Con una lettera inviata all'Anas, il governo si è dichiarato contrario alla fusione tra Autostrade e Abertis, in forza di una normativa che vieta la partecipazione nell’ "azionariato stabile" di soggetti che hanno un conflitto di interesse, perché titolari di un'attività di costruzione. La fusione determinerebbe poi anche un cambiamento del soggetto controllante, che sarebbe anche concessionario statale di Autostrade, e per tale motivo si teme una modifica degli obiettivi strategici e dei servizi erogati. Nel suo complesso l'opposizione del governo sembra ben strutturata, sicuramente volta ad aggirare il problema della partecipazione di un soggetto estero, che farebbe, in automatico scattare la censura della Comunità Europea perché discriminante rispetto a soggetti non residenti.
Tutti sono infatti coscienti della vera preoccupazione del governo, ossia dell'acquisizione del controllo di un asset statale così importante, soprattutto in vista dell'acuirsi dei redditi sulle merci, da parte di enti esteri. Un timore ancor più fondato nell'ipotesi in cui Benetton decida di cedere totalmente la partecipazione detenuta, ma su di essa ben poco può incidere il governo soprattutto dopo la privatizzazione della società.
Alla lettera che nega l'autorizzazione del governo alla fusione risponde la Commissione Europea, nella persona del Commissario alla Concorrenza, Neelies Kroes, descrivendo tutte le sue preoccupazioni su di un'operazione poco chiara. Se la lettera inviata all'Anas rappresenta un atto di rifiuto "formale" - si intenda "ufficiale" - andava prima di tutto notificata alla Commissione e poi annunciata. Per cui, qualora la posizione del governo sia ufficiale, questa sarebbe comunque viziata da un dettaglio procedurale, che la renderebbe così attaccabile presso la Corte di Giustizia. Nel caso contrario non vi è molta differenza, perché qualora sia solo un'analisi preliminare, darebbe loro l'opportunità di sindacare nel merito della questione.
Per quanto riguarda il merito infatti, la CE ritiene che questa eccezione sollevata dall'Italia rappresenti comunque una violazione della libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, sancita dal Trattato CE. A chi oppone che si intende censurare il conflitto di interesse tra la società appaltante e i soggetti appaltatori, e dunque costruttori, si può anche rispondere che lo statuto di Autostrade non impone l'assenza di costruttori. Il riferimento all' "azionariato stabile" può essere visto come un limite che vieta la vendita ad un costruttore per i primi 36 mesi dall'acquisto della partecipazione. Tra l'altro non si può parlare di conflitto di interessi quando i Benetton, controllante del gruppo, intrattiene rapporti d'affari con Inpregilo.
Diciamo che la situazione è molto complessa, ma soprattutto è ancora aperta e molto si deve ancora decidere, perché all'orizzonte si prospetta una schermaglia tra avvocati e Commissione Europea, nonché con la Abertis che non intende cedere. Anzi, in Spagna è già iniziata la polemica che dipingerebbe l'Italia un paese protezionistico, con molte riserve e limiti soprattutto nei confronti di società spagnole, e queste polemiche getterebbero l'Italia in pasto ai leoni senza un reale motivo.
Tra l'altro, la dichiarazione del governo di combattere il conflitto di interesse taglia un po' le ali alle Banche d'Affari e ai fondi del private equity, come Clessidra, formato da imprese di costruzione italiane. A promuovere tali progetti volti ad acquisire partecipazioni nella Nuova Abertis, controllante della fusione, o della stessa Autostrade, vi è Deutsche Bank, ma anche Banca Intesa e Credit Suiss.
Ciò premesso ora non possiamo che aspettare l'evolversi degli aventi, e l'unica ipotesi che possiamo formulare è sul perché si è deciso di interrompere la fusione. Possiamo ipotizzare che il Buon Di Pietro abbia indovinato una formula tecnica per aggirare l'ostacolo, mentre gli altri glielo hanno permesso ben sapendo la mole del muro contro cui si andava a scontrare. Diversamente, date le pretese dei fondi di investimento su Autostrade, non è da escludere che altre entità vogliano appropriarsene sottraendola a Banca Caixa, dietro la quale si muove il Banco Santander.
