di Etleboro Emilia Romagna
L’occultamento delle tecnologie all’opinione pubblica ha cambiato il corso della storia dell’umanità, passando attraverso i processi economici, i processi mediatici e quelli sociali. Vero e falso sono indistinguibili ormai tra loro, proprio grazie alle nostre paure, e attuano le speculazioni decise anni fa dalle lobbies bancarie. È questa l’epoca di una delle più grandi bufale dell’epoca moderna, “il riscaldamento globale” : Haarp e scie chimiche fanno da padrone in questa farsa, e proprio in concomitanza ad una serie di fattori come la carenza petrolifera, il processo di privatizzazione degli acquedotti e gli OGM. Questo processo mediatico sta inducendo le persone a cambiare il proprio comportamento riguardo ai consumi ed alle fonti energetiche ed idriche. Il fatto che ci stiano nascondendo l’origine e la causa di questo fenomeno, mette in moto dei processi che non risolveranno il problema, perché saranno dei semplici sforzi per tamponare i sintomi ma non guarire la malattia.
Tra le tante soluzioni che l’uomo sta cercando di trovare una riguarda la ricerca della fonte primaria dei carburanti, che piano piano dovrà passare dal petrolio, al biodiesel (biocombustibile liquido ottenuto da oli vegetali come colza e girasole) e al bioetanolo (etanolo ottenuto dalla distillazione di masse vegetali come la canna da zucchero o il mais). Si parla di un potenziale immenso, basti pensare che solo nell’Unione Europea su 97 milioni di ettari coltivabili, solo 1,6 milioni vengono utilizzati per la produzione energetica.
Questa soluzione è in realtà un grandissimo abbaglio, perché, mentre è facile intuire che ottenere etanolo da residui vegetali è alquanto facile e ha solo un effetto positivo, ben più difficile è coltivare grandi distese di terreno solo per la produzione di biocombustibili. Bisognerebbe espandere in modo intensivo le coltivazioni esclusivamente per la produzione di carburanti con effetti disastrosi per la sicurezza alimentare.
Tranne alcuni Stati, come Brasile, Argentina o Cina, che hanno un elevata estensione, riuscendo quindi ad approvvigionare il 30% del fabbisogno dei combustibili per automezzi, gli altri non vogliono mettere a repentaglio la produzione di pregiati prodotti alimentari convertendosi completamente all’energia, magari grazie a sovvenzioni eccessive. L’Italia, per esempio, anche se mettesse a disposizione l’intera estensione coltivabile per i biocombustibili, dovrebbe comunque importare una parte dei carburanti e la totalità degli approvvigionamenti alimentari. Non solo, oltre un terzo delle terre coltivabili è sfruttato oggi per produrre cereali per la zootecnia invece che per l'alimentazione umana, a differenza del passato in cui il bestiame si nutriva del foraggio delle praterie. Tutto questo sarebbe un disastro per il nostro Paese dal punto di vista economico, perché verrebbero meno l’introito delle accise sui carburanti, che finanziano quelle immense strutture che non producono alcuna ricchezza, come le strutture statali. Di fatto la tassazione delle risorse energetiche causa una doppia imposizione perpetua in quanto ogni prodotto è figlio dell’energia, e quindi subisce una tassazione al momento in cui origina e in ogni fase della sua trasformazione, che richiede sempre energia.
Il mercato dei combustibili basato sul petrolio innesca un circolo vizioso sulla base del quale lo Stato compra attraverso le tasse i mezzi per le infrastrutture e impone ancora tasse sui prodotti che ottiene mediante le accise.
I biocombustibili, dunque, sono un passaggio obbligato ma non risolutivo, quantomeno in una società distaccata e disinformata sulla free energy. Anche sull’argomento dei biocombustibili esiste una valida soluzione che va a smascherare qualsiasi processo disinformativo. Di fatto la tecnologia oggi in uso è vecchia di circa un secolo, questo perché ad ogni idea rivoluzionaria corrisponde una “commissione di esperti” pronti a screditarla, ed è proprio per questo che le più grandi soluzioni ormai risiedo nel passato.
