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13 novembre 2008

Tensione nei Balcani all'italiana


Le parole di Silvio Berlusconi sulla provocazione americana nei confronti della Russia, sulla indipendenza unilaterale del Kosovo, sullo scudo spaziale e il conflitto georgiano, risuonano come campanelli di allarme. Che qualcosa sta cambiando, in tutto l’emisfero occidentale, lo si intuisce facilmente guardando i Balcani, dove stanno accadendo cose davvero insolite, accordi strani e strane proposte. ( Foto: Silvio Berlusconi e Tayyip Erdogan)

Le parole di Silvio Berlusconi sulla provocazione americana nei confronti della Russia, sulla indipendenza unilaterale del Kosovo, sullo scudo spaziale e il conflitto georgiano, risuonano come campanelli di allarme. La politica estera italiana fa sentire la sua voce controcorrente rispetto alla posizione ufficiale dell’Unione Europea e dell’Inghilterra, lanciando un dialogo sulla politica estera che avrà nuove basi e diversi punti di arrivo, ormai non più scontati. È chiaro infatti che molti assetti stanno cambiando, e giorno dopo giorno certe dichiarazioni devono farci riflettere. A fare da portavoce del nuovo ago della bilancia tra le forze internazionali è stata nominata l’Italia, l’unico Stato membro dell’Unione Europea che ha deciso di prendere le distanze dal blocco franco-tedesco schierato con Inghilterra e Stati Uniti per schierarsi accanto alla Russia, in questa grande partita della riconfigurazione dei poteri. Mentre alla Serbia non è permesso parlare - anche perché sarebbe del tutto vano, qualsiasi cosa dica Belgrado viene subito apostrofato dai media come "ultranazionalista", persino le posizioni più democratiche dei democratici - a fare la voce sibillina è quella di Berlusconi.

Che qualcosa sta cambiando, in tutto l’emisfero occidentale, lo si intuisce facilmente guardando i Balcani, dove stanno accadendo cose davvero insolite, accordi strani e strane proposte. Questa crisi economica americana sta scuotendo tutti i nuovi Stati emergenti a prendere coraggio per affrontare la situazione e superare il fantasma del passato della guerra: già il fatto che tutti gli Stati balcanici hanno rifiutato i prestiti del Fondo Monetario Internazionale, dovrebbe far capire come la realtà che ci ricordavamo si sta capovolgendo. A parlare per la cosiddetta Comunità Internazionale non sono più i rappresenti dei Governi, ma sempre ex ambasciatori, il cui mandato nei Balcani è ormai decaduto, oppure personaggi legati a strutture internazionali non governative, che con strane dichiarazioni, "dicono e non dicono". Traspare un clima di tensione in quanto, dopo la grande ubriacata di euforia dell'elezione americana, tutti sono caduti nella squallida realtà dei debiti che l’America ha lasciato un po’ ovunque, cosicchè qualcuno ha cominciato a mettersi la mano sulla coscienza. Cosa raccontare ora alla gente, visto che un po’ tutti cercano di prendere il proprio dopo le tante promesse?

Da una parte vi sono infatti gli albanesi del Kosovo, che cercano ora di sistemare a modo loro la questione dell’indipendenza, senza scendere più a patti con l’Onu e l’Unione Europea. Pristina vuole il suo Stato e un po’ rinnega i vecchi accordi sull’assistenza internazionale perenne, e a maggior ragione quella europea, scritta sull’ondata dell’integrazione della Serbia. Dall’altra vi sono poi i montenegrini che, forti del sostegno del Barone Rothschild, hanno già annunciato che entreranno in Europa, per costruire così il loro capolavoro di Tivat. Non bisogna dimenticare la Croazia, ormai in preda ad una schizofrenia selvaggia per l’avanzata economica italiana e il suo cammino in Europa, e così per dimenticare i problemi con la mafia e i traffici, preferisce attaccare il più debole. In questo, la vicina Republika Srpska sembra un nemico "scontato", e che facilmente può essere definito una minaccia per la stabilità della regione, così come la Serbia fautore della famosa "aggressione" al popolo croato. I politici croati non smetteranno mai di perdersi nella nostalgia della guerra balcanica che ha portato alla Croazia la "gloria" dell’indipendenza, e così mai ammetteranno la violenza e l’eccidio compiuto.

