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03 ottobre 2006

Manovra 2007: roba da mettersi le mani nei capelli

tra Redistribuzione e Ristrutturazione
Foto: Gazzetta del Mezzogiorno

La manovra attesa da mesi con ansia è stata varata, nell'apparente quanto ipocrita soddisfazione del governo e delle controparti sociali. È questa la finanziaria che suggella il patto per la stabilità del Paese contro le pressioni della Comunità Europea e delle agenzie di rating, che da tempo tuonavano per una manutenzione dei conti pubblici che potesse riportare l'Italia a quegli standard europei così vitali.
È una manovra nel suo complesso che rischia di portare il paese alla recessione, perché usa solo la leva fiscale sia come leva per la spesa reale che come fonte di finanziamento del Bilancio Pubblico. Nonostante tutti sappiano questo, i sindacati accettano la riforma sottoscrivendo così questo tacito accordo per impedire che il governo crolli, già reso debole dagli scandali delle intercettazioni e della Telecom, tasto così dolente per il centro-sinistra.
Potrebbero tuttavia fare uno sforzo di intelligenza e non parlare di redistribuzione del reddito o di equità sociale, giusto per non cadere nell'ipocrisia più totale, e mantenendo una certa dignità, che sembra che abbiano perso con il crollo del governo Berlusconi.
Allora, le finanziarie portavano la gente nelle piazze, le manifestazioni sindacali, gli studenti; oggi invece, gli unici che scioperano e protestano sono i giornalisti e i dipendenti dell'Alitalia, perché sanno di essere su una barca che sta affondando.
Per tale motivo, il gesto di Confindustria, della Confartigiano e della Confcommercio sembrano molto più oggettivi, perché almeno si fanno portatori degli interessi dei soggetti che rappresentano e senza problemi parlano di manovra iniqua, cosa che non può dirsi dei sindacati.

La manovra deve fruttare 33 miliardi di euro, di cui 13 proverranno dalle entrate, ossia dalla riforma del sistema fiscale incentrata sulla lotta all'evasione, e 20,4 dai tagli alla spesa pubblica, in termini di minori trasferimenti alle comunità locali e di riduzione delle assistenze sociali. I fondi saranno in parte devoluti ad abbattere il rapporto deficit/Pil di ben due punti percentuali, e ad abbattere il cuneo fiscale nei prossimi anni, nonostante di fatto sia già aumentato proprio per finanziare lo sgravio (!!!).

