Mentre sale la tensione nel Golfo dopo la diffusione della notizia da parte della CNN sul probabile tentativo di sabotaggio delle vedette iraniane contro la marina militare statunitense, cominciano a riaffiorare i primi segnali di inquietudine sulla scena internazionale. L'Iran nega qualsiasi segnale di ostilità, mentre gli Stati Uniti cercano di presentare le prime prove a dimostrazione dell'attacco, solo per avere una valida motivazione per giustificare un intervento militare. Stranamente, si riapre il capitolo Iran, dopo la parziale battuta d'arresto delle trattative del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Nucleare, in cui la Russia - da fiero opposizione degli Stati Uniti - ha avuto un importante ruolo nell'alimentare la propaganda iraniana. Allo stesso tempo, si placano i toni di secessione all'interno dei Balcani, dopo che l'Onu, in coordinamento con l'Unione Europea, cercherà di emettere una risoluzione nel quadro della giurisdizione internazionale. E' da notare come questi due eventi, si siano evoluti di pari passo in questi ultimi mesi, secondo una logica di compensazione reciproca: l'Iran perde centralità nella propaganda occidentale, proprio quando diventano critiche le trattative per il Kosovo. A scandire i tempi e le modalità di questo gioco mediatico sono sempre la Russia e gli Stati Uniti, che con il loro antagonismo danno l'impressione che esista una sorta di equilibrio delle forze a livello internazionale.
Tuttavia, parlare di antagonismo sembra eccessivo, in quanto la Russia, soprattutto in tempi recenti, sembra che si sia avvicinata molto agli Stati Uniti, come dimostrato dal successo della figura di Putin nell'opinione pubblica americana, che stima e teme questo "uomo di Stato" che lotta per una nazione. Putin, eletto "persona dell'anno" dal Time, viene ritratto come "un Presidente americano" del passato, ispirato dagli interessi statalisti e non privati. Ecco che la Russia, consapevole della propria forza, si presenta agli Stati Uniti come un valido partner, con il quale arrivare alla risoluzione dei conflitti del mondo, e dunque all'equa ripartizione delle zone di influenza. Questa interpretazione darebbe così un senso logico alle tante contraddizioni della Russia, che da una parte dichiara ostilità nei confronti di Organismi Occidentali come l'OCSE, stralcia il Trattato sulle forze convenzionali in Europa (FCE) e critica la NATO, e dall'altra continua a mantenere degli stretti rapporti economici e militare con i singoli componenti.
Risuona in maniera alquanto strana la notizia , resa nota dallo Stato Maggiore della Marina, secondo cui nella giornata di oggi, dalla stazione navale Mar Grande di Taranto salpano due unità navali della Federazione Russa, il cacciatorpediniere Admiral Chabnenko e il rimorchiatore d’altura Nickolay Chiker, che insieme alla fregata Espero e il pattugliatore di squadra Bersagliere svolgeranno un addestramento nel mar Jonio. La presenza nel Mediterraneo della Marina russa viene giustifica nel quadro della cooperazione internazionale tra i due Stati, "per accrescere l’interoperabilità degli equipaggi". Una notizia, dello stesso contenuto, viene diffusa dall'Agenzia russa RIAN, secondo cui sono stati dislocati nel Mediterraneo la portaerei Su-33 e degli elicotteri di combattimento, per operazioni di addestramento. La spedizione, che ha avuto inizio il 5 dicembre, sarebbe così volta ad "per assicurare una presenza navale nelle aree strategiche marittime chiavi e stabilire le condizioni per la sicurezza della navigazione dei vascelli. La flotta nel Mediterraneo, secondo il Ministro della Difesa Ministro Anatoly Serdyukov, rappresenta la quarta nave da guerra dislocata nelle acque internazionali, insieme a sette unità della Russian Northern, del Mar Nero e delle Black Fleets, così come 47 aeroplani e 10 elicotteri, pronti a intervenire da una distanza di 12,000 miglia. Questo dispiegamento di forze è stato annunciato da Putin durante lo scorso agosto, che ha ristabilito i voli di perlustrazione strategici, considerando che, dopo il crollo dell'Unione sovietica ed il caos economico e politico che ne è conseguito, per molti anni la Russia è rimasta priva di difesa.
I comunicati trasmessi dal Governo russo, non lasciano alcun dubbio sullo scopo di difesa delle esercitazioni militari, infondendo così il timore che la Russia sia pronta ad ogni evenienza, e così anche ad intervenire in un eventuale conflitto. Tuttavia, non bisogna dimenticare che gli interessi che la Russia intende difendere sono di natura prettamente economici, e riguardano il controllo dei corridoi per l'instradamento delle fonti energetiche sino in Europa. La vera competizione che dunque si gioca è intorno alle autostrade del petrolio, tra la pipeline atlantica del Baku-Tblisi-Ceyhan connessa poi al Nabucco, e quella del South Stream connessa alla Bourgas-Alexandroupolis, entrambi sponsorizzati dalla Russia.
È chiaro che, mentre l'Iran rappresenta un Paese fornitore che si vende al miglior compratore, i Balcani, si posizionano come crocevia per accedere al mercato europeo attraverso l'Adriatico o la regione balcanica. L'instabilità a livello internazionale, si sta così ripercuotendo, con piccoli e deboli segnali di destabilizzazione, proprio nei Balcani dove, da un giorno all'altro, cambiano i programmi politici e i protagonisti. L'Albania sembra perdere quel ruolo di "super-potenza energetica" dopo che è stato chiaramente bloccato il progetto della grande centrale termoelettrica di Fier, e cominciano a sorgere i primi dubbi sulla fattibilità di una centrale nucleare proprio in quella zona. La posizione della Serbia continua ad essere sospesa tra integrazione e secessione, mentre il rapporto con la russa Gazprom, per l'ingresso nel consorzio South Stream, diventa sempre più stretto. Il Ministro degli esteri sloveno Dimitrij Rupel dichiara che l'Europa è disponibile a velocizzare le tappe verso l'adesione della Serbia, ma viene presto contraddetto dall'Olanda, secondo la quale "non sarà possibile la firma dell’Asa finché non sarà chiarita la posizione dei criminali di Guerra". Infine, la Macedonia decidere di liberalizzazione la cittadinanza distribuendo passaporti ai cittadini albanesi di confine, mentre imperversa in Kosovo il conflitto tra comunità serba e albanese.
Esiste dunque una dilagante sensazione di tensione, resa ancora più critica dall'avvicinarsi della crisi petrolifera e monetaria, in vista della recessione statunitense. In tutto questo, le grandi potenze giocano il ruolo di registi delle crisi che si alternano, restando pur sempre legate dal desiderio comune di controllare la distribuzione delle risorse e delle ricchezze.