La Corte di Giustizia Europea ha annullato la decisione dei Governi Europei del blocco dei fondi e delle proprietà di Yassin Adbullah Al Kadi, sceicco saudita accusato di aver finanziato con la sua attività l'organizzazione terrorista di Al Qaeda. Yassin Al Kadi, era stato infatti segnalato dalle autorità investigative internazionali come ricercato per aver finanziato Al Qaeda, chiedendo così alle autorità locali di imporre il blocco dei suoi conti correnti bancari e il sequestro dei suoi beni, nonchè il congelamento delle sue attività. Il suo nome infatti compariva nella lista dei finanziatori storici dell'organizzazione di Bin Laden, del terrorismo internazionale, e persino delle attività terroristiche in Bosnia Erzegovina. Si veda infatti l'archivio di documenti del Dossier Al Qaeda.
Per lungo tempo, Al Kadi ha portato avanti una battaglia legale affermando l’illegalità della sentenza emessa non da una Corte di Giustizia, da autorità amministrative su ordine dei Governi. Da parte loro, i Governi hanno sempre difeso la legittimità dei provvedimenti affermando che l’azione rientrava nel quadro delle leggi anti-terroristiche e delle politiche di lotta al terrorismo
La notizia della decisione della Corte Europea che difende la posizione di Yassin Al Kadi e condanna i Governi occidentali, sembra che non abbia scosso molto i media, che hanno ignorato e occultato l’accaduto. Ovviamente, all’epoca del sequestro delle sue proprietà, fu montata una vera e propria campagna mediatica contro Al Kadi, come finanziatore di Al Qaeda e dunque come un terrorista. Effettivamente l’affronto è davvero grande, considerato che Francia, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna - e di conseguenza tutti gli altri Paesi Europei - dovranno ritirare i loro provvedimenti di sequestro. La sentenza delle toghe nere ( si veda sentenza del 3 settembre Causa C-402/05 P ), afferma infatti che il blocco delle proprietà dovrà essere revocato visto che è stato preso in evidente contraddizione con il diritto legale del saudita Yassin Al Kadi a difendersi dalle accuse che gli sono state fatte. "Il diritto di difendersi, in particolare il diritto ad essere ascoltato e il diritto alla riesamina del processo non sono stati rispettati", afferma la sentenza della Corte stabilendo che "le sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee...sono annullate", che "il regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881- che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei talibani dell’Afghanistan - è annullato nella parte in cui riguarda Al Kadi e la Al Barakaat International Foundation". Condanna inoltre Il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità, nonché i Paesi inclusi in questo caso a pagare la metà delle spese giudiziali del processo.
"Gli obblighi imposti da un accordo internazionale non possono avere l’effetto di compromettere i principi costituzionali del Trattato CE, tra i quali vi è il principio secondo cui tutti gli atti comunitari devono rispettare i diritti fondamentali, atteso che tale rispetto costituisce il presupposto della loro legittimità". Così la Corte di Giustizia annulla un regolamento comunitario che recepisce una risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU nella parte che va a ledere dei diritti fondamentali, che sembrano così appartenere ad una sfera di diritto ben superiore. La Corte afferma infatti che il blocco dei beni è stato imposto senza dare al richiedente la possibilità di presentare la sua posizione in relazione alle accuse, violando il suo diritto alla difesa, in particolare del diritto al contraddittorio e del diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo, in seguito alle misure di congelamento di capitali imposte proprio dal regolamento n.881 del 2002. Sembra dunque che la Commissione Europea debba fare un passo indietro, e divedere la sua legislazione "sovranazionale" per un cittadino saudita che ha contestato l’illegittimità di un regolamento comunitario, fino a creare un’eccezione del tutto sui generis, ma che comunque costituirà un importante precedente.