Può essere questa un'altra guerra tra Banche che, usando politici e associazioni, tentano di appropriarsi di parte del controllo, o di spuntare dei costi più bassi. A vigilare sullo svolgimento dell'operazione vi è sempre la Comunità Europea alla quale, noi stessi, abbiamo conferito poteri che vanno al di là della stessa politica monetaria, e che rappresenta oggi un' Entità più che un'istituzione. Il suo potere sovranazionale sconfina un po' ovunque, e il suo influire a tal punto sull'economia di un paese conferma che lo Stato, la magistratura e le associazioni sono completamente inermi, perché passivamente subiscono direttive e ordini dai loro finanziatori.
Tutti sono infatti coscienti della vera preoccupazione del governo, ossia dell'acquisizione del controllo di un asset statale così importante, soprattutto in vista dell'acuirsi dei redditi sulle merci, da parte di enti esteri. Un timore ancor più fondato nell'ipotesi in cui Benetton decida di cedere totalmente la partecipazione detenuta, ma su di essa ben poco può incidere il governo soprattutto dopo la privatizzazione della società.
Alla lettera che nega l'autorizzazione del governo alla fusione risponde la Commissione Europea, nella persona del Commissario alla Concorrenza, Neelies Kroes, descrivendo tutte le sue preoccupazioni su di un'operazione poco chiara. Se la lettera inviata all'Anas rappresenta un atto di rifiuto "formale" - si intenda "ufficiale" - andava prima di tutto notificata alla Commissione e poi annunciata. Per cui, qualora la posizione del governo sia ufficiale, questa sarebbe comunque viziata da un dettaglio procedurale, che la renderebbe così attaccabile presso la Corte di Giustizia. Nel caso contrario non vi è molta differenza, perché qualora sia solo un'analisi preliminare, darebbe loro l'opportunità di sindacare nel merito della questione.
Per quanto riguarda il merito infatti, la CE ritiene che questa eccezione sollevata dall'Italia rappresenti comunque una violazione della libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, sancita dal Trattato CE. A chi oppone che si intende censurare il conflitto di interesse tra la società appaltante e i soggetti appaltatori, e dunque costruttori, si può anche rispondere che lo statuto di Autostrade non impone l'assenza di costruttori. Il riferimento all' "azionariato stabile" può essere visto come un limite che vieta la vendita ad un costruttore per i primi 36 mesi dall'acquisto della partecipazione. Tra l'altro non si può parlare di conflitto di interessi quando i Benetton, controllante del gruppo, intrattiene rapporti d'affari con Inpregilo.
Diciamo che la situazione è molto complessa, ma soprattutto è ancora aperta e molto si deve ancora decidere, perché all'orizzonte si prospetta una schermaglia tra avvocati e Commissione Europea, nonché con la Abertis che non intende cedere. Anzi, in Spagna è già iniziata la polemica che dipingerebbe l'Italia un paese protezionistico, con molte riserve e limiti soprattutto nei confronti di società spagnole, e queste polemiche getterebbero l'Italia in pasto ai leoni senza un reale motivo.
Tra l'altro, la dichiarazione del governo di combattere il conflitto di interesse taglia un po' le ali alle Banche d'Affari e ai fondi del private equity, come Clessidra, formato da imprese di costruzione italiane. A promuovere tali progetti volti ad acquisire partecipazioni nella Nuova Abertis, controllante della fusione, o della stessa Autostrade, vi è Deutsche Bank, ma anche Banca Intesa e Credit Suiss.
Ciò premesso ora non possiamo che aspettare l'evolversi degli aventi, e l'unica ipotesi che possiamo formulare è sul perché si è deciso di interrompere la fusione. Possiamo ipotizzare che il Buon Di Pietro abbia indovinato una formula tecnica per aggirare l'ostacolo, mentre gli altri glielo hanno permesso ben sapendo la mole del muro contro cui si andava a scontrare. Diversamente, date le pretese dei fondi di investimento su Autostrade, non è da escludere che altre entità vogliano appropriarsene sottraendola a Banca Caixa, dietro la quale si muove il Banco Santander.
Può essere questa un'altra guerra tra Banche che, usando politici e associazioni, tentano di appropriarsi di parte del controllo, o di spuntare dei costi più bassi. A vigilare sullo svolgimento dell'operazione vi è sempre la Comunità Europea alla quale, noi stessi, abbiamo conferito poteri che vanno al di là della stessa politica monetaria, e che rappresenta oggi un' Entità più che un'istituzione. Il suo potere sovranazionale sconfina un po' ovunque, e il suo influire a tal punto sull'economia di un paese conferma che lo Stato, la magistratura e le associazioni sono completamente inermi, perché passivamente subiscono direttive e ordini dai loro finanziatori.