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25 ottobre 2006

Dietro la crisi Energetica c'è la Disinformazione


Il mese di Ottobre porta con sé sempre una Finanziaria e la crisi energetica dell'inverno che si prepara, stringendo l'Italia tra il cuneo della Ue e quello della Russia. La tensione è talmente alta che ormai non sanno più cosa inventare per distrarre l'attenzione e creare quel diversivo ideale per calamitare le masse, e far dimenticare loro gli scioperi che non si fanno più, le pensioni che non verranno più pagate, e le tasse che aumentano. D'altro canto viene smorzata anche la crisi energetica preinvernale che già si sente nelle ossa, nell'Europa Centro-Settentrionale, teatro di scontri e di guerra ad altissimi livelli, ma nonostante il suo rumore, giunge in Italia con una eco distorta. I giornali titolano che Putin ha parlato dell'Italia come la "patria della mafia", mentre pochi tengono a precisare che non ha usato proprio queste parole e che è la disinformazione che distorce i significati. Ovviamente hanno omesso l'intero discorso e la descrizione degli eventi circostanziali, mentre in Europa la disinformazione è molto più sottile, e si trasforma in crisi energetica, molto vicina al caso dell'Ucraina.

Putin si è detto venerdì favorevole ad una cooperazione energetica con l'UE "fondata - tuttavia - su dei principi comuni", per cui dice ai dirigenti dell'UE "che la cooperazione deve basarsi sui principi di prevedibilità e stabilità dei mercati, nonché sulla responsabilità reciproca dei produttori e consumatori di energia." Ha sottolineato peraltro che non è la Russia a dipendere dai paesi consumatori, ma che i consumatori dipendono da lei, per cui è nel pieno diritto a difendere i propri diritti dinanzi ad una istituzione che non rappresenta gli interessi degli Stati. Infatti i paesi dell'Unione Europea erano d'accordo, unanimamente, sul fatto che la cooperazione energetica doveva riposare su principi come le relazioni di mercato, le garanzie di sicurezza di transito e delle condizioni uguali no-discriminatorie per tutti i partner. La Commissione Europea ha invece ribadito l'importanza dei "principi della trasparenza e dell'apertura dei mercati" nella cooperazione energetica, ricordando che sulla questione energetica non è importante solo la Russia, ma anche tutti i paesi vicini, quelli di transito delle pipeline idrocarburi verso l'Europa : la Georgia, l'Armenia, la Turchia, l'Azerbaigian e l'Iran.

Mosca dunque non nega l'energia agli Stati Europei, ma non è disposto a ratificare la Carta Europea sull'energia, finché non sarà modificata, finchè le ragioni della Russia non saranno tutelate, anche perché non esiste alcun obbligo nei confronti di questa istituzione. Putin non riconosce l'Ue e non intende sottostare ad alcuna clausola vessatoria, come invece sono tenuti a fare i singoli Stati Europei, che tra l'altro hanno persino riconosciuto che gli argomenti della Russia sono tutt'altro che trascurabili. Il punto dolente del protocollo sembra essere proprio il libero transito di prodotti energetici, perché la Russia pretende che si rispettino degli accordi presi tempo fa. Gazprom ha intenzione di concludere prossimamente con Gaz de France dei contratti di consegna per il gas che sarà trasportato attraverso il gasdotto Nord Stream. I Presidenti di Gazprom e Gas de France hanno infatti firmato nel settembre 2005 un protocollo secondo il quale Gazprom inizia la costruzione di un gasdotto nord-europeo, passante sotto il mare Baltico, per poi proseguire i lavori insieme al fine di sviluppare le forniture di gas e rinforzare la sicurezza di approvvigionamento del mercato europeo. Dal suo canto l'impresa energetica pubblica francese GDF, conta di poter integrare al suo interno il consorzio russo-tedesco incaricato di costruire il gasdotto sotto il Baltico, detto "alleanza energetica" creato da Gazprom ed i tedeschi BASF ed Eoni.
In realtà si è creato un consorzio trilaterale che vede coinvolti tre Stati che individualmente gestiscono l'affare, lasciando fuori da tutto questo l'UE. A questo occorre aggiungere la fusione di GDF e Suez, in cui è Gas de France ad assorbire Suez: lo Stato francese sarà il primo azionista del nuovo gruppo lasciando a bocca asciutta l'Enel.

Questa operazione è stata fortemente voluta da Dominique de Villepin, che aveva annunciato la fusione tra un gruppo pubblico Gas de France ed il gruppo privato Suez, bloccando così ogni altra OPA. Questa decisione Villepin l'ha dovuta pagare a caro prezzo, perché le ferite di Clearstream sono state immediatamente riaperte in occasione del caso.
Il progetto di fusione è stato proposto sul mercato belga, ed è ora all'esame della Commissione Europa che prende con le dovute cautele un caso che "nuoce la concorrenza sul mercato energetico europeo", e chiede a Suez di ridurre il potere di Electrabel, filiale di Suez, a vantaggio dei gruppi concorrenti.

La costruzione di questo gasdotto potrebbe cambiare la carta politica dell'Europa, perché la Russia potrà così influire sulla politica degli Stati vicini baltici, ucraini e polacchi, e ignora in parte il dictat della Commissione Europea che è sempre molto attenta alla Concorrenza e al libero mercato.

Il vero pericolo della politica di Putin è che va a sabotare le fondamenta del sistema dell'Ue, fatto non di Stati, ma di lobbies bancarie che con i loro comitati si sono insinuati in tutte le istituzioni fino a sostituirsi con queste. Mettere in discussione la Unione Europea, in un periodo prossimo al referendum della Costituzione Europea, significa scontrarsi con il sistema, con le lobbies, che vengono completamente ignorate con questo sistema che crea le Istituzioni ma non le unioni di Stati. Queste vengono invece create dalla semplice comunione di interessi per portare a termine degli affari, ma ognuno poi conserva la propria identità, la propria indipendenza. Le pressioni di Putin sono pericolose, per questo vengono trasformate e vengono tradotte in minaccia all'approvvigionamento, creando poi casi dal nulla.
Se questo è il disegno di Putin, allora assume un significato le parole di Bush che puntano così in alto: è una guerra fatta di discorsi codici che non possono essere capiti dalla massa, a loro viene infatti trasmessa l'idea di insicurezza degli approvvigionamenti o di guerra al terrorismo.
Questa guerra potrebbe costare un duro presso ai popoli europei, che dunque farebbero meglio a cautelarsi: l'Italia dovrebbe invece dare ai suoi agricoltori il diritto alla coltivazione dell'olio di colza, e di dotarsi poi di una rete telematizzata per gli scambi.