Ci sono progetti che avrebbero dovuto avere il loro apice applicativo in epoca attuale, se fossero stati messi in opera nel periodo dell’ideazione, e molti ne stono stati presentati per i biodiesel. La limitazione delle terre coltivabili, limita le risorse alimentari e così anche la quantità di terra destinante ai biocarburanti, in funzione dell’eccesso di terreno ad essi destinabili. Bisogna quindi svincolarsi il più possibile dall’estensione territoriale, ed agire esattamente secondo la stessa logica che permise alle tribù nomadi del passato di stabilizzarsi e crescere in numero senza occupare estensioni di terra in modo eccessivo, e cioè occupare lo spazio in quota.
E’ negli anni ‘50 e ‘60 che sono stati ideati dei progetti per strutture immense per le popolazioni e le coltivazioni su più livelli, che nonostante le ingenti risorse economiche, avrebbero trovato una logica applicativa proprio per i benefici che si sarebbero perpetuati nelle epoche a venire. Purtroppo questi progetti sono rimasti solo dei progetti. Le Corbusier, Edouard Utudjan, Frank Lloyd Wright , il Brukminster Fuller Institute, idearono le Megalopoli, ossia delle strutture urbanistiche che si sviluppavano in altezza e si proponevano come obiettivo quello di garantire maggiore spazio vitale alla popolazione, l'utilizzo efficiente dei materiali e lo sfruttamento intelligente delle superfici. Applicando a queste strutture i sistemi di coltivazione aeroponica, sarebbe stato possibile realizzare degli enormi ecosistemi che si sviluppano in altezza.
Portare le coltivazioni su più livelli eleverebbe ad un potenziale teorico di almeno cento volte le risorse agricole attuali, ma questo non sarebbe l’unico vantaggio. Ogni singola struttura rimarrebbe un ecosistema molto più isolato e quindi meno soggetto alle variazioni climatiche. Con la copertura superficiale esterna composta di pannelli fotovoltaici, le strutture potrebbe massimizzare il processo di automazione interno e auto-generare le risorse idriche attraverso impianti di deumidificazione, mentre l’utilizzo di sistemi di coltivazione aeroponica incrementerebbero notevolmente la produzione.
Nei sistemi di coltivazione aeroponica ad elevata densità (HDAS) le piante sono sorrette da semplici strutture di sostegno e gli apparati radicali si sviluppano al di fuori di qualsiasi substrato liquido o solido, sono infatti sospesi e ricevono la soluzione nutriva in forma nebulizzata attraverso degli appositi erogatori. Le strutture che sorreggono le piante, tubi in PVC o più frequentemente pannelli in polistirolo espanso, possono avere disposizione verticale, orizzontale o su un piano inclinato, in questo caso consentono di adottare densità d’impianto più elevate. La nebulizzazione della soluzione nutritiva sulle radici può avvenire ad intermittenza o in ciclo continuo, la soluzione eccedente ricade alla base della struttura di sostegno e viene ricircolata.
Nei primi decenni del novecento, la canapa era in quest’ottica il motore del mondo, data la sua versatilità e maggiormente intensificata in un’epoca in cui la popolazione era decisamente inferiore esattamente come i mezzi a combustione interna.
E’ infatti la concomitanza di due fattori che porterebbe a benefici per l’umanità: il riutilizzo della canapa e le strutture di coltivazione a più livelli, fermo restando che queste strutture verrebbero utilizzate per ogni genere di coltura. Queste strutture modificherebbero notevolmente la nostra società, perché il beneficio andrebbe al di là dell’indipendenza energetica ed alimentare di un paese, ma varrebbe il tal senso anche a livello locale.
Le singole città diverrebbero autonome, e i singoli processi economici attualmente in vigore verrebbero meno, così quell’entità che basano la loro esistenza sulle banche e per l’acquisizione di ogni bene e servizio, e non certamente sulla coesistenza delle diversità e la fratellanza.
Se le strutture appartengono al pubblico e non a società private si garantirebbe sicuramente la loro autonomia e il concetto stesso di trasporto delle merci perché vi sarebbero dei benefici proprio sull’inquinamento. In realtà se l’uomo cambiasse a tal punto da concepire tali sistemi che rendano inutile qualsiasi processo di ricatto economico, allora sarebbe pronto ad andare oltre e cioè ancora più indietro nel passato in cui la free energy stava per imporsi . In ogni caso sarebbe possibile modificare il sistema economico-energetico anche senza rivoluzionarlo del tutto, provocando l’isolamento di coloro che dicono un no risoluto a quei meccanismi industriali basati sui carburanti.
