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03 settembre 2008

Il Caucaso diventa una polveriera e la Russia sbaraglia i concorrenti


Mentre i riflettori sono ancora puntati al presunto conflitto russo-occidentale, dopo il netto taglio dato dal vertice straordinario di Bruxelles, la Russia perfeziona il suo piano per la messa in sicurezza delle autostrade dell’energia. La Georgia infatti perde il suo ruolo di strategicità nel Caucaso per divenire sempre più una polveriera, al contrario della Russia che rafforza i suoi rapporti con Uzbekistan e Azerbaigian, partners del gasdotto Nabucco.

Mentre i riflettori sono ancora puntati al presunto conflitto russo-occidentale, dopo il netto taglio dato dal vertice straordinario di Bruxelles, la Russia perfeziona il suo piano per la messa in sicurezza delle autostrade dell’energia. Come molti hanno osservato in questi giorni di guerra, la Russia ha consolidato la sua posizione su di una regione strategica che, a conti fatti, mancava all’appello della ragnatela infrastrutturale della Gazprom e che rischiava, nel lungo termine, di creare un mercato alternativo e concorrenziale rispetto a quello russo. La Georgia, che occupa una posizione radicalmente pro-occidentale, è infatti un mero intermediario territoriale nell'attuazione di un certo numero di progetti. Da un lato vi sono infatti i giacimenti del Mare Caspio, e dall’altro quelli del Mar Nero, divisi così da Azerbaigian, Georgia, Armenia: sui loro territori si diramano le pipelines Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) finanziato dalla British Petroleum nonché dalla Banca mondiale e dalla Banca Europea, il gasdotto Baku-Supsa dal rendimento di 0,145 milioni di barili al giorno, le ferrovie che collegano i due porti petroliferi georgiani di Batumi (circa 0,3 milioni di barili al giorno) e di Kulevi (circa 0,2 milioni di barili al giorno) ed il gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum di 6,6 miliardi di m3 all'anno.

Il transito di gas da parte della Georgia ha cessato dopo la guerra in Ossezia del Sud, quando il 12 agosto, il trasporto del petrolio azerbaigiano con la conduttura Baku-Supsa è stato interrotto, ed attualmente viene esportato solo sulla tratta Baku-Novorossisk. Anche Il Kazakistan ha espresso la sua intenzione di orientare di nuovo il suo flusso petrolifero dei porti georgiani verso il suo mercato interno, per oltre un milione di tonnellate di combustibile strategico. Serik Bourkitbaiev, Presidente della società petrolifera nazionale KazMunaiGaz, ha dichiarato che, “benché il porto georgiano di Batumi sia restato intatto nel corso degli eventi nel Caucaso, e che nessuna azione sia stata diretta contro lui, la preoccupazione rimane".
Lo scoppio delle tensioni, d'altro canto, era inevitabile. Da tempo era ben noto che le relazioni tra Georgia e Russia erano ormai degenerate, dopo la presa di potere a Tbilisi nel gennaio 2004 del Presidente Mikhaol Saakashvili, che sin dai primi giorni ha dichiarato guerra aperta nei confronti di Mosca, annunciando le sue intenzioni di importare gas dall'Iran, Azerbaigian e l'Asia centrale per ridurre la sua dipendenza energetica dopo il forte aumento del prezzo del gas russo.

