritto comunitario - e in particolare la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, la direttiva 2001/29/CE e 2004/48/CE sull’armonizzazione e il rispetto della legislazione del diritto d’autore e la direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali nelle comunicazioni elettroniche - vadano interpretati nel senso di istituire l’obbligo di comunicare dati personali in un procedimento civile.
Dal suo canto, la Corte Europea emette un testo che, volutamente, si presta a diverse interpretazioni, mentre univoco è lo scenario che esso apre per il mondo della cybernetica e della comunicazione virtuale. Come molti hanno già evidenziato, se da una parte la Corte di Giustizia afferma l'impossibilità per la giurisprudenza Europea di intervenire per garantire il rispetto del diritto di autore, dall'altra ammette l'inesistenza di norme che obblighino le società di telecomunicazione o i server a comunicare i dati personali degli utenti.
Premettendo che il diritto comunitario ( in particolare l'art.5 della direttiva 2002/58/CE) demanda agli Stati la possibilità adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti della riservatezza dei dati - se esistono esigenze di salvaguardia della sicurezza nazionale, della difesa, della sicurezza pubblica, e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati (sic!) , nonché per la tutela dei diritti e delle libertà altrui - non è esclusa la possibilità per i legislatori nazionali di prevedere l’obbligo di divulgare dati personali nell’ambito di un procedimento civile. La Corte così ammette che il diritto comunitario non vieta né impone agli Stati di emanare leggi che possano obbligare le società di telecomunicazione e i server a comunicare i dati degli utenti. Un chiarimento che può autorizzare un'azione legale per il rispetto del diritto d'autore qualora esistano dei casi di necessità - come può avvenire in ambito penale - oppure può indicare che al momento non esiste il reato perché non esiste la legge ( nullum crimen sine lege ). Infatti la sentenza conclude con l'invito agli Stati nazionali di chiarire, nelle fasi di recepimento delle direttive, la giusta interpretazione delle norme, garantendo sempre "un equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario", nel rispetto del principio della proporzionalità.
La Corte di Giustizia così prende atto dello stato di confusione e di incertezza in cui si trovano i giudizi nazionali, e decide di rimettere ai legislatori nazionali la stesura di una normativa più completa, che vada a colmare le lacune esistenti in tema di protezione dei dati personali nelle trasmissioni telematiche e nelle comunicazioni. Per cui, se da un parte blocca le pretese della Promusicae nei confronti degli utenti di Telefonica, dall'altra apre nuove strade per agire contro il crimine telematico che "minaccia" la società civile. Una di queste potrebbe essere l'inasprimento delle pene contro la violazione del diritto d'autore su un altro livello di giudizio, come quello penale, oppure ad una maggiore liberalizzazione dei server che dovranno così aprire i propri archivi alle Autorità investigative in maniera automatica. Ad ogni modo, quello che la Corte Europea chiede è un'accelerazione nei lavori di stesura della "Carta di internet" e così del codice giuridico sulle attività telematiche e sul cybercrimine. Non può esistere tuttavia un corpo di leggi che regolamenti il crimine elettronico ed informatico, senza una "carta costituzionale" che riconosca dei diritti inviolabili come l'accesso alla rete e la condivisione dei dati. Queste due clausole infatti consentono di trasformare il web, che è una struttura piramidale, in una tela, in una struttura orizzontale, che cresce e si sviluppa in virtù dell'adesione di sempre nuovi soggetti ed entità e con lo scambio reciproco dei dati.
Nel momento in cui sarà posto un controllo alla circolazione delle informazioni, sarà istituito il nuovo regime, la nuova usura, una nuova fonte di reddito per le major delle telecomunicazioni. I grandi server saranno le nuove "centrali rischi", in quanto immense banche dati di miliardi di soggetti che navigano, esplorano, comunicano e lavorano attraverso la rete. Per realizzare tutto questo bastano dei piccoli cavilli legali, basta il riconoscimento da parte di un Governo che il crimine elettronico è un reato penale e che la violazione del diritto di autore, costituisce una minaccia per la tutela altrui. Sappiamo bene chi detta le regole del gioco, e dinanzi alla totale inesistenza di salvaguardia dei Governi sui suoi cittadini,corriamo veramente il rischio di superare quel piccolo limite previsto dalla legge.
