Il Commissario al commercio Peter Mandelson è oggi a Mosca per incontri con i membri chiave della nuova amministrazione russa, in vista del vertice Ue-Russia il 27 giugno. L'Unione europea sosterrà che l'ingresso della Russia nel Wto a partire dal novembre del 2009, a conclusione dei negoziati per l'adesione entro la fine del 2009, come traguardo di Mosca ma anche del sistema globale di scambio.
La Russia rappresenta un partner per l’Unione Europea che vale circa 72.4 miliardi di euro di esportazioni, e un mercato di importazioni da 140.8 miliardi di euro pari al 10.4% delle importazioni europee, ragion per cui l’integrazione economica EU-Russia faciliterebbe gli investimenti e consoliderebbe i rapporti energetici tra le due entità, per giungere ad un accordo preferenziale economico e commerciale fortemente integrato tra la Russia e la UE. L’ingresso all’interno del Wto è stato da tempo individuato come uno degli obiettivi chiave per la Russia ai fini della sua totale integrazione nel sistema economico globale, incontrando tuttavia degli ostacoli soprattutto da parte degli Stati Uniti che hanno utilizzato il loro potere all’interno dell’Organizzazione Mondiale per imporre la propria superiorità e godere di un vantaggio anche dal punto di vista politico-diplomatico. Tuttavia, nel giro di pochi anni molte cose sono cambiate e la lenta ed inesorabile decadenza del dollaro, nonché l’ascesa delle fonti energetiche fossili, hanno consentito alla Russia di riscattare la sua posizione e il suo debito nei confronti della Comunità internazionale, al punto che la stessa Unione Europea ammette che l’ingresso della Russia nel WTO è divenuta una priorità degli Stati stessi e dunque del sistema del commercio globale. Lo stesso Mandelson sottolinea che una conclusione rapida dei negoziati è necessaria per evitare che la Russia "diventi ostaggio di certi membri dell'organizzazione", o di "certe questioni politicizzate in maniera esagerata".
Comunque, tra gli ostacoli all’archiviazione delle trattative vi è ancora la questione delle barriere all’importazione di alcune materie prime come il legno, al libero movimento dei capitali che rende gli investimenti diretti di compagnie estere ancora difficili. Tuttavia, l’ultimo vero ostacolo all’ingresso della Gazprom al WTO, sollevato in particolare dalla Germania, è lo status della Gazprom definita come un'organizzazione commerciale e statale la cui politica commerciale dovrebbe essere regolata dalla stessa Organizzazione del Commercio internazionale. La Russia, da parte sua, non intende fare concessioni, e mette i dovuti paletti all’invasione della politica interna alla Federazione. Alexei Portansky, capo dell’ufficio di informazioni per l'accesso della Russia al WTO, ha dichiarato al quotidiano russo Kommersant, che "per la Gazprom non deriva in verità dalle pressioni dell’Europa, quanto più da Arabia Saudita e Stati Uniti", osservando che sebbene "l'approvvigionamento di gas è l'unica cosa che potrebbe interessare alla Germania", "lo status dell'impresa non rientra certo nella sfera di competenza della Germania". Infatti, la Russia non considera Gazprom come un'organizzazione commerciale statale, anche se viene giuridicamente definita come un monopolio naturale per l’esportazione di gas. Portansky spiega così che "le organizzazioni di commercio dello Stato sono regolate dal cosiddetto GATT 1994, accordo che determina i prezzi di esportazione e i sussidi sottoposti alle negoziazioni del WTO. In base a tale trattativa - continua il portavoce russo - le entità che operano in un contesto di commercio internazionale dovranno agire esclusivamente su basi commerciali", e dunque non politiche.
È chiaro tuttavia che la Russia non potrà cedere al WTO spazio di azione per decidere sullo status di un’entità così strategicamente rilevante per l’economica del Paese. Equivarrebbe a cedere parte della propria sovranità ad un’entità sovranazionale di cui, in realtà, la Russia non riconosce il potere. Molto probabilmente le mire del Cremlino si rivolgono ad acquisire un ruolo primario all’interno dell’organizzazione, una posizione che gli permetta di influire sulle politiche e le decisioni, e non di subire provvedimenti invasivi. Non ci troviamo più dinanzi ad uno Stato in difficoltà, ma ad una potenza economica che vuole innanzitutto la rifondazione delle Istituzioni Internazionali, a partire dall’ONU e dal FMI, per approdare anche al WTO, da tempo controllate da Stati Uniti e Europa. D’altro canto, il declino economico per queste due entità ha come sintomo nelle prime concessione e nei compromessi che fanno crollare le ultime vestigia della guerra fredda del passato, per entrare in un nuovo ordine mondiale. La stessa decisione dell’UE di revocare in massa le sanzioni contro Cuba, nonostante la linea dura degli Usa, rappresenta un ulteriore aspetto del "new deal", che ha bisogno di nuovi sostegni e rinnovati consensi. L’Unione Europea deve nascondere la crisi innescata dal no dell’Irlanda, le difficoltà economiche ma soprattutto la sua dipendenza dai Paesi esportatori di energia, perché vuole in un certo senso sostituire gli Stati Uniti in quella posizione di entità leader sulla scena internazionale, come interfaccia tra i blocchi d’Oriente e d’Occidente.