Tutto sommato c’è chi forse sta peggio, perché pur conoscendo il loro passato di sofferenza, non riesce a far quadrare il proprio futuro. È questo il destino della Republika Srpska, che cerca un’identità indipendente da uno Stato bosniaco che nei fatti non esiste; organizza riunioni e manifestazioni per l’indipendenza, dove alla fine di tutto si parla, fuorché di quello. Sua antagonista "pentita" è invece la Federazione della BiH, che dinanzi allo spettro della crisi finanziaria cerca di disfarsi di Silajdzic per trovare un accordo sostenibile con serbi e croati che piaccia tanto all’Europea.
Agli estremi della regione balcanica, vi sono i macedoni, ormai impantanati con il loro nome e i greci, e non sanno più che "pesci prendere": litigano ogni giorno e nessuno si azzarda a dire qualcosa o a prendere una posizione. L’Albania di Berisha cerca invece di trovare un proprio equilibrio interno, grazie all’accordo con Edi Rama, in maniera da far fuori tutti i piccoli partiti, i quali, come atto disperato estremo, hanno deciso di occupare il Parlamento. La cosa triste è che sono barricati da giorni nell’Aula Parlamentare, e il Governo per dispetto ha deciso di togliere loro i riscaldamenti.
Infine vi è la Serbia, roccaforte della Jugoslavia che non esiste più, anche lei bersaglio del FMI e della Banca Mondiale che le ricordano quanto può essere vicino il fallimento. A dispetto di quanto si crede, Belgrado non è poi così debole, la sua economia potrebbe sicuramente accusare delle scosse di assestamento, ma non tali da farla cadere. La sua forza, la si vede proprio ora, che riesce a spuntare persino un accordo con l’Europa sulla Eulex, anche se è un compromesso che barcolla ancora tanto, sotto i colpi del piano Ahtisaari.

In questo mosaico di stranezze, il ruolo dell’Italia di Berlusconi si incastona alla perfezione. Promotore dell’integrazione dei Balcani Occidentali, il Governo italiano si schiera anche a favore della Turchia, sfidando l’ira della Lega Lombarda, che aveva già preparato la legge sull’immigrazione. Ovviamente, sull’adesione della Turchia, bisognerà fare i conti anche con la Francia, la quale per evitare lo sperpetuo dei turchi, ha persino creato un'Unione del Mediterraneo. Su questo i Balcani tacciono, e tanti si stanno chiedendo "dove sarà la fregatura questa volta..." A questo punto, chissà se qualcuno rispolvererà il vecchio progetto di costruire un esercito europeo, in cui assoldare tutti i cittadini dell’Europa allargata, per avere più soldati di pace. Addirittura qualcuno in Russia ha cominciato a parlare di un'Unione slava. Ma che vorrà dire? Sappiamo che prima c’era la Jugoslavia e che l’hanno distrutta, ma che qualcuno abbia veramente pensato di fare un esercito balcanico e rifare la Jugoslavia, sembra davvero un azzardo, oppure no...

Al di là delle ipotesi più o meno reali, gli attuali eventi difficilmente possono essere considerate delle coincidenze, in quanto è chiaro che rispondono ad una regia ben precisa. Vi sono infatti delle forze che cercano di spaccare l’Europa, e farne una occidentale e un’altra orientale, magari ad influenza russa. Mosca infatti, approfittando dalla crisi americana, cerca di cavalcare l’onda della bolla della "democrazia possibile" per riconquistare le posizioni perse. Per far questo fomenta i Paesi dell’Europa Sud-Orientale, che ormai sono tutti molto agguerriti e pronti a presentare al caro Obama, durane il prossimo G20, il conto dei debiti da pagare: questa volta per la Casa Bianca sarà "nera" .