La Bce ha annunciato il rialzo dei tassi di interessi, per continuare la stretta monetaria e contribuire al ribasso dell'inflazione che, nel mercato comunitario, si stima raggiungere il 2%. L'atteggiamento di Trichet non può certo dirsi che sia controcorrente in quanto in un certo senso riprende la tendenza dell'intero mercato monetario: non esiste "Stato" che in questo momento faccia una politica monetaria espansiva, ossia riducendo i tassi e dando moneta al mercato.
La risposta a tale decisione, può essere macroeconomica, ossia legata all'aumento generalizzato dei prezzi che tra l'altro è dovuto all'aumento delle materie prime e della circolazione di denaro, e politica, ossia volta a sottrarre al dollaro investitori che, nonostante gli interessi elevati, privilegiano mercati più stabili. Attualmente in America il Governo e il Congresso sostengono incondizionatamente la politica di Bernanke che, assieme ai suoi consulenti, lotta con tutti i mezzi per convincere gli investitori a non perdere fiducia nell'America.
Lo Standard & Poor's, ha reso noto che l'economia americana non conoscerà necessariamente una recessione se il prezzo del barile di petrolio raggiungesse i 100 dollari, ma i consumatori ne subirebbero le conseguenze e la crescita rallenterebbe oltre la previsione. Occorrerebbe solo un uragano, un attacco su di grandi aree produttive o l'interruzione delle provviste di un grande produttore come l'Iran per portare a quei livelli il corso del petrolio. L'aumento del costo di tale materia prima, più che essere una causa della crisi del sistema è il sintomo della fine di un'epoca, la conseguenza di un sistema impostato su di una fonte di energia obsoleta per assecondare la lobby delle sette sorelle.
Se si accetta tale chiave di lettura, si riesce anche a capire che la guerra in Libano è l'evento dall'impatto sconvolgente, che segna il passaggio da un'era capitalistica, basata sulla moneta senza controvalore, all'economia delle merci e delle materie prime. Noi stiamo cambiando, la nostra economia non sarà più quella convenzionale che tutti conosciamo, molto probabilmente la moneta, come concetto a cui siamo legati oggi, non esisterà affatto: sarà completamente virtualizzata ad inserita in un circuito telematico di portata mondiale che porterà anche confondere la sovranità di una Banca Centrale. Passaggio intermedio rispetto a tale risultato finale è stata la creazione di una borsa globale, in cui le borse mondiali si fondono e le società ivi quotate si internazionalizzano proprio in virtù di questo circuito telematico globalizzato. Qui la moneta si smaterializzerà ancora di più e sarà davvero difficile definire con sicurezza il valore di una valuta, sempre che esso sia ancora legato al valore di uno Stato. La fase successiva è alquanto immediata, perché una volta creato il circuito finanziario, dotato della giusta tecnologia, sarà a tutti accessibili mediante un unico apparecchio che costituirà la carta di credito del futuro.
Tutti gli Stati si stanno muovendo in sincrono con tali eventi, e risulta davvero difficile capire bene oggi chi si contrappone ad una potenza e chi invece la sostiene. Deve far riflettere ad esempio il comportamento della Cina che, nonostante detenga molta valuta denominata in dollari, e titoli di debito pubblico in quantità da poter mettere fine a questa egemonia politica, asseconda le richieste della Fed di rivalutare lo Yuan che risulta ancora troppo svalutato rispetto al dollaro e rischia di tenere la bilancia dei pagamenti ancora troppo in rosso.
L'economia della Cina, cresciuta in maniera esponenziale grazie all'eccesso di offerta di lavoro che ha tenuto bassi i salari, è tra le più produttive ma è anche dipendente, sia perché ha bisogno dei mercati di sbocco e dunque di aver accesso ai corridoi di merci, ma anche di energia. Ne ha un bisogno talmente disperato che dinanzi all'esigenza è pronta senz'altro ad allearsi con i suoi nemici per sopravvivere.
