Hanno attraversato migliaia di chilometri con i loro aerei privati, hanno discusso e ratificato accordi: tante strette di mano, tanti abbracci e conferenze stampe, mentre si festeggia con champagne e si corre per gli impegni improrogabili. I più alti rappresentanti hanno raggiunto ieri Roma per discutere della fame nel mondo e della crisi energetica, in una conferenza in grande stile. Durante i colloqui, sbuca di nuovo l’energia nucleare come soluzione dei rincari dei prodotti petroliferi e dei beni alimentari. Tuttavia la risposta giunge subito dalla Slovenia, con uno strano incidente che smuove una grande propaganda che porta profitti solo ad una determinata lobby.
Nella serata di ieri è stato segnalato a Bruxelles attraverso il sistema di allarme nucleare rapido Ecurie, una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento principale della centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, a 130 km da Trieste. Si tratta di una delle più piccole centrali europee attiva, costruita nel 1981 e ora gestita congiuntamente dalle società elettriche slovena e croata dal 2002, è dotata di un reattore Westinghouse che utilizza uranio arricchito, fornendo più di un quarto dell'energia necessaria alla Slovenia e un quinto di quella croata. La Commissione Europea ha assicurato che il team d'emergenza della Direzione generale dei Trasporti ed Energia (Tren) rimarrà all'erta fin quando la situazione sarà pienamente sotto controllo.Sembra quasi una storia già vista, come la grande avaria che stava arrivando, subito dopo Cernobyl, e che poi non è più arrivata, essendo stato solo un calo di potenza poi spacciato come imminente disastro. Ora come allora, cominceranno a preparare le bandiere, e i vari opinionisti sfileranno, "altro giro e altra corsa".
L’incidente rischia ora di propagandare a tal punto i suoi effetti disastrosi da deviare di nuovo l’informazione e colpire ancora una volta il mercato energetico e le quotazioni delle fonti di energia. Infatti espandendo di nuovo il terrore delle apocalittiche avarie delle centrali si potrebbe indurre da una parte gli Stati che ora si stanno riaffacciando al nucleare, come l’Italia, a retrocedere su certi progetti a favore di rigassificatori e oleodotti, e dall’altra a proporre nuovi investimenti sul nucleare in Paesi esteri ma comunque prossimi all’Italia, come i Balcani. Sarebbe infatti la regione balcanica la destinataria dei prossimi progetti di costruzione delle centrali nucleari dell’Italia, come dichiarato dallo stesso Premier albanese Sali Berisha, nel corso dell’intervista al Corriere della Sera. Ribadendo le promesse fatte al precedente Governo Prodi sulla possibilità di ospitare centrali nucleari destinate all’esportazione di energia, Berisha continua a fare la sua megalomane propaganda, auto-proclamandosi "eroe di due mondi": da una parte l’Italia che non sa proprio dove installare le sue rovinose centrali, dall’altra l’Albania che soffre da 15 anni di crisi energetiche. Nonostante si siano susseguiti continuamente consulenti, esperti e scienziati, nonché tutti gli ambasciatori che si sono spacciati per i salvatori della patria, l’Albania continua ad non avere energia elettrica, mentre dall'altra parte dell’Adriatico aumenta il prezzo dell’elettricità.
D'altro canto, le campagne si allarmismo nei Balcani sono ormai una consuetudine, al punto tale che non vengono neanche più considerate seriamente. Qualcuno addirittura ricorda che persino nel periodo del comunismo in Albania, gli allarmi degli attacchi del nemico erano all’ordine del giorno, per mantenere il terrore sulla massa. Ora con le privatizzazioni le regole sono cambiate ma i veleni rimangono gli stessi. L’incidente della centrale slovena è un chiaro esempio di manipolazione dell'informazione, molto simili alle "bombe di Al qaida", che si azionano in maniera sincronizzata proprio mentre il petrolio arriva ad un livello insostenibile e rischia di trascinare nell’iperinflazione più caotica tutta l’Europa. I primi sentori di ribellione giungono proprio da Bruxelles dove centinaia di pescatori arrivati nella capitale belga, in gran parte francesi e italiani, hanno bloccato una delle arterie principali protestando contro il rincaro dei prezzi dei carburanti. Ancora una volta, una protesta pacifica si è tradotta in una carica violenta della polizia per disperdere i manifestanti. Ben presto le guerre della fame saranno affiancate dalle rivolte per il petrolio, per poi sfociare il quelle del debito, quando si chiuderanno anche le linee di credito, quando neanche il mutuo sarà più in grado di garantire un livello di sussistenza. Allo stesso tempo cominceranno le crociate contro i Paesi che vogliono il nucleare o cercano una qualche indipendenza dal petrolio o dal gas: dopo l’Iran toccherà all’Italia, poi all’Albania. Diventeremo xenofobi, mafiosi, o clandestini nella nostra stessa terra.