Motore di ricerca

02 novembre 2006

Il doppio gioco di Microsoft per conquistare la Cina


Dinanzi ai limiti e alle censure del Governo Cinese, la Microsoft minaccia di abbandonare il mercato asiatico, sapendo che con sè può portare via anche internet e i motori di ricerca. Una tale eventualità isolerebbe d'un tratto la Cina dall'Economia mondiale, senza tuttavia imporre alcun embargo o limitazione al commercio internazionale: una semplice contrattazione tra privati diventa una decisione di geopolitica e di economia globale.
Ovviamente la dichiarazione di voler abbandonare il mercato cinese è stata mascherata come una decisione sofferta ma voluta dai continui contrasti con il Governo di Pechino, che senz'ombra di dubbio opera una censura all'attività delle più grandi società tecnologiche americane.
Da tempo ormai Google, Yahoo!, Microsoft e Cisco system, denunciano di dover sottostare a «censure» e «controlli preventivi» da parte delle Autorità di Pechino, che, a loro dire, non tollerano che possano liberamente circolare sul web notizie e informazioni considerate delicate. Per molto tempo il governo e le società dell'Internet hanno trovato un compromesso, accettando la censura su alcuni argomenti di particolare richiamo come la vicenda di Tienanmen o le lotte indipendentiste del Tibet. A sostegno delle ragioni delle multinazionali dell'Internet sono intervenute, spesso e volentieri, le molteplici proteste di ong e associazioni come Amnesty International per denunciare la violazione dei diritti umani che veniva fatta negando il diritto all'informazione dei cittadini cinesi. Dopo Reporter Sans Frontières, Amnesty International, è intervenuta anche l'organizzazione Human Rights Watch, che ha criticato il comportamento consensiente della Microsoft e di Google rispetto alla politica di censura del governo cinese. Hanno così sottolineato il paradosso della complicità delle ditte rispetto alla violazione del diritto all'informazione e la libertà di espressione. Tuttavia tale comportamento ha consentito a Microsoft e Google di vestire anche un ruolo di vittima che certamente non gli compete, forse per tenere viva l'attenzione su di loro e riuscire ad entrare sul mercato puntando ad un prezzo al rialzo.
Allo stesso tempo, probabilmente, il governo cinese intende ostacolare non internet in sé, inteso come mezzo di comunicazione e come base di dati dalla mole mostruosa, quanto invece la rete, il web che è in grado di imporre una dittatura, un monopolio che finirebbe per usurare l'economia cinese. L'informazione dovrà essere pagata a caro prezzo, una finestra all'interno del cyberspazio varrà quanto il costo per noleggiare una struttura aziendale, lo spazio verrà razionato e distribuito in maniera non egualitaria.
Il Governo cinese ha sicuramente detto no all'usura che le multinazionali volevano imporre, infatti possedendo il motore di ricerca riuscivano a possedere, e a controllare anche una nazione come quella cinese, inespugnabile per i finanziatori esteri.
Dinanzi alle resistenze del governo, che cercava senz'altro la possibilità di creare un proprio cyberspazio onde evitare invasioni da parte degli "invisibili", la Microsoft ha giocato d'astuzia, dichiarandosi vittima di una mirata politica di boicottaggio della Cina. In questo modo, mentre uno Stato cerca di resistere ad un attacco esterno, Microsoft può poi scatenare contro la Cina l'assetto da guerra delle organizzazioni internazionali che parleranno di violazione della libertà di espressione.
Questi paradossi fanno senz'altro capire quale sia oggi il vero potere: è impensabile che una regione come la Cina, che può paragonarsi ad un continente e ad una forza multinazionale, che va ad affiancarsi alla America nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, debba sottostare ai ricatti della Microsoft. Le minacce sono molteplici e sono giunte anche dalla Cisco, che ha comunicato i dati di un giornalista scomodo rispetto al sistema. In tal modo la resistenza al regime dittatoriale dei Motori di ricerca e delle società di informatica è truccata proprio dalla propaganda, dai media, che consentono di creare un casus belli ove nulla c'è.

I monopolisti del Cyberspazio già esistono e già tuonano, si organizzano con leggi e direttive sulle telecomunicazioni, inventano il nuovo reato, il cybercrimine, e istituzionalizzano "il ragno" della rete che è il WEB, il Foro del governo dell'Internet (GFI). Il GFI ha dichiarato la Cina una patria del crimine cybernetico, in quando tollera che venga fatto del terrorismo nei confronti degli utenti dissidenti.
L'atteggiamento della Cina è senz'altro anomalo, considerando poi la politica liberista di privatizzazione e di apertura nei confronti delle Banche, ma probabilmente si tratta di una semplice reazione ad una prima azione fatta da Microsoft e Google, che hanno attentato alla sovranità dello Stato. Create le condizioni c'è stato in un primo momento un accordo tacito per poter entrare nel mercato, ed ora si rinnega quel patto per poter denunciare la censura e porsi a pieno diritto come monopolista sul mercato.
Questa è la Geopolitica, questo il Nuovo Governo Mondiale, e la guerra è quella per acquisire il controllo delle informazione e di una parte del Cyberspazio.