La precedente crisi del 2006 aveva portato alla progettazione del gasdotto Nabucco che, attraversando il Caucaso meridionale, dovrebbe essere una valida alternativa alla rete energetica russa, per collegare i giacimenti dell'Azerbaigian all'Europa occidentale, senza passare attraverso la Russia o l'Ucraina. Vi è ancora assoluta incertezza circa gli Stati fornitori, tra cui potrebbero profilarsi anche Iraq, Turkmenistan e Iran, mentre non si esclude che lo stesso gas russo contribuisca infine al gasdotto europeo. Infatti l’Europa deve comunque sottostare alle condizione russe, dopo che Gazprom ha ottenuto importanti concessioni per i giacimenti dell'Azerbaigian, che difficilmente sostituirà il partenariato della Russia con quello europeo. Anche i negoziati per il transito della conduttura sulla Turchia sono sul filo del rasoio, nel tentativo di ottenere maggiori rendimenti sulle tasse di transito e sulle concessione per i depositi di stoccaggio di gas. Senza considerare il percorso delle trattative diplomatiche tra gli Stati e focalizzando l’attenzione sui soli costi e tempi tecnici, si intuisce che la sicurezza energetica europea è molto precaria: il primo tratto Austria-Turchia sarà realizzato entro il 2013, mentre la conduttura non sarà in funzionamento a pieno regime fino al 2020, e comunque sarà in grado di far fronte solo al 10% delle richieste del mercato gassifero europeo. D’altro canto, il diretto concorrente del South Stream potrebbe essere in funzione già nei primi mesi del 2013, semprechè la Russia riuscirà a scongiurare il ritardo dei lavori sulla regione balcanica. Ad ogni modo la Russia può contare su una vera e propria ragnatela che si estende su tutto il territorio europeo e centro asiatico (vedi Le pipeline dell'ex Unione Sovietica (pdf) ) nonché sul gasdotto in corso di realizzazione del Nord Stream del mar Baltico, e dell’esistente Blue Stream che attraverso il Mar Nero.
A confermare l’assoluta impotenza dell’Unione Europea in situazioni del genere, è anche la tiepida reazione di Bruxelles che vuole rimanere "parte terza" rispetto alla controversia nonostante sia direttamente coinvolta. Anche se Gazprom ha assicurato che le forniture verso l’Europa sarebbero state garantite dalle condutture che attraversano la Bielorussia e la Turchia, ogni Stato Europeo ha avvertito un sensibile calo dei rifornimenti. Le consegne di gas russo verso Bulgaria, Turchia, Grecia e Macedonia sono sospese, come riferito dall’Agenzia France Presse citando il comunicato ufficiale del Ministero dell'Economia e dell'Energia bulgaro. "Le forniture di gas naturale della Bulgargaz, destinate al mercato di transito bulgaro per la Grecia, Turchia e Macedonia, sono stati interrotti alle ore 3.30", riporta il comunicato, sebbene Ankara avesse assicurato che la Russia aveva precedentemente aumentato le sue forniture attraverso il gasdotto Blue Stream, che passa sotto il Mar Nero. L' Austria, da parte sua, ha detto che non riceve il 10% dei quantitativi necessari, mentre il restante 90% della domanda interna viene coperta da riserve accumulate in depositi sotterranei sul suo territorio. Anche le forniture di gas russo in Croazia sono state sospese, come annunciato dalla compagnia nazionale Plinacro, registrando un ammanco del 18% delle forniture pattuite, pari a 25.000 m3, mentre l’Agenzia Ina ha comunicato che la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. La Serbia addirittura segnala che l'approvvigionamento di gas dalla Russia è stato dimezzato e ha ordinato ai grossisti il ricorso ad altri combustibili. Secondo le fonti Gazprom, a seguito del prelievo illegale di gas da parte dell'Ucraina, i consumatori europei non hanno ricevuto 65,3 milioni di metri cubi di combustibile dall'1 al 4 gennaio, a cui dovrebbe far fronte la stessa Ucraina con le proprie di riserve.
Visto il forte impatto dell’interruzione delle forniture di gas all’Ucraina, è difficile credere che i dirigenti Gazprom e del Cremlino non avrebbero previsto gli effetti che si sarebbero scatenati in tutta la regione europea. La decisione di tagliare i trasferimenti a fronte del mancato accordo sul prezzo del gas, sottintende il chiaro tentativo della Russia di sostenere il mercato gassifero e di rialzare il livello dei prezzi, che hanno subito un drastico calo insieme al crollo del petrolio. D’altronde, Putin aveva avvertito che "l'era del basso costo del gas volgeva alla fine", e la Russia ha dispiegato tutte le armi in suo possesso per concretizzare gli investimenti effettuati in questi anni e sfruttare anche la maggiore dipendenza raggiunta dagli altri Stati. Allo stesso tempo porta avanti il progetto del cartello del gas, nel quale ribadisce la propria leadership, cercando di dare un’impostazione di fondo per sostenere i prezzi del mercato del gas, che non ha una regolamentazione internazionale come quella del petrolio. Infatti lo statuto del Forum dei Paesi Esportatori di Gas (FPEG) non ha fornito al cartello nessun meccanismo per regolare i prezzi del gas come l'OPEC, in quanto non impone ai membri del Forum di fissare la quota di estrazione. Inoltre, gli esportatori di gas non vogliono essere vincolati da regole formali e dalle limitazioni del forum, in quanto la maggior parte di essi sono impegnati da contratti di cooperazione energetica bilaterali. La stessa disposizione delle pipelines per il trasporto del gas e la rete infrastrutturale, come gli stessi rigassificatori, sono stati creati con accordi di volta in volta presi con gli Stati consumatori, i quali sono diventati spesso anche co-investitori, come Germania, Italia, Serbia e Turchia ( da notare che l’Ucraina, essendo un ex membro dell’Unione Sovietica ha semplicemente "ereditato" le pipeline che si trovavano sul suo territorio, e il cui sfruttamento è stato regolamentato da successivi accordi di transito).
Il mercato del gas è sicuramente un settore molto giovane, che sta prendendo una sua configurazione proprio in questi ultimi anni e in maniera contemporanea all’avvicendarsi del declino di quello del petrolio. Tali eventi, come il taglio delle forniture, sono rischi previsti sia dai Paesi produttori che da quelli consumatori, che stanno cooperando alla costruzione del mercato stesso. Ovviamente, come ogni altra fonte di energia centralizzata nelle mani di pochi, si presta ad essere strumentalizzata politicamente e commercialmente, punendo i "cattivi consumatori" e premiando gli ottimi clienti. Resta pur sempre una certa amarezza nel constatare come le "minacce" per il mancato pagamento delle bollette, si traducano in azioni dinanzi alle quali si può fare ben poco.