L'economia mondiale potrebbe affrontare un periodo di stagnazione non a causa della crisi energetica, bensì della crisi finanziaria globale. Lo rileva il rapporto Global Risks 2008, redatto dal World Economic Forum (WEF) che sarà discusso in occasione della conferenza annuale che si terrà a Davos a fine gennaio. Senza molta diplomazia, il rapporto rileva che il mondo affronterà il più alto rischio di recessione di questi ultimi 10 anni, facendo sicuramente leva sulle crisi politiche che si sono concentrate in punti geopolitici stratetigici. Tuttavia, tale rischio, stando la lettera degli esperti, deriva dalla crisi finanziaria che ha travolto, di conseguenza ogni settore del sistema economico globale, facendo così, il settore energetico un veicolo della crisi e non semplicemente una causa scatenante.
Gli Stati Uniti sono stati l'epicentro di un terremoto che ben presto si è esteso, come un domino, in ogni Paese del Mondo. Ricordiamo infatti come tra il 2005 e il 2007 il deficit commerciale dell'America e così la svalutazione del dollaro, ha compromesso la stabilità dell'equilibrio finanziario del mondo. Ben presto, la svalutazione monetaria ha rivelato la speculazione sui tassi di interesse, e così sui titoli che la Federal Reserve e le più grandi Banche nordamericane ed europee contribuivano a diffondere, senza alcuna garanzia o controvalore. La debolezza del mercato finanziario, ha poi prodotto i suoi effetti su quello bancario, e così sui mutui, sul credito, sui consumi, sui salari, bloccando di conseguenza la produzione.
Il rapporto così avverte che un "crash" sui prezzi - ossia una caduta libera in seguito al raggiungimento del picco di inflazione - potrebbe provocare una crisi finanziaria globale nel 2008. Il WEF stima che questo rischio è molto vicino, con una probabilità del 20%, e un eventuale crollo del valore dei beni potrebbe causare un danno di bilioni di dollari. Una tale previsione, sebbene così dura e "apocalittica", non è così inverosimile né tanto lontana, considerando che le fasi di evoluzione dell'economia sono sempre più ravvicinati nel tempo e viaggiano con velocità impressionanti. Come abbiamo avuto modo di spiegare più volte, la nostra economia si trova in una fase di recessione molto complessa, come quella della stagflazione, durante la quale ogni politica di intervento risulta inefficace o estremamente dannosa. È infatti quella fase in cui l'alta inflazione, provoca un'iniziale espansione dell'economia e poi una sua riduzione in seguito al blocco della crescita dei salari che sostengono i consumi e così la produzione.
Attualmente, per stessa ammissione di Confindustria e della Banca d'Italia, l'Italia si trova in una fase di stagflazione, così come gli Stati Uniti. Il blocco della produzione, provoca stagnazione ma anche il collasso dei prezzi, a seguito dell'eccessiva offerta rispetto alla domanda. Ebbene, qualora i prezzi dovessero cominciare a diminuire in maniera drastica, si avrebbe l'effetto contrario, in quanto vi sarebbe la svalutazione della produzione industriale, delle risorse, e delle ricchezze di uno Stato. A rendere ancor più critica la situazione saranno le speculazioni, che già si preparano, nascoste dalla virtualità delle contrattazioni della borsa e dell' alta finanza. Questo lo sanno bene tutte le entità economiche, soprattutto quelle sovranazionali che hanno maggiore potere sulle sorti dell'economia. Lo sa l'Opec, che ha sorriso in maniera beffarda quando Bush ha "timidamente" chiesto di aumentare la produzione di petrolio perché l'America soffriva l'aumento dei prezzi. Lo sa la Federal Reserve, che ha ridotto i tassi, aumentato l'offerta di moneta, ma ad un certo punto si è fermata e ha chiesto al Congresso di aumentare la politica fiscale. E lo sa anche la Banca Centrale Europea, che non ha toccato i tassi di interesse, in attesa che sia il mercato a imporglielo di conseguenza.
Per cui, dato tale scenario, la recessione si diffonderà prima negli Stati Uniti e poi in Europa, mentre la crescita di Cina e India saranno lievemente rallentate. Mentre, per quanto riguarda la Russia, il rapporto della WEF prevede un impatto negativo derivante dalla riduzione della richiesta di materie prime ed energie, a causa del calo della produzione. Gli analisti russi si sono soffermati su quello che il rapporto chiama "concetto di 2009", secondo il quale la recessione negli Stati Uniti porterà il prezzo del petrolio ai minimi storici, tale da trasformare, improvvisamente, l'eccedenza di esportazione in un'eccedenza di importazione, tale che deteriorerà anche il valore del rublo. Tale previsione, viene in qualche modo esclusa dalla Russia, così come dagli produttori di petrolio, che vedono i prezzi del greggio e dell'oro in continua ascesa, oltre i limiti storici raggiunti in passato. Questo in relazione alla crescente dipendenza dei Paesi occidentali nei confronti degli idrocarburi, e degli insufficienti investimenti nelle tecnologie di energia alternativa. Infatti, anche se gli Stati Uniti potrebbero rallentare la loro economia, la crescita annuale del 6% della Cina continuerebbe a trainare la richiesta del petrolio.