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10 agosto 2006

La Bonino Telecomandata


La violazione della legge della privatizzazione del 1997 ha giustificato l'opposizione del governo alla vendita di Autostrade, che essendo una "golden share" non può essere venduta senza l'autorizzazione del governo, dell'ente concedente. Questa resistenza del governo giunge un po' inaspettatamente, dopo la convinta approvazione di Prodi e l'esecuzione della fusione senza molti problemi. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, è un'eccezione ragionevole e intelligente, ma forse vana perché presto si attiverà quel "meccanismo invisibile" della Comunità Europea che sbaraglia le ragioni nazionali nell'interesse della "libera circolazione dei capitali".

Di tale timore se ne carica subito Emma Bonino, divenuta Ministro delle Politiche Comunitarie e del Commercio Internazionale, dopo aver smesso di fingersi no-global insieme con il Banchiere Soros. Ammiriamo molto la tempestività dei suoi interventi, che, in maniera ormai automatica se non "telecomandata", giungono non appena sono in discussione temi di liberalizzazione o di privatizzazione. Ricordiamo benissimo l'enfasi delle sue "lotte radicali" quando denunciò l'esistenza di 450.000 profughi kossovari, genocidi e treni blindati: urlò così tanto che decisero un intervento aereo per farla smettere.
La sua sfolgorante ed illustre carriera l'ha condotta ad assumere una posizione importante sia all'intero del governo che sulla scena internazionale, evidentemente le lotte radicali hanno dato i suoi frutti.

Ora che è divenuta Ministro può permettersi di parlare per il bene del Paese, e rilasciare dichiarazioni di grande effetto che non giungono mai casualmente e dissipano con poche parole gli sforzi sinora fatti per impedire che Autostrade sia venduta. Se la legge giustamente impedisce l'acquisizione di Autostrade da parte di un costruttore, e se la Commissione Europea è riuscita solo a sollevare solo dei dubbi di procedura e di forma, allora, secondo la Bonino, va cambiata la legge. L'Italia ha bisogno di investimenti esteri diretti, dato il deficit di 115 miliardi di euro nel bilancio delle grandi opere, e per tale motivo vanno eliminati tutti gli ostacoli o ogni semplice segnale che faccia sospettare la resistenza alla penetrazione di investitori esteri. Dunque va eliminata quella clausola che vieta l'integrazione verticale tra concessionari e concedenti, nonché quella della Golden Share e qualsiasi norma che possa provocare una fuga di capitali. Spinge dunque verso la liberalizzazione e la deregolamentazione, come quelle norme che impediscono la creazione di imprese nel giro "di sette ore" come accade a Dubai. È inutile qua ricordare al nostro Ministro il tipo di "imprese", se così si posso chiamare, che vengono aperte nel giro dei poche ore: sicuramente quelle dei Baroni Ladroni fatte di un solo computer in una stanza anonima di un grattacielo, ecco tutto.
La Bonino ha dichiarato che, nel momento in cui si intensificheranno gli scambi commerciali nel Mediterraneo provenienti dal vicino Oriente, l'Italia deve essere dotata di autostrade, linee ferroviarie e porti ben attrezzati a smaltire tali traffici. Per far questo ci occorrono i capitali esteri, e dobbiamo dunque uscire da questo nostro provincialismo, e soprattutto risolvere il problema del commissariamento dell'Italia per 260 cause. Occorre ridurre così i tempi burocratici del recepimento delle direttive europee, che devono essere introdotte per "direttissima", come se fossero decreti o provvedimenti amministrativi.
Insomma la situazione è alquanto surreale, perché se una "lavandaia" deve aver il potere di decidere della vitalità dell'economia di un paese vuol dire che l'Italia non ha più menti che possano amministrarla.
Stesso delirio insensato segue la chiusura del Doha Round. Si dichiara costernata e dispiaciuta che un progetto di liberalizzazione degli scambi "multilaterali" sia fallito, perché da esso sarebbe derivato un utile globale di bilioni di dollari, metà dei quali sarebbero finiti nelle bilance commerciali dei paesi poveri. La Bonino ha forse le idee un po' confuse, perché la causa ultima della povertà degli Stati è il capitalismo occidentale, sono i paesi industrializzati e le organizzazioni come la Wto, un'Entità sovranazionale i cui consulenti e le cui riunioni sono sempre tenuti nell'oscurità. L'unico modo che hanno gli Stati poveri per cautelarsi è il protezionismo, la tutela delle proprie risorse dalle mire colonialistiche delle multinazionali. Il Venezuela ha capito, per esempio, che per riacquistare una certa sovranità deve controllare e possedere le attività di estrazione del petrolio, dicendo finalmente "basta" ai contratti "buy back" delle maior del petrolio. La globalizzazione è un processo che, agendo sulla distribuzione della ricchezza, indebolisce i paesi poveri, che chiedono solo di essere lasciati in pace: non vogliono né la nostra tecnologia né la nostra democrazia. Tutti dovrebbero sapere che il debito del Terzo Mondo è una pura menzogna, non sono altro che gli interessi che maturano su un capitale che risale all'era del colonialismo, inventato dagli Inglesi per avere il controllo di quelle terre. E se spesso sentiamo dire che uno Stato riduce il suo credito verso il Terzo mondo, dobbiamo essere coscienti del fatto che ciò che viene ridotto è il monte interessi ma non il capitale.

Siamo davvero sconcertati che una convinta combattente radicale neghi quest'evidenza e continui a fare gli interessi dei Banchieri. O forse dovremmo pensare che il partito radicale sia un prodotto del "governo invisibile" per sviare e controllare la controinformazione e l'opposizione ai movimenti di globalizzazione??!
Non sappiamo dare una risposta, ma il fatto sta che Pannella ad ogni sciopero della fame ingrassa di due chili!
Sarebbe meglio a questo punto che la Sig.ra Bonino si dia alla cura della casa, e lasci stare la politica, sempreché non faccia tutto questo per aspirare ad un grande ruolo nella politica internazionale, sulla scia del successo della Carla del Ponte.