Dal suo canto, la Corte Europea emette un testo che, volutamente, si presta a diverse interpretazioni, mentre univoco è lo scenario che esso apre per il mondo della cybernetica e della comunicazione virtuale. Come molti hanno già evidenziato, se da una parte la Corte di Giustizia afferma l'impossibilità per la giurisprudenza Europea di intervenire per garantire il rispetto del diritto di autore, dall'altra ammette l'inesistenza di norme che obblighino le società di telecomunicazione o i server a comunicare i dati personali degli utenti.
Premettendo che il diritto comunitario ( in particolare l'art.5 della direttiva 2002/58/CE) demanda agli Stati la possibilità adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti della riservatezza dei dati - se esistono esigenze di salvaguardia della sicurezza nazionale, della difesa, della sicurezza pubblica, e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati (sic!) , nonché per la tutela dei diritti e delle libertà altrui - non è esclusa la possibilità per i legislatori nazionali di prevedere l’obbligo di divulgare dati personali nell’ambito di un procedimento civile. La Corte così ammette che il diritto comunitario non vieta né impone agli Stati di emanare leggi che possano obbligare le società di telecomunicazione e i server a comunicare i dati degli utenti. Un chiarimento che può autorizzare un'azione legale per il rispetto del diritto d'autore qualora esistano dei casi di necessità - come può avvenire in ambito penale - oppure può indicare che al momento non esiste il reato perché non esiste la legge ( nullum crimen sine lege ). Infatti la sentenza conclude con l'invito agli Stati nazionali di chiarire, nelle fasi di recepimento delle direttive, la giusta interpretazione delle norme, garantendo sempre "un equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario", nel rispetto del principio della proporzionalità.
La Corte di Giustizia così prende atto dello stato di confusione e di incertezza in cui si trovano i giudizi nazionali, e decide di rimettere ai legislatori nazionali la stesura di una normativa più completa, che vada a colmare le lacune esistenti in tema di protezione dei dati personali nelle trasmissioni telematiche e nelle comunicazioni. Per cui, se da un parte blocca le pretese della Promusicae nei confronti degli utenti di Telefonica, dall'altra apre nuove strade per agire contro il crimine telematico che "minaccia" la società civile. Una di queste potrebbe essere l'inasprimento delle pene contro la violazione del diritto d'autore su un altro livello di giudizio, come quello penale, oppure ad una maggiore liberalizzazione dei server che dovranno così aprire i propri archivi alle Autorità investigative in maniera automatica. Ad ogni modo, quello che la Corte Europea chiede è un'accelerazione nei lavori di stesura della "Carta di internet" e così del codice giuridico sulle attività telematiche e sul cybercrimine. Non può esistere tuttavia un corpo di leggi che regolamenti il crimine elettronico ed informatico, senza una "carta costituzionale" che riconosca dei diritti inviolabili come l'accesso alla rete e la condivisione dei dati. Queste due clausole infatti consentono di trasformare il web, che è una struttura piramidale, in una tela, in una struttura orizzontale, che cresce e si sviluppa in virtù dell'adesione di sempre nuovi soggetti ed entità e con lo scambio reciproco dei dati.
Nel momento in cui sarà posto un controllo alla circolazione delle informazioni, sarà istituito il nuovo regime, la nuova usura, una nuova fonte di reddito per le major delle telecomunicazioni. I grandi server saranno le nuove "centrali rischi", in quanto immense banche dati di miliardi di soggetti che navigano, esplorano, comunicano e lavorano attraverso la rete. Per realizzare tutto questo bastano dei piccoli cavilli legali, basta il riconoscimento da parte di un Governo che il crimine elettronico è un reato penale e che la violazione del diritto di autore, costituisce una minaccia per la tutela altrui. Sappiamo bene chi detta le regole del gioco, e dinanzi alla totale inesistenza di salvaguardia dei Governi sui suoi cittadini,corriamo veramente il rischio di superare quel piccolo limite previsto dalla legge.