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27 giugno 2007

Basilea : lasciar fallire l'esercito degli insolventi


La Banca dei regolamenti internazionali, una delle più antiche istituzioni finanziarie nata a Basilea nel 1930 ed oggi centro per la cooperazione delle banche centrali, rende pubblico il rapporto dello Stato della economia mondiale. Un rapporto che ha come elemento centrale il debito, sia per le famiglie e le imprese, che per gli Stati, rilevando una situazione di crisi o di protratto indebitamento che porta all'inevitabile fallimento.
L'unica nota positiva del rapporto pare che siano proprio le grandi performance delle Banche europee nelle operazioni di fusioni e acquisizioni, con una nota di apprezzamento per il processo virtuoso di fusioni bancarie grazie all'intervento del governo verso le deregolamentazioni dell'apparato legislativo.

La sofferenza dei bilanci familiari e delle imprese, patologicamente dipendenti rispetto all'indebitamento, porterà a creare, secondo la Banca dei regolamenti internazionali un nuovo esercito di "morosi" che possono, con le loro insolvenze compromettere in un certo senso la stabilità del sistema. In particolare la BRI afferma che l'insolvenza, e così l'espropriazione degli immobili messi in vendita forzatamente, rischiano di far salire lo stock di abitazioni offerte sul mercato, facendo calare i prezzi e innescare una sorta di bolla immobiliare.
Alla base di questa insolvenza patologica vi sarebbe la maggiore concessioni di crediti e un allentamento dei criteri di valutazione della solvenza, e la maggiore richiesta di mutui che spinge le Banche ad aumentare i tassi di interesse. Un'osservazione questa della BRI che non rispecchia molto la realtà del sistema monetario, in quanto è la Banca Centrale che decide di aumentare i tassi di interesse di riferimento per combattere l'inflazione e imporre una stretta monetaria: presto infatti arriverà l'ulteriore rialzo sino al 4,5%, cosa che continuerà ad aumentare l'inflazione - invece di combatterla - perché causerà un conseguente aumento dei tassi di interesse per l'indebitamento e così anche dei prezzi dei beni di consumo.
I dati rilevati dalle imprese e dagli individui sono invece discordanti rispetto a quelli della BRI, perché se ha una parte aumentano le concessioni di piccoli prestiti e le carte di credito, l'accesso al finanziamento delle attività economiche è molto difficile, reso più macchinoso proprio dai nuovi pilastri di Basilea 2. Nel momento in cui i casi di morosità aumenteranno, perché evidentemente le persone non riusciranno a rimettere i propri debiti, si verrà a creare una zona grigia che rischia, secondo la BRI, di compromettere addirittura il mercato immobiliare o la solvibilità del sistema, che si basa proprio sul continuo pagamento di debiti e la contrazione di nuovi.
Questa è una delle tante motivazioni che ha spinto la BRI a chiedere ai governi dei rimedi più drastici dinanzi alle società in dissesto: occorre lasciar fallire le imprese che non riescono a competere sul mercato, vanno lasciate fallire, altrimenti rischiano di contaminare il resto del tessuto economico. Se si consente alle società in crisi di rimanere in piedi, si rischia dunque, secondo la Banca di Basilea, che le altre imprese vengano danneggiate.
Quello che però le Istituzioni non dicono, è che le imprese che falliscono spesso non sono messe nelle condizioni di potere portare avanti un'attività economica, o che le famiglie non riescono a sostenere il peso dei debiti. Va dunque posta una chiara distinzione tra il finanziamento a fondo perduto di vecchie strutture che non fanno altro che macinare e fabbricare debiti, e che vengono tenute in piedi perché rientrano negli interessi di alcune lobbies, dal sostegno alle imprese che non riescono a sopravvivere per colpa delle distorsioni del sistema stesso. Ancora, se la BRI si riferisce ancora una volta alle aziende statali che offrono dei servizi pubblici e che oggi sono definiti "i vecchi carrozzoni" , allora bisogna comunque stare attenti e fare le dovute distinzioni. Occorre dunque distinguere quelle situazioni in cui occorre riorganizzare l'Amministrazione Pubblica che non funziona in maniera efficiente perchè basata su servilismi e privilegi, da quelle in cui si sceglie la privatizzazione selvaggia e la svendita del patrimonio pubblico. Consentire la dismissione delle aziende pubbliche, invece di provvedere alla sua riorganizzazione secondo dei principi di economicità, che valgono per il settore privato, è la politica delle lobbies economiche e non dello Stato. Allo stesso modo lasciar fallire delle imprese perchè non competitive e dannose per il sistema, è l'alibi dello Stato che non vuole ammettere di essere in grado di aiutare le sue aziende con progetti di sviluppo e politiche economiche mirate.

Se uno Stato favorisce il fallimento, allora vuol dire che è lo Stato stesso ad essere fallito e che vive sull'usura delle attività economica e della rigenerazione dei debiti, vuol dire che siamo in un sistema di schiavitù che uccide chi non riesce a sopravvivere. La legge del fallimento, purtroppo, è la legge del creditore, ma non del debitore che dovrebbe essere invece aiutato ad evitare il fallimento per rigenerare la sua impresa.