La guerra in Libano da questo punto di vista, sta prendendo una tendenza che rispecchia perfettamente sia l'esigenza dell'America, che quella della Cina e della stessa Europa. Con riferimento a quest'ultima, la politica estera adottata non ha preso ancora una forma, è molto eterogenea ed è stata da tempo decisa nei consigli di amministrazione di Gazprom, in quanto se l'Europa vorrà riscaldarsi durante quest'inverno dovrà seguire le indicazioni del suo più elevato esponente. L'ingerenza di questa entità economica non va sottovalutata, basti infatti osservare cosa è accaduto in Ucraina, in cui, dopo un breve soggiorno del presidente eletto, si è rovesciato il governo per darlo ad un altro filo-russo, che probabilmente riuscirà a rimpinguare i serbatoi ucraini svuotati a causa dell'ostracismo di Mosca durante il grande gelo.
La notizia di un probabile attacco da parte dell'America di Siria e Iran, confermata anche dalle parole di Blair che ha parlato dei due Stati come la patria del terrorismo, è la dimostrazione del vero motivo della guerra. Prendendo l'Iran, infatti, l'America avrà la possibilità di tenere il presidio dei pozzi di petrolio e dei gasdotti ivi presenti, e anche il controllo dello sbocco a mare delle materie prime trasportate da queste pipelines. Infatti già da tempo vi è un movimento di contingenti in quelle zone, e lo stesso buio dei radar italiani è stato un atto di boicottaggio per consentire lo spostamento nel mediterraneo delle flotte. I contingenti sono già lì, nel vicino Afganistan meridionale, sono in missione di pace e hanno ora il compito di controllare la pipeline che discende dalla Russia, attraversa l'Afganistan e si incrocia con quella che proviene dall'Iran.
L'America, controllando l'Iran potrà controllare il popolo musulmano, ora in balìa dei gruppi rivoluzionari che finiscono per rovinare la loro vita, l'offerta del petrolio più prezioso, dunque anche a vantaggio delle Banche sponsor, e infine l'offerta energetica della Cina. Sarà l'America a fornire alla Cina la linfa di cui ha bisogno e questa sarà così ancora più dipendente da essa, che sarà il suo mercato di esportazione e il diretto fornitore di energia e valuta. Questo potrà davvero evitare la recessione degli Stati Uniti, che avranno nel nuovo mercato cinese una controparte di riferimento, e nel Medioriente un pozzo di energia per arginare l'avanzata dei russi verso l'Asia e il Mediterranneo orientale, presieduto dagli alleati Turchia e Israele.
La risposta a tale decisione, può essere macroeconomica, ossia legata all'aumento generalizzato dei prezzi che tra l'altro è dovuto all'aumento delle materie prime e della circolazione di denaro, e politica, ossia volta a sottrarre al dollaro investitori che, nonostante gli interessi elevati, privilegiano mercati più stabili. Attualmente in America il Governo e il Congresso sostengono incondizionatamente la politica di Bernanke che, assieme ai suoi consulenti, lotta con tutti i mezzi per convincere gli investitori a non perdere fiducia nell'America.
Lo Standard & Poor's, ha reso noto che l'economia americana non conoscerà necessariamente una recessione se il prezzo del barile di petrolio raggiungesse i 100 dollari, ma i consumatori ne subirebbero le conseguenze e la crescita rallenterebbe oltre la previsione. Occorrerebbe solo un uragano, un attacco su di grandi aree produttive o l'interruzione delle provviste di un grande produttore come l'Iran per portare a quei livelli il corso del petrolio. L'aumento del costo di tale materia prima, più che essere una causa della crisi del sistema è il sintomo della fine di un'epoca, la conseguenza di un sistema impostato su di una fonte di energia obsoleta per assecondare la lobby delle sette sorelle.
Se si accetta tale chiave di lettura, si riesce anche a capire che la guerra in Libano è l'evento dall'impatto sconvolgente, che segna il passaggio da un'era capitalistica, basata sulla moneta senza controvalore, all'economia delle merci e delle materie prime. Noi stiamo cambiando, la nostra economia non sarà più quella convenzionale che tutti conosciamo, molto probabilmente la moneta, come concetto a cui siamo legati oggi, non esisterà affatto: sarà completamente virtualizzata ad inserita in un circuito telematico di portata mondiale che porterà anche confondere la sovranità di una Banca Centrale. Passaggio intermedio rispetto a tale risultato finale è stata la creazione di una borsa globale, in cui le borse mondiali si fondono e le società ivi quotate si internazionalizzano proprio in virtù di questo circuito telematico globalizzato. Qui la moneta si smaterializzerà ancora di più e sarà davvero difficile definire con sicurezza il valore di una valuta, sempre che esso sia ancora legato al valore di uno Stato. La fase successiva è alquanto immediata, perché una volta creato il circuito finanziario, dotato della giusta tecnologia, sarà a tutti accessibili mediante un unico apparecchio che costituirà la carta di credito del futuro.
