Sul gas, sul petrolio, e sull’energia elettrica, nessuno pensi di poter fare da solo, quantomeno in Europa. Non deve quindi esistere una politica energetica nazionale ma solamente una europea, controllata ovviamente da un apposito organismo, creato ad hoc, con sede ovviamente a Bruxelles.
Un organismo al quale verrà di conseguenza assegnato un potere a dir poco enorme, in grado di dare ordini a tutti gli Stati nazionali e a stabilire presumibilmente il quantum di energia di cui ognuno di essi ha bisogno.
Dopo la fine della sovranità monetaria, con la nascita dell’euro, e di quella politica, ecco arrivare immancabile la tappa successiva le cui implicazioni non sono ancora ben chiare nemmeno a quei politici con responsabilità di governo che dovranno in futuro dargli il via libera. E lo faranno perché in nome e per paura di un male inteso europeismo nessuno di costoro avrà il coraggio di dire no. Il principio che si sta cercando di fare passare è che per assicurare energia in abbondanza e a basso prezzo a tutte le famiglie e le imprese, l'Europa deve parlare ad una sola voce, unificando le regole e la gestione delle reti di trasmissione. E’ quanto aveva già auspicato il primo ministro francese Dominique De Villepin, ed è quanto ha sostenuto l'Amministratore Delegato dell'Enel, Fulvio Conti (nella foto), che in un intervento sul Financial Times, ha insistito sul fatto che la fragilità del sistema di approvvigionamenti continentale rende necessaria una diversificazione del mix dei combustibili e impone l'abbandono di “sterili logiche nazionalistiche. “La dipendenza energetica dell'Europa – ha affermato Conti - non è una sfida che può essere raccolta in modo efficace da 27 micro-mercati indipendenti l'uno dall'altro. La sfida deve invece essere raccolta da aziende di livello europeo sufficientemente grandi per negoziare con i grandi fornitori, e deve inoltre essere raccolta da una sola voce. L'Europa è il secondo consumatore mondiale di energia e i benefici derivanti dal negoziare con una voce unica sono evidenti”.
A suo avviso è inoltre urgente diversificare le fonti per garantire sicurezza ed economicità negli approvvigionamenti.
“L'Europa – ha ricordato - importa il 65% dell'energia che consuma, e questa cifra è destinata salire all'80% nei prossimi 20 anni. Dobbiamo sviluppare nuove infrastrutture per importare gas, e gas liquefatto, nei Paesi fornitori e nei Paesi di transito, e ciò richiede un forte sostegno politico europeo. Nello stesso tempo, dobbiamo guardare oltre il gas, sviluppando le fonti rinnovabili e la tecnologia del carbone pulito”.
Di conseguenza, “Il processo di armonizzazione europea deve anche riguardare le regole per eliminare disparità competitive. In Italia, per esempio, Enel ha il 35% della generazione mentre in Francia EdF ha il 90% e l'unica società straniera che detiene asset è Endesa, con meno del 2% del mercato francese. La competizione e la sicurezza degli approvvigionamenti – ha insistito Conti - non sono concetti che si escludono a vicenda. Al contrario: la libera competizione genera le efficienze e genera gli investimenti necessari ad avere energia sicura, a buon prezzo e sostenibile. Per questo l'Europa ha bisogno di nuove regole per il Mercato Unico sulla cui attuazione sorveglino regolatori nazionali realmente indipendenti”. E ricordando il blackout che ha colpito gran parte dell’Europa nell’inverno scorso, Conti ha affermato che a suo avviso “anche le reti di trasmissione devono essere gestite al livello europeo”.
Attraverso ovviamente il suddetto Moloch di Bruxelles.