L’occultamento delle tecnologie all’opinione pubblica ha cambiato il corso della storia dell’umanità, passando attraverso i processi economici, i processi mediatici e quelli sociali. Vero e falso sono indistinguibili ormai tra loro, proprio grazie alle nostre paure, e attuano le speculazioni decise anni fa dalle lobbies bancarie. È questa l’epoca di una delle più grandi bufale dell’epoca moderna, “il riscaldamento globale” : Haarp e scie chimiche fanno da padrone in questa farsa, e proprio in concomitanza ad una serie di fattori come la carenza petrolifera, il processo di privatizzazione degli acquedotti e gli OGM. Questo processo mediatico sta inducendo le persone a cambiare il proprio comportamento riguardo ai consumi ed alle fonti energetiche ed idriche. Il fatto che ci stiano nascondendo l’origine e la causa di questo fenomeno, mette in moto dei processi che non risolveranno il problema, perché saranno dei semplici sforzi per tamponare i sintomi ma non guarire la malattia.
Tra le tante soluzioni che l’uomo sta cercando di trovare una riguarda la ricerca della fonte primaria dei carburanti, che piano piano dovrà passare dal petrolio, al biodiesel (biocombustibile liquido ottenuto da oli vegetali come colza e girasole) e al bioetanolo (etanolo ottenuto dalla distillazione di masse vegetali come la canna da zucchero o il mais). Si parla di un potenziale immenso, basti pensare che solo nell’Unione Europea su 97 milioni di ettari coltivabili, solo 1,6 milioni vengono utilizzati per la produzione energetica.
Questa soluzione è in realtà un grandissimo abbaglio, perché, mentre è facile intuire che ottenere etanolo da residui vegetali è alquanto facile e ha solo un effetto positivo, ben più difficile è coltivare grandi distese di terreno solo per la produzione di biocombustibili. Bisognerebbe espandere in modo intensivo le coltivazioni esclusivamente per la produzione di carburanti con effetti disastrosi per la sicurezza alimentare.
Tranne alcuni Stati, come Brasile, Argentina o Cina, che hanno un elevata estensione, riuscendo quindi ad approvvigionare il 30% del fabbisogno dei combustibili per automezzi, gli altri non vogliono mettere a repentaglio la produzione di pregiati prodotti alimentari convertendosi completamente all’energia, magari grazie a sovvenzioni eccessive. L’Italia, per esempio, anche se mettesse a disposizione l’intera estensione coltivabile per i biocombustibili, dovrebbe comunque importare una parte dei carburanti e la totalità degli approvvigionamenti alimentari. Non solo, oltre un terzo delle terre coltivabili è sfruttato oggi per produrre cereali per la zootecnia invece che per l'alimentazione umana, a differenza del passato in cui il bestiame si nutriva del foraggio delle praterie. Tutto questo sarebbe un disastro per il nostro Paese dal punto di vista economico, perché verrebbero meno l’introito delle accise sui carburanti, che finanziano quelle immense strutture che non producono alcuna ricchezza, come le strutture statali. Di fatto la tassazione delle risorse energetiche causa una doppia imposizione perpetua in quanto ogni prodotto è figlio dell’energia, e quindi subisce una tassazione al momento in cui origina e in ogni fase della sua trasformazione, che richiede sempre energia.
Il mercato dei combustibili basato sul petrolio innesca un circolo vizioso sulla base del quale lo Stato compra attraverso le tasse i mezzi per le infrastrutture e impone ancora tasse sui prodotti che ottiene mediante le accise.
I biocombustibili, dunque, sono un passaggio obbligato ma non risolutivo, quantomeno in una società distaccata e disinformata sulla free energy. Anche sull’argomento dei biocombustibili esiste una valida soluzione che va a smascherare qualsiasi processo disinformativo. Di fatto la tecnologia oggi in uso è vecchia di circa un secolo, questo perché ad ogni idea rivoluzionaria corrisponde una “commissione di esperti” pronti a screditarla, ed è proprio per questo che le più grandi soluzioni ormai risiedo nel passato.