andamento Pil dall dopoguerra a oggi


Le norme emanate sono chiaramente volte ad aumentare le entrate, mentre quando si parla di redistribuzione del reddito non si fa altro che prendere una parola, manipolarne il significato per dare l'illusione che venga realizzata una qualche giustizia sociale. Il gioco delle aliquote è la parte più scenica della manovra, senz'altro, ma apporta un aumento del reddito netto del ceto medio, che sarebbe meglio definire medio basso perché è nelle soglie di vivibilità dignitosa. In un sistema fiscale come quello italiano, in cui la progressività delle aliquote è sancita dalla Costituzione - per quel che può valere dato che esiste l'Irap palesemente incostituzionale - per garantire l'equa partecipazione alle spese statali, sono le deduzioni che possono fare la differenza. Deduzioni dalla base imponibile che sono da tenere distinti dalle detrazioni di imposta, perché marginalmente riducono di più il carico fiscale. Ora bisognerebbe valutare caso per caso, con la combinazione delle deduzioni e delle detrazioni, o poi dire se veramente c'è un aumento del reddito netto.
Un aumento annuale medio del reddito di 300 euro non può giustificare tale entusiasmo, anche perché non si verificherà una vera e propria compensazione, ci sarà comunque un surplus di tasse che l'incidenza sugli ultimi scaglioni che è più che proporzionale, e il numero dei soggetti colpiti non è poi così d'élite. In ogni caso l'incidenza di questa operazione è solo del 10%, rispetto alle altre per reperire fonti, che sono quasi tutte incentrate sulla lotta all'evasione, mediante una rivisitazione degli studi di settore, e l'istituzione di nuove norme.
Se da una parte si vuole fare una lotta agli sprechi, dall'altro si riducono i trasferimenti ai comuni e viene imposto loro dei vincoli con un "patto di stabilità", insomma una piccola Maastricht che detta i livelli di spesa e autorizza a creare nuove imposte per finanziare i propri lavori. Il carico fiscale di questo passo deve aumentare per forza con il tempo, perchè i comuni saranno costretti a mettere nuove tasse per far fronte al patto di stabilità . Così per la sanità, la lotta agli sperperi si fa mediante il pagamento delle ricette e del servizio di pronto soccorso. La valorizzazione del patrimonio statale significa aumento delle tasse per le concessioni del demanio, quando poi noi tutti abbiamo sempre inteso l'investimento nel pubblico per farlo crescere. La normativa spesso parla di "ristrutturazione" o di "razionalizzazione" per dire tagli alla spesa pubblica per le assistenze sociali, ritenute ormai un costo che non si può più sostenere. Vengono ridotti anche i trasferimenti alle Università, essendo ormai un ente di ricerca sprecato e inutilizzato, perché in ogni caso il governo sembra aver accettato la proposta di Montezemolo quando parlava dell'Università come un ente strumentale alle società private e non più allo Stato.
Il campanello d'allarme più preoccupante è quella che mette mano al Tfr non destinato alle forme pensionistiche complementari, dando parte di questa liquidità, che appartiene alle PMI, ad un fondo gestito dall'Inps. Si toglie questa liquidità alle imprese, per rimetterle in un fondo di accumulazione, con una sorta di indebitamento forzoso dello Stato: le pmi saranno lasciate a loro stesse e maggiormente esposti a problemi di reperimento dei crediti.
La bassezza di tali norme è che ormai non hanno nulla di grande, in quanto non è stata fatta una vera e propria manovra di politica economica, quanto un'operazione di contabilità statale.
La leva fiscale è uno dei modi per far crescere l'economia, ma la differenziazione delle aliquote per zona geografica o gli incentivi per i nuovi assunti, non sono cose che fanno crescere il paese: sono misure temporanee, per cui una volta scaduta la valenza mensile, il problema non si risolve e il rapporto deficit/Pil aumenterà per il semplice fatto che noi siamo in recessione. Le manovre che fanno crescere l'economia sono gli investimenti nella spesa pubblica, perché l'aumento del giro d'affari fa aumentare anche il gettito fiscale, mentre quelle solo fiscali sono incerte, non si può sapere se i cittadini conserveranno o spenderanno quel reddito in più.
Si affanneranno inutilmente gli analisti che vorranno capire l'effetto di questa manovra 2007 sulla situazione economica, perché dietro non ha un'analisi economica, ma un semplice studio dei conti di Bilancio.


La possibilità di ridurre quanto più possibile le perdite è l'unica politica economica che oggi l'Italia può fare, dato che non ha più la politica monetaria né quella reale, perché le sue imprese mediante le quali faceva girare l'economia le ha perse o le sta perdendo tutte. Il programma della ristrutturazione del Tesoro è proprio questo, è dismissione di attività che vengono viste come un costo, ma in realtà erano le principali entrate. Oggi gli unici investimenti nella spese pubblica sono per le infrastrutture, derivanti tra l'altro da antichi fondi, come è il caso del Ponte sullo Stretto che pagherà l'alta velocità e l'autostrada del Sud.
Il documento di Programmazione economica parlava chiaro: l'Italia è un paese che sta lentamente perdendo posizioni tale che potremmo già dire che ci troviamo in recessione.
In calce alla sua analisi circoscrive le uniche possibilità di risollevare l'economia a due manovre: la deregolamentazione dei mercati, mediante il liberismo, e la informatizzazione della nazione. Entrambe sono a costo zero in quanto il vero costo dell'informatizzazione della propria impresa o della propria attività è a carico di chi la fa, e entrambe rappresentano il futuro dell'economia di un Paese, come l'Italia, che esporta solo servizi, risorse umane e prodotti a marchio "made in italy".
La tendenza è quella per cui pagheremo tasse sempre più elevate, avendo in cambio sempre meno servizi e assistenza, cosa che si ripercuoterà anche sulle nostre finanze in quanto ciò che ci è dovuto in qualità di cittadino, dovrà essere pagato in qualità di utente.