Tbilisi ha nel tempo cercato di prendere il controllo del gasdotto costruito tra Armenia e Iran - progettato per essere in futuro utilizzato instradare il gas iraniano verso la Georgia e l'Ucraina - ma, dopo un accordo concluso tra la stessa Armenia e la Russia, il gigante russo Gazprom ha ottenuto il controllo del gasdotto armeno-iraniano, decidendone così la gestione. Infatti il gasdotto viene calibrato in maniera tale da fornire energia all'Armenia - con un diametro di 70 m - ma senza essere in grado di esportare del gas in Georgia, che viene indirettamente esclusa. A questo punto si inserisce, strategicamente il BTC che va a sfruttare proprio la posizione strategica della Georgia e dunque il suo accesso sia alle strade del mare del Mar Nero che ai giacimenti del Mar Caspio. La Georgia, così, da una parte rafforza la sua infrastruttura portuale ospitando sempre nuovi terminal, e dall’altro sponsorizza la costruzione del BTC, che, con una conduttura di circa 1.700 km, permette di istradare un milione di barili al giorno dal mare Caspio fino al porto mediterraneo turco di Ceyhan, passando dall'Azerbaigian, la Georgia e la Turchia, facendo così fronte alle esportazioni di 4 porti del mare Nero dove è imbarcato il petrolio che transita per il sistema degli oleodotti russi.

È chiaro che dietro il riconoscimento dell’indipendenza delle regioni georgiane, nonché ex repubbliche sovietiche, vi sono motivi che vanno al di là della politica e del confronto con gli Stati Uniti. L’Abkhazia e l’Ossezia del Sud rappresentano un canale di accesso alla regione caucasica in netta concorrenza con la Georgia, che perde così il suo ruolo nel boicottaggio dei gasdotti russi. La loro strategicità, viene ancor più messa in risalto dal recente accordo raggiunto tra Russia e l'Uzbekistan per la costruzione di un nuovo gasdotto destinato alle esportazioni di gas turkmeno ed uzbeko. "E’ stato concluso un accordo per dare inizio agli studi di fattibilità in comune per la costruzione di un nuovo gasdotto sul territorio uzbeko per garantire la crescita del potenziale d'esportazione del Turkmenistan e dell'Uzbekistan - ha dichiarato Putin durante la sua visita - Vediamo che le prospettive di tale partenariato non cessano di crescere. Le intese sullo sviluppo del trasporto degli idrocarburi tramite gasdotti svolgono un ruolo importante non soltanto per la Russia e per l'Uzbekistan, ma anche per i vicini dell'Uzbekistan, in particolare per il Turkmenistan, nonché per i nostri partner, in particolare in Europa occidentale", conclude Putin.

Nel frattempo, la Russia prosegue i negoziati con l'Azerbaigian sulle consegne di gas e di petrolio, dopo che il vertice tra i due paesi tenutosi a giugno a Baku ha suggellato la loro cooperazione sulla base di un "memorandum d'amicizia e di cooperazione strategica" firmato tra i due stati. Di conseguenza, la Russia mostra la sua volontà ferma di diventare un acquirente ed un partner affidabile per l'Azerbaigian in materia di transito di idrocarburi, dopo che la Georgia è divenuta una pericolosa polveriera. Per cui, se sul piano diplomatico l’Unione Europea decide se escludere o meno la Russia dai negoziati bilaterali e dalla stessa Organizzazione del G8, dall’altra la Russia sferra un duro colpo al gasdotto Nabucco che aveva come partner privilegiato proprio il Turkmenistan e l'Azerbaigian, per poi sfruttare le reti esistenti che attraversano il Caucaso fino alla Turchia, come la linea Bakou-Tbilisi-Ceyhan. È ovvio che senza l'accesso al gas turkmeno, la fattibilità del progetto Nabucco è seriamente rimessa in discussione, dando così la possibilità alla Russia di rafforzare ancora più le sue posizioni sul mercato del gas in Europa e sul mercato mondiale del petrolio. In tale prospettiva sembra essere molto più importante una stabilizzazione della situazione politica in Georgia, al fine di riabilitare i progetti alternativi di transito energetico tra i due continenti.
Il sabotaggio dei progetti europei, dunque, è quanto meno chiaro, persino ai 27 capi di Stato riunitisi a Bruxelles, che hanno sapientemente deciso di conservare la Russia come partner strategico dell'Europa ed impedire una nuova tappa storica della guerra fredda, che in fin dei conti "non conviene a nessuno".