Ci sono progetti che avrebbero dovuto avere il loro apice applicativo in epoca attuale, se fossero stati messi in opera nel periodo dell’ideazione, e molti ne stono stati presentati per i biodiesel. La limitazione delle terre coltivabili, limita le risorse alimentari e così anche la quantità di terra destinante ai biocarburanti, in funzione dell’eccesso di terreno ad essi destinabili. Bisogna quindi svincolarsi il più possibile dall’estensione territoriale, ed agire esattamente secondo la stessa logica che permise alle tribù nomadi del passato di stabilizzarsi e crescere in numero senza occupare estensioni di terra in modo eccessivo, e cioè occupare lo spazio in quota.
E’ negli anni ‘50 e ‘60 che sono stati ideati dei progetti per strutture immense per le popolazioni e le coltivazioni su più livelli, che nonostante le ingenti risorse economiche, avrebbero trovato una logica applicativa proprio per i benefici che si sarebbero perpetuati nelle epoche a venire. Purtroppo questi progetti sono rimasti solo dei progetti. Le Corbusier, Edouard Utudjan, Frank Lloyd Wright , il Brukminster Fuller Institute, idearono le Megalopoli, ossia delle strutture urbanistiche che si sviluppavano in altezza e si proponevano come obiettivo quello di garantire maggiore spazio vitale alla popolazione, l'utilizzo efficiente dei materiali e lo sfruttamento intelligente delle superfici. Applicando a queste strutture i sistemi di coltivazione aeroponica, sarebbe stato possibile realizzare degli enormi ecosistemi che si sviluppano in altezza.
Portare le coltivazioni su più livelli eleverebbe ad un potenziale teorico di almeno cento volte le risorse agricole attuali, ma questo non sarebbe l’unico vantaggio. Ogni singola struttura rimarrebbe un ecosistema molto più isolato e quindi meno soggetto alle variazioni climatiche. Con la copertura superficiale esterna composta di pannelli fotovoltaici, le strutture potrebbe massimizzare il processo di automazione interno e auto-generare le risorse idriche attraverso impianti di deumidificazione, mentre l’utilizzo di sistemi di coltivazione aeroponica incrementerebbero notevolmente la produzione.
Nei sistemi di coltivazione aeroponica ad elevata densità (HDAS) le piante sono sorrette da semplici strutture di sostegno e gli apparati radicali si sviluppano al di fuori di qualsiasi substrato liquido o solido, sono infatti sospesi e ricevono la soluzione nutriva in forma nebulizzata attraverso degli appositi erogatori. Le strutture che sorreggono le piante, tubi in PVC o più frequentemente pannelli in polistirolo espanso, possono avere disposizione verticale, orizzontale o su un piano inclinato, in questo caso consentono di adottare densità d’impianto più elevate. La nebulizzazione della soluzione nutritiva sulle radici può avvenire ad intermittenza o in ciclo continuo, la soluzione eccedente ricade alla base della struttura di sostegno e viene ricircolata.
Nei primi decenni del novecento, la canapa era in quest’ottica il motore del mondo, data la sua versatilità e maggiormente intensificata in un’epoca in cui la popolazione era decisamente inferiore esattamente come i mezzi a combustione interna.
E’ infatti la concomitanza di due fattori che porterebbe a benefici per l’umanità: il riutilizzo della canapa e le strutture di coltivazione a più livelli, fermo restando che queste strutture verrebbero utilizzate per ogni genere di coltura. Queste strutture modificherebbero notevolmente la nostra società, perché il beneficio andrebbe al di là dell’indipendenza energetica ed alimentare di un paese, ma varrebbe il tal senso anche a livello locale.
Le singole città diverrebbero autonome, e i singoli processi economici attualmente in vigore verrebbero meno, così quell’entità che basano la loro esistenza sulle banche e per l’acquisizione di ogni bene e servizio, e non certamente sulla coesistenza delle diversità e la fratellanza.
Se le strutture appartengono al pubblico e non a società private si garantirebbe sicuramente la loro autonomia e il concetto stesso di trasporto delle merci perché vi sarebbero dei benefici proprio sull’inquinamento. In realtà se l’uomo cambiasse a tal punto da concepire tali sistemi che rendano inutile qualsiasi processo di ricatto economico, allora sarebbe pronto ad andare oltre e cioè ancora più indietro nel passato in cui la free energy stava per imporsi . In ogni caso sarebbe possibile modificare il sistema economico-energetico anche senza rivoluzionarlo del tutto, provocando l’isolamento di coloro che dicono un no risoluto a quei meccanismi industriali basati sui carburanti.