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12 giugno 2008

Trattato UE: un baratro democratico


Oggi l'Irlanda voterà al referendum il Trattato semplificato di Lisbona, decidendo così del destino dell'Unione Europea e dello stesso rapporto futuro tra cittadini ed Istituzioni europee. Se il No dovesse vincere, bocciando così il Trattato, l'Europa sarà immersa in un nuovo periodo di crisi e di introspezione, ma molto probabilmente si passerà al piano B, per il quale verranno semplicemente apportate delle modifiche per rendere agli irlandesi il testo più digeribile. Dinanzi agli errori e ai continui fallimenti dell'Unione Europea non possiamo che ammettere che esiste "baratro democratico" tra l'unione e le popolazioni, "un vero problema di sostegno popolare".

Quello dell'Irlanda, unico paese dell'Unione che sottopone a referendum il Trattato semplificato di Lisbona, rappresenta uno di quei casi rari che permettono di aprire finalmente un serio dibattito sulla natura di questa Unione Europea che abbiamo creato, ma soprattutto su questo testo costituzionale che tradisce le aspettative e la sovranità degli Stati. Conferendo un potere eccessivo alle strutture centralizzate non elette su base popolare e nominate solo indirettamente da eurocrati non sottoposti al controllo delle Istituzioni dei singoli Stati Membri, il cosiddetto semi-trattato di Lisbona rappresenta già di per sé un primo fallimento, perché studiato a tavolino con una forma giuridica che perde la denominazione di Costituzione Europea e mantiene quella di "trattato" che in quanto tale non va approvato dal popolo dei singoli Stati, ma nei fatti ha un potere pari a quello di una Carta Costituzionale. L’obiettivo della parte del "no" che sta lottando oggi in Irlanda, è proprio quello, dunque, di arrivare ad un risultato che può essere portato a Bruxelles per rinegoziare il Trattato, proprio come il Trattato di Nizza del 2002 che è stato rivisto in relazione alle richieste di rettifica da parte irlandese.
I pronostici tra l’altro non sono dei migliori dopo la grande incertezza emersa nei sondaggi e l’improvviso aumento delle percentuali del NO, sorpassando in alcuni casi la parte del SI. Un'ultima proiezione, i cui risultati sono stati pubblicati solo martedì, dava un ristretto vantaggio del SI, con il 42% di intenzioni di voto, e poco più di un punto superiore allo stesso sondaggio effettuato due settimane prima; nello stesso periodo, in compenso, il NO è avanzato di 6 punti, al 39%. A preoccupare ancora di più Bruxelles è stato un altro sondaggio, pubblicato venerdì da un istituto concorrente, che poneva il NO come vincitore in testa con il 35% delle intenzioni di voto, contro il 30% per il SI. Tuttavia, il problema più grande è costituito dal 19% degli indecisi, e dal forte astensionismo, al punto tale che l'organismo indipendente incaricato della supervisione del referendum avrebbe intenzione di mandare dei messaggi su tutti i telefoni cellulari dell'Irlanda per ricordare agli elettori lo scrutino di giovedì, sperando così aumentare il tasso di partecipazione al voto del 4%.

È ovvio che se il No dovesse vincere, bocciando così il Trattato, l'Europa sarà immersa in un nuovo periodo di crisi e di introspezione. È stata addirittura sollevata la possibilità di una costituzione di "due zone", a seconda dei paesi dell'UE che avrebbero adottato o non il trattato di Lisbona, ma questa è un'opzione radicale che non troverebbe comunque attuazione. Molto probabilmente si passerà al piano B, per il quale verranno semplicemente apportate delle modifiche per rendere agli irlandesi il testo più digeribile. Sembra che i maggiori ostacoli siano le posizioni di apertura su questioni prettamente di ordine morale, o della mutua assistenza in caso di invasione nemica, anche se sono molto più profondi e gravi i motivi della necessaria bocciatura di tale trattato. D’altronde, "cercare di fare rivotare gli irlandesi sarebbe umiliante. Bisogna rispettare la volontà dei popoli", obietta Pierre Moscovici, ex Ministro degli Affari europei francese, che probabilmente pensa all’impatto che avrebbe sull’opinione pubblica europea che si è vista negare ogni forma di discussione e così anche di rinegoziazione del Trattato.
L'eventualità di un rigetto del mini-trattato europeo da parte degli irlandesi quindi inquieta tutti gli altri Governi europei, come Belgio e Olanda che hanno bocciato già una volta l’Europa, e la Francia, in cui si elevano sempre più forti le voci che propongono un nuovo voto al referendum. D’altro canto un NO irlandese sarebbe un terremoto ed un colpo duro per la Presidenza francese dell’Unione, considerando che Nicolas Sarkozy è stato uno dei più forti sostenitori.Il programma della Presidenza francese sarà rovesciato e si rischia un periodo abbastanza lungo di immobilizzazione dell'Europa . Gli eurocrati sono molto più preoccupati della rivolta dei popoli europei, che potrebbero ridestarsi contro l’Unione Europea, piuttosto che del problema dell’immobilismo del sistema burocratico. I cittadini stanno sempre più subendo in prima persona le conseguenze delle gravi lacune di questa Europa, come il problema dell’immigrazione, del mercato del lavoro e dell’insostenibile perdita di potere di acquisto.

Non dimentichiamo infatti che l’Europa democratica e in continua espansione, ha confermato, con l’approvazione della direttiva Ue sui rimpatri degli immigrati clandestini, che l'introduzione del reato di immigrazione clandestina è "la via giusta". La direttiva , approvata all’unanimità dal Consiglio Europeo, prevede la possibilità di detenzione fino a un massimo di 18 mesi di immigrati clandestini, portando alla probabile creazione di un’Europa che si estende sino ai confini della Russia chiusa nei suoi confini circondati da filo spinato. Cosa dovremmo poi dire alla Romania e alla Bulgaria, che hanno fatto il loro ingresso in Europa nella speranza di trovare in essa una fonte di sviluppo e di crescita del Paese, e non una barriera ideologica e la consapevolezza di essere discriminati in quanto "cittadini comunitari" ma non "cittadini europei". Fallisce anche con le cosiddette missioni umanitarie, come quella del Kosovo che vedrà probabilmente l’intervento di Ban Ki-Moon per bypassare la Eulex e eludere il controllo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Si parla infatti di "riconfigurazione" della missione Unmik, in forza del quale si avrà una coabitazione tra la missione Onu e quella Europea, grazie ad un testo "poco chiaro" che permetterà a Bruxelles d'interpretare il piano come un via libera di Ban Ki-Moon al dispiegamento della missione europea. Siamo dunque arrivati ai sotterfugi e alle manomissioni del diritto internazionale, pur di non decretare il sostanziale fallimento di una politica estera non riconosciuta nei fatti dalle Nazioni Unite. Esiste dunque un "baratro democratico" tra l'unione e le popolazioni, "un vero problema di sostegno popolare", come riconoscono ormai molti euro-parlamentari ammettendo che è giunto il momento per l'Europa di inchinarsi seriamente dinanzi ai cittadini.