Tutti gli Stati si stanno muovendo in sincrono con tali eventi, e risulta davvero difficile capire bene oggi chi si contrappone ad una potenza e chi invece la sostiene. Deve far riflettere ad esempio il comportamento della Cina che, nonostante detenga molta valuta denominata in dollari, e titoli di debito pubblico in quantità da poter mettere fine a questa egemonia politica, asseconda le richieste della Fed di rivalutare lo Yuan che risulta ancora troppo svalutato rispetto al dollaro e rischia di tenere la bilancia dei pagamenti ancora troppo in rosso.
L'economia della Cina, cresciuta in maniera esponenziale grazie all'eccesso di offerta di lavoro che ha tenuto bassi i salari, è tra le più produttive ma è anche dipendente, sia perché ha bisogno dei mercati di sbocco e dunque di aver accesso ai corridoi di merci, ma anche di energia. Ne ha un bisogno talmente disperato che dinanzi all'esigenza è pronta senz'altro ad allearsi con i suoi nemici per sopravvivere.
La guerra in Libano da questo punto di vista, sta prendendo una tendenza che rispecchia perfettamente sia l'esigenza dell'America, che quella della Cina e della stessa Europa. Con riferimento a quest'ultima, la politica estera adottata non ha preso ancora una forma, è molto eterogenea ed è stata da tempo decisa nei consigli di amministrazione di Gazprom, in quanto se l'Europa vorrà riscaldarsi durante quest'inverno dovrà seguire le indicazioni del suo più elevato esponente. L'ingerenza di questa entità economica non va sottovalutata, basti infatti osservare cosa è accaduto in Ucraina, in cui, dopo un breve soggiorno del presidente eletto, si è rovesciato il governo per darlo ad un altro filo-russo, che probabilmente riuscirà a rimpinguare i serbatoi ucraini svuotati a causa dell'ostracismo di Mosca durante il grande gelo.
La notizia di un probabile attacco da parte dell'America di Siria e Iran, confermata anche dalle parole di Blair che ha parlato dei due Stati come la patria del terrorismo, è la dimostrazione del vero motivo della guerra. Prendendo l'Iran, infatti, l'America avrà la possibilità di tenere il presidio dei pozzi di petrolio e dei gasdotti ivi presenti, e anche il controllo dello sbocco a mare delle materie prime trasportate da queste pipelines. Infatti già da tempo vi è un movimento di contingenti in quelle zone, e lo stesso buio dei radar italiani è stato un atto di boicottaggio per consentire lo spostamento nel mediterraneo delle flotte. I contingenti sono già lì, nel vicino Afganistan meridionale, sono in missione di pace e hanno ora il compito di controllare la pipeline che discende dalla Russia, attraversa l'Afganistan e si incrocia con quella che proviene dall'Iran.
L'America, controllando l'Iran potrà controllare il popolo musulmano, ora in balìa dei gruppi rivoluzionari che finiscono per rovinare la loro vita, l'offerta del petrolio più prezioso, dunque anche a vantaggio delle Banche sponsor, e infine l'offerta energetica della Cina. Sarà l'America a fornire alla Cina la linfa di cui ha bisogno e questa sarà così ancora più dipendente da essa, che sarà il suo mercato di esportazione e il diretto fornitore di energia e valuta. Questo potrà davvero evitare la recessione degli Stati Uniti, che avranno nel nuovo mercato cinese una controparte di riferimento, e nel Medioriente un pozzo di energia per arginare l'avanzata dei russi verso l'Asia e il Mediterranneo orientale, presieduto dagli alleati Turchia e Israele.