L'amministratore delle proprietà di Al Kadi in Albania, Hamzeh Abu Rayyan, ha già fatto sapere in una nota inviata ai media che "anche se l`Albania non è ancora un Paese membro dell'UE, la sentenza giudiziale della Corte di Giustizia Europea è obbligatoria anche per lo Stato Albanese". Rayyan chiede che siano revocate le decisioni sia del Tribunale per i Crimini Gravi che del Ministero delle Finanze, che ha stabilito la confisca dei beni di Yassin Al Kadi in Albania. Infatti, secondo i suoi legali, il Ministero delle Finanze ha bloccato tutti i beni e le ricchezze dello sceicco Saudita in Albania, senza tuttavia nessuna sentenza da parte di un Tribunale. Improvvisamente e senza alcuna documentazione regolare, vi è stato infatti un subentro nella proprietà dei beni da parte dell'Agenzia dell'Amministrazione dei Beni Sequestrati e Confiscati. Così, dopo la sentenza della Corte Europea, i legali di Kadi hanno avvertito che passeranno ad una vera e propria battaglia legale per liberare le proprietà dello sceicco, poste ora sotto il controllo di altri soggetti illegalmente. Il caso di Yassin Al Kadi consente infatti di osservare come spesso la lotta contro il terrorismo rappresenta un’arma nelle mani di entità economiche per appropriarsi indebitamente di grandi ricchezze, legalizzando così delle vere e proprie truffe. È chiaro infatti che il sequestro dei beni di Al Kadi in Albania, se da una parte rappresenta l’esecuzione di un ordine partito dagli Stati Uniti mascherato come impegno "nella lotta al terrorismo per l’integrazione euro-atlantica", dall’altra è un’appropriazione indebita ad opera delle entità che hanno guadagnato dall’operazione. Lo scandalo contro lo sceicco Al Kadi - che ha costruito a Tirana le famose Torri Gemelle dell’Albania (nella foto) - sembra proprio che sia stato montato per "derubarlo" delle sue ricchezze, e ora dopo una lunga lotta legale, dovranno restituire ogni cosa.
L'intero castello delle norme anti-terroristiche cade, in fin dei conti, su delle procedure burocratiche definite lesive del diritto alla difesa del singolo individuo: una vera beffa se si pensa alla complessità del quadro normativo non solo europeo ma anche internazionale, ispirato alla logica diabolica della prevenzione del terrorismo. Yassin Al Kadi riesce infatti a mostrare il punto debole di un sistema profondamente sbagliato, e allo stesso tempo mette in evidenza il volto oscuro dell'anti-terrorismo, quello che condanna gli Stati "canaglia alla morte", i popoli alla guerra, i cittadini al carcere e all’espropriazione delle loro ricchezze. Si indaga oggi sul finanziamento ai terroristi, ma mai in passato sono stati fatti i dovuti controlli sui fondi che da Stati Uniti e Svizzera giungevano nei Balcani, nel Vicino Oriente e nel Medio Oriente, per finanziare guerriglie, rivoluzioni interne agli Stati e l’avvento di Governi sostenuti dall’Occidente. Dietro le leggi di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo vi è una strategia di controllo dei flussi di denaro e del movimento delle masse, al fine di costruire base di dati dall’importanza strategica per le entità economiche e per i progetti geopolitici.
Elaborazioni.Telematiche.Libere.Economiche.Basi.Operative.Ricerca.Oltranza "Crediamo di morire per la patria, ma moriamo per le Banche!"
Motore di ricerca
08 settembre 2008
La Corte Europea condanna l'anti-terrorismo
La Corte di Giustizia Europea ha annullato la decisione dei Governi Europei del blocco dei fondi e delle proprietà di Yassin Adbullah Al Kadi, sceicco saudita accusato di aver finanziato con la sua attività l'organizzazione terrorista di Al Qaeda. Di consegnenza tutti Francia, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna - e di conseguenza tutti gli altri Paesi Europei - dovranno ritirare i loro provvedimenti di sequestro e pagare la metà delle spese processuali. "Il diritto di difendersi, in particolare il diritto ad essere ascoltato e il diritto alla riesamina del processo non sono stati rispettati", afferma la sentenza della Corte.