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06 giugno 2008

Le speculazioni protette dall'ONU


Si chiude il vertice Fao 2008 a Roma, e lascia dietro di sé delusione e rabbia, nella consapevolezza che ormai non esiste alcun organismo che sia in grado di far valere il rispetto dei popoli e dei diritti umani senza farsi influenzare dagli interessi economici dei poteri e dei governi forti. La dichiarazione si conclude con un invito generico alla Fao e ad altre organizzazioni internazionali a "monitorare e analizzare la sicurezza alimentare mondiale in tutte le sue dimensioni, e sviluppare strategie per migliorarli". La più grande delusione resta tuttavia l'immobilismo nei confronti dell’allarmante problema della speculazione finanziaria, che vanifica ogni sforzo produttivo o commerciale, per far fronte al rincaro dei prezzi, e punta il dito esclusivamente sui biocarburanti.

Il vertice Fao si conclude lasciando dietro di sé delusione e rabbia, nella consapevolezza che ormai non esiste alcun organismo che sia in grado di far valere il rispetto dei popoli e dei diritti umani senza farsi influenzare dagli interessi economici dei poteri e dei governi forti. Le conclusioni, racchiuse in un semplice documento, riducono le misure di contrasto all’emergenza alimentare a futuri finanziamenti nei confronti dei Paesi più deboli, al controllo della produzione di biocarburanti e alla necessità di una maggiore liberalizzazione dei mercati agricoli. La dichiarazione si conclude con un invito generico alla Fao e ad altre organizzazioni internazionali a "monitorare e analizzare la sicurezza alimentare mondiale in tutte le sue dimensioni, e sviluppare strategie per migliorarli". Per quanto riguarda il rincaro dei prezzi, nessuna concreta iniziativa, tranne la stigmatica enunciazione sulla necessità di "intraprendere iniziative per moderare fluttuazioni anomale dei prezzi dei cereali". Questa, probabilmente, la più grande delusione di un vertice tanto inutile quanto ipocrita, che si rifiuta così di affrontare l’allarmante problema della speculazione finanziaria, che vanifica ogni sforzo produttivo o commerciale, per far fronte al rincaro dei prezzi, e punta il dito esclusivamente sui biocarburanti, demonizzati al punto da ipotizzare un divieto per la loro produzione.

Tuttavia, i punti più controversi restano le proposte di aumentare la libera circolazione dei beni agricoli sul mercato, riducendo le barriere doganali e impedendo le politiche di molti Paesi di limitare le esportazioni di cibo, diminuire le esportazioni di semi, bloccare le frontiere per non far entrare aiuti alimentare che possono distruggere il mercato interno. Tornano inoltre gli Ogm come sistema per risolvere la crisi alimentare, divenuti ormai un’arma chimica contro la differenziazione biologica e uno strumento per l’imposizione del monopolio di determinante entità economiche. Si stima infatti che da questa crisi, le più grandi imprese operanti nel settore agro-alimentare abbiano registrato impennate esponenziali dei loro ricavi: la Cargill ha annunciato un aumento dei profitti in un solo quadrimestre dell'86%, Bunge del 77%, Archer Daniel Midland's del 65%. Allo stesso tempo continuano le spinte per la liberalizzazione dei mercati, proponendo così l’ingresso dei Paesi in via di Sviluppo nell'ambito del General Agreement on Trade in Services (GATS) o di altri negoziati multilaterali o bilaterali, e intensificando le regole in discussione nel Doha Round. Si rischia tuttavia, in tal modo, di intensificare la crisi rendendo i prezzi dei generi alimentari ancora più volatili, aumentando la dipendenza dei paesi in via di sviluppo dalle importazioni e così anche più inarrestabili le crisi alimentari.

Non resta che constatare che, come sempre a prevalere sono gli interessi economici di potenze petrolifere e caste finanziarie sempre più forti, utilizzando l’Onu e la rete di Organismi internazionali per difendere una vera e propria strategia economica in atto. Da una parte si va a contrastare la concorrenza di altri tipi di combustibili, spacciando la crisi alimentare come conseguenza della distrazione delle coltivazione dalle derrate, mentre dall’altra si usa la speculazione finanziaria per esasperare il rincaro delle commodities e legittimare le politiche di liberalizzazione e l’adozione di organismi geneticamente modificati. Un vero e proprio circolo vizioso, in realtà sempre più inarrestabile, in quanto ci troviamo dinanzi alla crisi economica dell’epoca moderna più preoccupante degli ultimi anni, che a confronto quella degli anni ’70 potrebbe sembrare una semplice "congiuntura sfavorevole", in quanto si va ad intrecciare con la crisi dei mercati finanziari, e lo stesso crollo delle istituzioni Statali, a favore delle entità sovranazionali ormai sempre più forti. Le situazioni di emergenza divengono, in tale contesto, solo un mezzo per imporre una sorta di "ristrutturazione economica forzata", al fine di rafforzare il controllo delle risorse idriche e alimentari, nonché dei combustibili.

Infatti, le crisi che colpiscono i vari settori vitali per l’economia tendono a coordinarsi sempre di più, confluendo tra di loro e aggregandosi, perché la crisi alimentare che oggi affrontiamo è una propagazione della crisi finanziaria, che è anche origine di quella petrolifera. Tutte le variabili in gioco - cibo , petrolio e acqua - sono oggetto di un processo della manipolazione simultanea del mercato intenzionale. L’aumento del petrolio e la svalutazione della moneta di riserva ha scatenato la speculazione sulle commodities, e così l’aumento dei prezzi alimentari e la necessità di utilizzare combustibili alternativi; allo stesso tempo il prezzo dell’acqua ha subito ulteriori speculazioni come conseguenza delle politiche globali di privatizzazione delle risorse idriche. Ecco dunque che le lobbies cambiano e si moltiplicano, e non si riducono solo a quelle petrolifere, ma abbracciano anche quelle operanti nelle biotecnologie agro-industriali, i giganti dell’acqua. A favorire il loro consolidamento sta giocando un importante ruolo le stesse Nazioni Unite che stravolgono la realtà degli eventi, parlando della crisi della produzione, quando i dati rivelano che alcuni Paesi hanno addirittura moltiplicato le esportazioni facendo fronte alla stessa produzione di bio-combustibili. Tali contraddizioni e anomalie rivelano ancora di più il grande disastro del disfacimento delle Organizzazioni Internazionali, che crollano insieme agli Stati-Nazione e ai diritti degli Stati sovrani.