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26 ottobre 2006

Le opportunità perse dall'Italia


Chiuse le prime sofferte contrattazioni per la Finanziaria, l'attenzione del Governo si sposta ora sulle difficili decisioni in tema di infrastruttura e trasporti. I limiti dettati dalla Unione Europea per far quadrare i bilanci si sono riverberati innanzitutto sugli investimenti e la spesa pubblica, ed ora, con i limitati fondi occorre garantire il prosieguo delle opere in corso e il rinnovamento dei cantieri di quelle società che stentano a mantenere il passo. Si apre innanzitutto il fronte sui porti Italiani, e non promettono nulla di buono le parole di Prodi dinanzi alla Assoporti, che è obbligata a smuovere la situazione e a recuperare il ritardo accumulato. Infatti entro il 2015 il bacino del traffico marittimo nel Mediterraneo triplicherà, e i porti italiani, costituiranno una vera piattaforma logistica all'interno dell'Europa meridionale, che in quanto tale avrà bisogno delle infrastrutture autostradali e aeroportuali idonee.
Si apre lo spiraglio di 1,2 miliardi di investimenti, destinati al dragaggio e alla manutenzione delle banchine, tuttavia il messaggio di base è che i porti italiani devono ridurre la loro frammentazione organizzandosi in una rete, andando a creare un'unica grande controparte da presentare agli investitori esteri. La rete tuttavia implica comunque un' entità che la gestisca ben accentrata, quando invece la soluzione ideale è una tela ramificata, in cui ogni porto mantenga la propria indipendenza, gestito poi dalle imprese che ad esso si appoggiano, e dalle autonomie locali, e riesca poi ad organizzarsi e coordinarsi con gli altri. Questa soluzione potrebbe garantire sia lo sfruttamento della ricchezza che porta il porto da parte dell' economia del sud, e poi evitare che entrino grandi investitori esteri come è accaduto alla società che gestiva i porti Inglesi, controllata oggi da Goldman Sachs. Costruire la rete di porti senza il rispetto dell'autonomia di ciascuno porterà alla concentrazione che piace molto alle Banche e alle multinazionali, che possono così contrattare con un'unica controparte.

Ulteriore problema è oggi Alitalia, ed è scandoloso vedere un governo che, come al solito, "gioca a perdere" con le imprese italiane. Il Ministro Bianchi ha fatto chiaramente intendere che il governo non intende sobbarcarsi dell'intero onere della ristrutturazione della società, e che sta cercando una controparte per vendere la società e a cui scaricare la metà dei costi di risanamento. Dalla società invece arriva tutt'altra risposta, perché Alitalia non è disposta a presentarsi ad una controparte estera senza aver un bilancio risanato, in modo da non subire deprezzamenti e avere le carte in regola per contrattare alla pari. Cimoli, tuttavia, nonostante faccia gli interessi della compagnia e dell'Italia stessa. deve lottare su troppi fronti: sindacati, media, opinione pubblica e governo. Sono "volati" i nomi di Airone, Luftanza, ma in corsia privilegiata viaggia ancora Air France-Klm, proprio in virtù del fatto che appartiene ad un grande consorzio aero-spaziale europeo a partecipazione mista tra privati e pubblici: Eads, un gigante che fa davvero paura perché detiene non solo il settore dei trasporti aereo, ma anche quello della ricerca spaziale. Non bisogna sottovalutare tale elemento, perché tutto sta oggi nella conquista dello spazio, del cosmo per poter attingere alla grande fonte di energia che promana, come Tesla, primo tra tutti, poi Marconi e Ighina insegnano. Eads esce da poco dalla grande bufera Clearstream in quanto Airbus, appartenente al consorzio, è una delle società coinvolte nel programma "Oil for food", uno scandalo soffocato, ma che ha continuato a riecheggiare. Nel mese di giugno un colpo di insider trading ha favorito delle forti speculazioni, deprezzandosi i titoli di circa il 30%, e ha consentito un riassetto societario molto strategico.

EADS ha acquistato il 20% della quota di BAE Systems in Airbus, divenendo così il solo proprietario di Airbus, e costituendo un vero gruppo di difesa e trasporto transnazionale.
All'epoca della sua creazione, venne stabilita come condizione esseziale la leadership dell'azionariato francese nelle mani private, mentre ora qualcosa sta cambiando perché al suo interno avanzano non le società private, ma gli Stati, ossia Francia, Germania e Russia. Lo stato francese detiene per la sua parte il 15% di EADS attraverso la holding Sogeade, ed il gruppo di media francese Lagardère con il 7,5%, mentre quello spagnolo vorrebbe rinforzare la sua partecipazione, attualmente del 5,5%. Berlino sta premendo per entrare nel capitale di EADS mediante il riscatto della partecipazione del 7,5% che vuole cedere DaimlerChrysler. Tuttavia la controparte più interessante è proprio la Russia, che detiene non solo una grande esperienza aeronautica e aerospaziale, ma anche un'arma che pochi paesi europei possono permettersi, ossia una Banca Pubblica.
La Vneshtorgbank (VTB) è l'asso nella manica di Putin, con lei la Russia ha acquistato circa il 6%, avvicinando al 7%, delle azioni di Eads, divenendo il terzo più importante azionista del gruppo poiché ha superato la Spagna, uno dei fondatori di EADS. La banca pubblica aveva realizzato degli acquisti massicci di azioni proprio questa estate, approfittando di un ribasso del 45% della quota degli azioni EADS.
Poutin ha gettato le basi, nel febbraio 2006, della creazione di un consorzio aeronautico unificato (OAK) dove sono state riunite le principali unità di costruzioni civili e militari del paese (Soukhoï, MiG, Tupolev, Iakovlev, Irkout). All'OAK ritornerà alla fine le azioni acquistate dalla Vnechtorgbank. Forte della sua cooperazione con la Russia, EADS sarà il gruppo straniero che farà parte di questo consorzio, grazie alle partecipazioni incrociate. Il gruppo europeo possiede già una partecipazione del 10% nel costruttore privato di aerei di combattimento Irkout, uno dei due costruttori dei caccia Soukhoï, e Irkut ed Aerobus hanno creato un'impresa mista specializzata nella riconversione di airbus A320 ed A321 in cargo.

La Russia avanza in Europa, dunque, cercando tra i suoi partner proprio gli Stati e non la Comunità Europea, con la quale è in rotta di collisione dopo la mancata ratifica della Carta dell'Energia Europea. I suoi metodi non piacciono perché agisce al di sopra delle istituzioni sovranazionali, perché non le riconosce, ma individua invece negli Stati e nelle imprese le sue uniche controparti.
In tutto questo l'Italia sembra perdere la sua occasione, in quanto l'Alitalia fa parte di questo consorzio, avendo stretto con tale marchio delle collaborazioni, ma lo Stato non ha alcun ruolo all'interno. Ora che si sta delineando la possibilità di partecipare ad un consorzio aerospaziale ed energetico a livello europeo, che si tira un po' fuori dalle entità sovranazionali, l'Italia invece si svende, e preferisce chiedere l'elemosina invece di agire con fierezza e cercare di ottenere anche lei un piccolo posto in un progetto destinato al futuro.